Come leggere la busta paga

Se dopo aver letto il titolo di questa guida ti stai chiedendo perché mai dovresti imparare a leggere una busta paga… Se pensi che in fondo l’unica cosa che valga la pena guardare in un cedolino è la cifra in basso a destra, e cioè la somma che viene bonificata ogni mese… Allora devi sapere prima di tutto due cose.

Tempo di lettura: 7 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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La prima è che, se e quando andrai a contrattare un nuovo lavoro o un aumento di stipendio, avrai bisogno di conoscere meglio quel documento. La seconda è che quel foglietto può diventare una miniera di informazioni, e dice sul tuo contratto molto più di quanto immagini. Può servire, per esempio, a capire se hai diritto a determinati bonus o benefici fiscali, o se il tuo datore di lavoro è davvero così generoso come dice. Per leggere il cedolino, dopotutto, bastano 10 minuti, perché è sufficiente saperne identificare le voci principali.

A cosa serve saper leggere la busta paga

La risposta è: per avere consapevolezza. D’altra parte, quanti di noi oggi sanno rispondere con precisione a domande come “qual è la tua retribuzione lorda”, oppure “quanti giorni di ferie hai in un anno”? «Più banalmente, avere un’idea di cosa è scritto, serve a sapere cosa ci succede dal punto di vista retributivo, se quanto percepiamo ogni mese risponde a quanto abbiamo contrattato, se i giorni che ci hanno scalato dal monte ferie corrispondono a quelli di cui abbiamo effettivamente usufruito», spiega la nostra esperta Elisa Lupo, consulente del lavoro e specializzata in previdenza. «È un po’ come saper leggere l’estratto conto bancario: controllarlo ogni volta che ci arriva significa verificare in pochi minuti che sia tutto ok, e avere il polso della propria situazione finanziaria. Facciamo un banale esempio: se per errore ci vengono scalati giorni in più di ferie, e la nostra retribuzione non è allineata a quanto previsto nel contratto, possiamo chiedere subito che lo sbaglio venga corretto, senza che passi in sordina. Essere consapevoli aiuta a tutelare i propri interessi».

Com’è fatta la busta paga

Le buste paga non sono tutte uguali, almeno nel format, e i cedolini cambiano a seconda del software utilizzato. Niente paura, però, la struttura è la stessa più o meno per tutti, a noi basta imparare a capire dove andare a cercare le informazioni che ci occorrono. «In linea di massima tutte si compongono di tre parti: la testa, il corpo e il piede, in ciascuna di esse sono contenute determinate informazioni», spiega Lupo.

Nella parte alta della busta paga si trovano: i dati anagrafici dell’azienda e del dipendente, tra cui la data di assunzione, il tipo di contratto, il livello e la data del prossimo scatto di anzianità, ma anche la retribuzione lorda.

Nel corpo centrale, oltre ai giorni lavorati nel mese, si trovano l’imponibile Irpef e l’imponibile previdenziale.

Nel piede si trovano: le ferie maturate fino a quel momento, i permessi a disposizione e la quota maturata del Tfr, oltre al dato progressivo dell’imponibile Irpef, calcolato dall’inizio dell’anno.

Dove c’è scritto quanto guadagno?

Su questo è difficile confondersi: «Nell’intestazione di ogni cedolino, la prima cosa che va guardata è la retribuzione lorda, perché è questo dato a dirci quanto guadagniamo davvero, ed è questo che va tenuto presente quando contrattiamo per avere un aumento o cerchiamo un nuovo impiego. Molti di noi, erroneamente, fanno riferimento al cosiddetto “stipendio netto”, ma è un grave errore, perché nel netto rientrano le detrazioni, le imposte e molte altre variabili, in altre parole non è un dato veritiero. Conoscere la base del lordo serve per fare confronti in fase di negoziazione e per contrattare vari benefit, come i buoni pasto, auto a uso promiscuo ecc, che sono extra».

