Silvia, che voleva guadagnare sempre di più
Silvia ha appena ottenuto un grande successo lavorativo ma non si concede il lusso di festeggiare. È troppo presa a soddisfare le aspettative elevatissime che nutre verso di sé, per giunta mai pienamente soddisfacenti anche se realizzate.
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di Elena Carbone
Psicologa e psicoterapeuta esperta in traumi. Con l’account Instagram La psicologa volante fa divulgazione sul rapporto tra psiche e soldi.
Silvia entra in studio vestita di tutto punto, mi saluta con il suo solito garbo e si accomoda sul divano, prende il caffè che le porgo e mi dice che subito dopo il nostro incontro avrà una riunione importante: le stanno offrendo una cifra notevole per acquisire la sua azienda. Le chiedo se è contenta di questo passo che sta per fare e lei mi risponde affermativamente, ma il suo sguardo dice altro. Le faccio notare la discrepanza tra espressione del viso e la sua comunicazione verbale:
«Sono contenta, è che non lo sento tanto, però era la cosa giusta da fare. Adesso devo pensare al passo successivo. Mi conosce ormai, non sono mai pienamente soddisfatta. È come se non riuscissi mai a gioire. Razionalmente so che poche donne alla mia età hanno raggiunto questo traguardo e so che dovrei essere orgogliosa di me, ma non lo sento, mi sembra di aver fatto una cosa di poco conto».
Silvia ha lo schema degli standard severi per cui non concede molto spazio alla felicità e al piacere, in quanto è troppo presa a soddisfare le aspettative elevatissime che nutre verso di sé, per giunta mai pienamente soddisfacenti anche se realizzate.
La storia familiare di Silvia
Silvia è cresciuta in un ambiente in cui l’amore era condizionato alla prestazione: le veniva dato affetto, apprezzamento e soprattutto attenzioni solo quando raggiungeva il successo in ciò che faceva.
La famiglia della mamma di Silvia era una famiglia colta e benestante che si è opposta al matrimonio della figlia con un giovane muratore appartenente a una famiglia umile e numerosa. Per un po’ il matrimonio, che comunque è avvenuto per “riparare” la gravidanza, è stato romantico come i due ragazzi se l’erano prospettato, poi la difficoltà nel lavoro di lui e le conseguenti difficoltà economiche hanno fatto nascere i primi conflitti all’interno della coppia.
Le divergenze tra i genitori di Silvia si sono inasprite quando lei era alle elementari ed il papà ha subito un incidente sul lavoro che l’ha reso infermo per mesi e che lo ha portato a un abuso di alcol.
Silvia ha iniziato ad essere un po’ ai margini della sua famiglia: la mamma era presa dalla sua disperazione per non aver seguito i consigli dei suoi genitori, era spesso arrabbiata, preoccupata di arrivare a fine mese senza chiedere aiuto economico ai suoi genitori e focalizzata sul disprezzo nei confronti del marito. Il papà era chiuso nel suo dolore, stanco di non riuscire ad ingranare con il lavoro, disilluso dal rapporto di coppia, si considerava un fallito e si rassegnava a stare in un angolo rispetto all’educazione di Silvia.
Silvia di contro cercava di non dar fastidio, di non dare ulteriori preoccupazioni, di andare bene a scuola e di aiutare il più possibile.
L’importanza di andare bene a scuola
Andare bene a scuola e avere successo era quindi un modo per aiutare i suoi genitori, per scongiurare una loro ulteriore lite, un modo per farsi riconoscere da loro che finalmente alzavano la testa dal loro dolore e la vedevano e un modo per trovare il suo posto in questa famiglia così piena di dolore.
Da adolescente lavora di sera in pizzeria e di giorno studia sodo diplomandosi a pieni voti, sceglie il percorso universitario che pensa le darà maggiori soddisfazioni economiche e usufruisce di una borsa di studio per un master in Inghilterra. Tornata in Italia inizia la sua sfavillante carriera, ma non sarà mai pienante soddisfatta di ogni risultato raggiunto. Impegna molte delle sue energie a tenere tutto sotto controllo, a raggiungere i suoi standard economici e di successo, ma si sente sopraffatta dagli obiettivi innumerevoli che si pone. Tutto diventa una prova da superare, un test in cui eccellere, un obbligo, nulla la diverte o la rilassa.
Imparare ad accontentarsi
Silvia fa un grande lavoro su di sé in cui impara a considerare non equilibrati tutti gli obiettivi troppo orientati al risultato o allo status socioeconomico. Inizia a mettere in discussione i vantaggi derivanti dai suoi standard elevati e inizia a considerare tutte le conseguenze del pretendere troppo da sé stessa. Cerca di immaginare come sarebbe la sua vita senza questo tipo di pressioni e questa immagine inizia a farsi largo dentro di lei e a instillare la possibilità di un’altra vita più tranquilla, più leggera, persino divertente. Prende consapevolezza dell’origine di questo funzionamento così orientato alla performance e dei suoi tentativi di controllo e inizia a concedersi di abbassare un po’ il livello delle sue prestazioni facendo comunque un buon lavoro. Riesce piano piano ad accontentarsi, parola che prima accostava alla mediocrità e che ora diventa sinonimo di tranquillità.
Impara a concedersi del tempo per sé e a utilizzare i soldi duramente guadagnati per la sua felicità senza reinvestirli continuamente per la sua professione: silvia impara a stare, a fermarsi e a godere di ciò che ha.