Claudia De Lillo: «La fatica di chiedere i soldi»

La storia di Claudia De Lillo

Claudia De Lillo avrebbe potuto essere una trader ricchissima. Su quella strada si era avviata per seguire “il verbo” di sua madre, secondo la quale l’unico vero obiettivo per una donna era emanciparsi attraverso i soldi, tanti soldi. Ma pochi mesi di stage in una società di intermediazione mobiliare le bastarono per capire che non poteva fare un lavoro il cui solo motore fossero i soldi. E per fortuna, altrimenti non sarebbe divenuta una delle più celebri giornaliste italiane, speaker di Caterpillar, editorialista di Repubblica, autrice di innumerevoli libri. 

Figlia di genitori separati, il suo primo ricordo di soldi è l’assegno di mantenimento che una volta al mese doveva chiedere a suo padre da parte di sua madre, la domenica sera, quando andava a cena da lui. Da allora, chiedere soldi è forse una delle esperienze più mortificanti per lei. Anche quando si tratta di ricordare a suo marito, che lavora e guadagna in Inghilterra, di contribuire al bilancio familiare. 

Forse è per questo che ai tre figli non ha mai dato una paghetta, ma ha insegnato che il patrimonio familiare è di tutti e ciascuno ne può prendere quanto basta, per mezzo di una carta di credito prepagata a uso comune. 

Dalla famiglia materna di origine ebraica, che dalla sera alla mattina aveva perduto tutto per sfuggire alle leggi razziali, Claudia ha ereditato il senso di volatilità della ricchezza: adesso stai bene e domani non lo sai. Nonostante ciò, dopo 20 anni di posto fisso, si è infilata in una dimensione lavorativa “precaria”, sfidando quotidianamente la sua atavica ansia finanziaria. A guarirla, ci pensa il marito economista, frugale come un monaco trappista, e i figli, che come gran parte dei giovani, hanno già capito che lo scopo della vita non è quantificabile in denaro, ma è essere comodi nei propri panni e provare ad “assomigliarsi”.


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