Trasparenza salariale: a che punto siamo in Italia?

Prova a farci caso: quando leggi un annuncio su LinkedIn quante volte trovi indicato lo stipendio per la posizione di lavoro ricercata? Raramente. E se succede è probabile che sia un’azienda straniera o internazionale ad averlo specificato. Eppure, si tratta di una variabile rilevante, che può influenzare molto una candidatura. Lo conferma anche Indeed, uno dei portali di riferimento per chi cerca e offre lavoro: secondo i dati raccolti, solo il 16% indica in maniera trasparente la RAL (cioè la Retribuzione Annua Lorda) negli annunci italiani postati online. La situazione è diversa in altri Paesi europei. In Germania, il 25% degli annunci contiene informazioni sul salario. Situazione ancora migliore in Francia, dove in quasi 6 annunci su 10 ci sono dettagli sullo stipendio. In UK, la percentuale sale addirittura al 75%.

Parlare di soldi durante il primo colloquio di lavoro è ancora un tabù

«Non è insolito in Italia arrivare al colloquio con poche informazioni sullo stipendio. Siamo meno abituati a discutere del salario di quanto non facciano i lavoratori in altri Paesi nel mondo, soprattutto quelli anglosassoni. Spesso prevale il timore di fare una brutta impressione al futuro datore di lavoro, ma non è così. Negoziare lo stipendio dimostra consapevolezza del valore e dell’impegno che si assume nei confronti dell’azienda per cui si vorrebbe lavorare» spiega Gianluca Bonacchi, Senior Talent Strategy Advisor di Indeed Italia. L’argomento salario e la sua contrattazione lo abbiamo già affrontato qui, ma ci sono delle novità in merito che ci permettono di raccontarlo da un’altra angolazione.

La nuova direttiva europea

Le aziende hanno tre anni di tempo (cioè entro il 7 giugno 2026, in base alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma la speranza è che il percorso di adeguamento inizi il prima possibile) per adeguarsi alla direttiva 2023/970, approvata a larga maggioranza ad aprile scorso dal Parlamento europeo. Il focus è sulla parità salariale e l’obiettivo è quello di ridurre la disparità di genere: la mancanza di trasparenza retributiva è stata individuata come uno dei principali ostacoli all’eliminazione del divario retributivo tra uomini e donne. Le cittadine europee, infatti, guadagnano in media il 13% in meno all’ora rispetto ai colleghi. Ma la nostra attenzione si è soffermata sull’articolo n.5, che riguarda proprio il processo di recruiting e affronta il problema del cosiddetto segreto retributivo che viene finalmente abolito, visto che secondo uno studio dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) contribuisce a ridurre il divario salariale di genere.

Ma entriamo nei dettagli: secondo l’articolo 5 della direttiva europea 2023/970, le aziende con meno di 50 dipendenti dovranno pubblicare la RAL iniziale prevista per le posizioni aperte sin dagli annunci o comunque informare il candidato prima del colloquio (in teoria senza doverla richiedere). Un dato importante che, come sottolineava Bonacchi, si fa fatica a estrapolare nella prima fase del percorso di selezione, soprattutto per chi è agli inizi della carriera, e se ne discute di solito quando si è a un passo dall’assunzione. Un altro traguardo raggiunto riguarda il divieto per i datori di lavoro di indagare, sempre in fase di colloquio, sulle retribuzioni e la storia salariale dei lavori precedenti, in modo da evitare confronti. Gli Stati membri dell’UE dovranno quindi studiare un piano di sanzioni per chi viola queste nuove norme, e i lavoratori avranno anche diritto a un risarcimento se le aziende non dovessero rispettare queste misure che ostacolano la parità salariale. 

Qualche mossa strategica per raccogliere informazioni sullo stipendio sin dal primo colloquio

Nell’attesa che le aziende italiane si adeguino alla nuova direttiva europea e visto che non è facile far valere i propri diritti in una posizione di aspirante lavoratore, il primo consiglio è arrivare preparati al colloquio raccogliendo informazioni sullo stipendio mediamente offerto sul mercato per la posizione che si dovrà ricoprire, idealmente nella stessa città o in aree dal tenore di vita simile, così da avere chiaro un intervallo salariale di riferimento al quale si ambisce. Con questi dati in tasca, sarà più facile rispondere alla richiesta, che molto probabilmente ti sarà fatta, su quali sono le tue aspettative di stipendio. Secondo Tori Dunlop, esperta di finanza e fondatrice dell’organizzazione Her First $100K, è una delle domande più difficili a cui rispondere e può mettere in crisi. Innanzitutto, mai fare riferimento ai precedenti stipendi, come suggerisce anche la nuova direttiva. «Non sei nella posizione di negoziare bene perché ti trovi ancora in un territorio sconosciuto. Il momento di discutere lo stipendio è dopo che si sono innamorati di te» sottolinea il career coach John Lees sulle pagine della Harvard Business Review. Cerca allora di reindirizzare la conversazione. Come? Tori Dunlap consiglia di girare la domanda al selezionatore chiedendo il budget previsto per la posizione richiesta. Se la risposta è vaga, puoi valutare di proporre un range di stipendio (sempre in base alla ricerca realistica fatta prima dell’incontro), condividendone anche le motivazioni, in base alle tue competenze ed esperienze. «L’importante è dimostrare flessibilità» aggiunge John Lees. «Così la proposta non apparirà come una richiesta, ma come l’inizio di una conversazione».  



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