Gianna, che non riusciva a spendere i suoi soldi

«Vorrei stare bene, ma non riesco… mi sento un po’ come Pretty Woman quando è andata in hotel e piangendo ha detto “ho tutti questi soldi e non so cosa farne”, anch’io ho messo via un bel po’ di risparmi e ora non so in che modo usarli…»

Gianna ha 58 anni, un marito che non ama più e due figli adulti che vivono in un’altra città.

Non posso permettermi di essere depressa

Gianna viene da me per un disturbo depressivo maggiore, da un po’ di mesi mangia pochissimo, ha la nausea, dice, appena si mette a tavola. Lo psichiatra le ha prescritto degli antidepressivi e ha iniziato il percorso con me credendoci molto poco: «Non sono depressa, come potrei esserlo? Ho tutto ciò che voglio: una bella casa, un lavoro, dei figli…non mi manca nulla, sarei un’ingrata ad essere depressa. Non ho solo fame tutto qui».

In realtà non è tutto lì. Gianna ha frequenti risvegli durante la notte, dorme sul divano perché dice che fa bene al suo reflusso, ma in realtà non vuole dormire vicino al marito, ha dei ricorrenti pensieri ruminanti sul passato e sul futuro che immagina disastroso e ogni brutta notizia del telegiornale la fa stare in ansia per giorni, trova un po’ di pace solo quando sta sul divano e legge. Si è sempre trascinata anche al lavoro che ormai esegue come un automa, ma non si permette di stare a casa: “non è malata”, ovviamente secondo lei. 

Gianna prende piano piano consapevolezza della sua situazione psicologica, si autorizza a stare a casa per un po’ e si dedica alla psicoterapia lasciando intravedere e poi, spalancando, un mondo profondo e pieno di riflessioni che covava da tempo e che non aveva mai rivelato a nessuno.

Un’infanzia di sconnessione tra soldi e desiderio

Gianna proviene da una famiglia agiata, è la più grande di tre sorelle, il padre aveva probabilmente un disturbo psicologico mai diagnosticato, la madre era sempre indaffarata a gestire la bottega. Lei ricorda che fin da piccola doveva tener d’occhio il volto del padre: se iniziava a spalancare gli occhi e ad agitarsi era il preludio di ore lunghe e angoscianti. Il papà di Gianna viene descritto da lei come un uomo fragile e forte nello stesso momento. Un padre che andava in escandescenze senza motivo, urlando, strattonando e umiliando lei e le sue sorelle, ma lo stesso tempo un padre rispettato da tutti per la sua posizione sociale.

La madre invece viene descritta come una donna granitica, fredda, orientata al fare e al dovere. Non ha mai protetto le sue figlie che dovevano gestirsi da sole un papà inquieto e violento. Gianna ha quindi imparato a diventare ipervigile e a “tutelare” le sue sorelle escogitando strategie per calmare il padre o per uscire di casa quando la situazione diventava pericolosa.

L’infanzia di Gianna è stata tranquilla dal punto di vista economico, anche se la praticità della madre è sempre stata orientata a ciò che serviva, non a ciò che piaceva. Non ci sono mai stati quindi compleanni festeggiati, regali, cose superflue: ogni spesa doveva avere un’utilità ed il divertimento o il piacere non erano tra questi.

Una vita “votata” a ciò che funziona, non ciò che piace

La combinazione, tra l’atteggiamento ipervigile per proteggere sé e le sue sorelle e l’educazione sobria e asciutta, l’ha portata a fare una vita devota a ciò che funzionava, più che a ciò che le piaceva. Dagli studi al matrimonio, ogni sua scelta è stata dettata dall’aderire alle aspettative altrui, perdendo nei meandri del fare, ciò che era lei: con i suoi bisogni, con i suoi desideri e con le sue preferenze.

Gianna inizia a soffrire di depressione un anno dopo la morte della sorella e inizia a interrogarsi sulle sue scelte e sulla sua vita. In psicoterapia iniziamo a lavorare sulla sua indole, su cos’ha perso di vista di sé, su cosa sente che vada bene per lei. Gianna impara a sentirsi, a sentire cosa desidera e cosa le piace. Inizia quindi a sentire anche da cosa si deve allontanare e cosa deve modificare per stare bene.

Iniziamo a parlare dei suoi risparmi: non avendone mai spesi per cose superflue, i suoi risparmi sono notevoli e si può permettere di usarli proprio per stare bene. A piccoli passi cerca di capire le sue sensazioni rispetto a delle situazioni comuni: ai cibi che è abituata a mangiare senza chiedersi se le piacciano veramente o meno, ai vestiti che mette, perché sono comodi, senza mai chiedersi se la rispecchino o se rappresentino solo una parte di lei, agli interessi che non ha mai avuto e che ora si può permettere di indagare…come se dovesse imparare a sentire il vero sapore delle cose, Gianna si scopre e scopre un mondo in cui si può stare bene anche senza la paura che accada qualcosa di brutto.

La cura: usare i soldi per autorizzarsi a desiderare

Inizia a fare un corso di ballo latino americano, musica che prima ascoltava solo per fare le pulizie, inizia ad avere un gruppo di amici del ballo con cui uscire anche a mangiare una pizza, fa per la prima volta una vacanza vera e propria e si compra un paio di scarpe con il tacco: bellissime, costosissime, altissime. Quei tacchi che prima erano sinonimo di spesa inutile diventano il simbolo della sua rivoluzione personale. 

I soldi prima considerati solo un mero mezzo di sopravvivenza diventano lo strumento che può utilizzare per autorizzarsi a desiderare, ad avere dei bisogni, a essere sé stessa.



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