Tornando alla nostra retribuzione lorda, accanto a questo valore troviamo in busta paga altre informazioni molto utili. La prima è la quota base, cioè il lordo previsto dal nostro contratto collettivo nazionale,  che è uguale per tutti i lavoratori che sono inquadrati nel nostro stesso livello. A latere compaiono poi altre voci, e cioè le componenti aggiuntive che fanno la differenza rispetto ai nostri colleghi, come il superminimo o eventuali scatti di anzianità. La somma di tutti questi dati ci dà appunto la nostra retribuzione mensile lorda, che moltiplicata per tutte le mensilità che percepiamo diventa la Ral, e cioè la retribuzione lorda annua.

Come si fa a capire quante ferie ho dalla busta paga?

Nella parte centrale del documento troviamo giorni lavorati, giorni di ferie e di malattia, permessi ecc. «In pratica, c’è il resoconto di tutto quello che è successo sul lavoro durante il mese». Nella parte bassa della busta paga, invece, leggiamo quante ferie abbiamo maturato fino a quel momento, quante sono le residue, e se abbiamo ancora permessi a disposizione da qui a fine anno.

A volte, nella parte finale del cedolino c’è anche una sorta di calendario, un foglio presenze su cui sono indicate le ore lavorate e le assenze. Non compare in tutti i cedolini, perché per il datore di lavoro non è un obbligo fornirlo, mentre alcuni software di buste paga lo collocano in una pagina a parte. Se c’è, però, può essere utile per fare un riepilogo del mese.

Dove trovo l’imponibile Irpef sulla busta paga?

Sempre nel corpo centrale della busta paga c’è un’informazione molto rilevante: «L’imponibile Irpef, l’importo su cui vengono calcolate le imposte – indicate nel rigo successivo – e a cui vengono poi aggiunte le detrazioni fiscali di cui beneficia il dipendente», spiega ancora l’esperta. Questo numero è da segnare, perché è spesso il dato a cui fare riferimento per capire se si ha diritto ai vari bonus o forme di sostegno al reddito, che vengono erogati di tanto in tanto.

Se ci occorre una visione d’insieme, dobbiamo cercare in fondo alla busta paga. «Nel piede si trova il dato progressivo dell’imponibile Irpef, calcolato dall’inizio dell’anno. E la busta paga di dicembre riporta i dati di tutto l’anno appena trascorso, indicando, in pratica, la stessa cifra che troveremo nella Certificazione unica che ci invierà il datore di lavoro, e che andremo a indicare nella dichiarazione dei redditi», conclude Lupo.

E l’imponibile previdenziale?

L’imponibile previdenziale è indicato sempre nel corpo della busta paga. «È la somma su cui vengono calcolati i contributi da versare alla cassa previdenziale di riferimento, e include anche eventuali straordinari, indennità o benefit» spiega Lupo. L’indicazione di questa voce non è uguale in tutti i cedolini, ed è più difficile da individuare, ma può essere indicata per esteso, oppure con sigle di vario tipo, seguite dal nome dell’ente previdenziale. «Da questo numero possiamo capire quanta parte della nostra retribuzione va in contributi, ma è anche un dato da considerare in altre occasioni. Per esempio, il bonus antinflazione una tantum di 200 euro, lanciato dal governo Draghi nel 2022, era ancorato a questo dato: solo chi aveva un imponibile previdenziale sotto una certa soglia ne aveva diritto. E anche la riduzione del cuneo fiscale di cui molti stanno beneficiando, non è altro che uno sconto sulla quota di contributi pagata dal lavoratore dipendente.

Qual è la voce del Tfr in busta paga?

«In basso c’è anche la quota maturata del Tfr, sia per quel mese, sia dal giorno dell’assunzione, è un’informazione non di secondo piano, che è utile conoscere in ogni momento per prendere decisioni sul proprio percorso lavorativo o sul proprio futuro pensionistico», spiega Lupo. È facile individuarla, perché si trova sempre nella parte bassa.

Che succede se il datore di lavoro non ti da la busta paga?

Ci spiega Elisa Lupo: «In base all’articolo 1 della Legge 4 del 5 gennaio 1953 il datore di lavoro è obbligato a consegnare la busta paga contestualmente alla corresponsione della retribuzione. Il legislatore ha previsto una sanzione amministrativa da 150 a 900 euro, anche in caso di ritardo, e la sanzione è aumentata in base al numero di lavoratori coinvolti o del periodo interessato. Il lavoratore deve pretendere il documento, e se non ha riscontri positivi può presentare una denuncia all’ ispettorato del Lavoro».

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