Riduzione del cuneo fiscale, ecco perché alcuni pagheranno più tasse
Con il nuovo taglio del cuneo fiscale e il nuovo sistema a tre scaglioni, molti lavoratori dipendenti pagheranno più tasse. Colpa del drenaggio fiscale, o fiscal drag, che con il salire dell’inflazione erode i guadagni. Ecco qualche esempio.
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di Elisa Lupo
Consulente del lavoro da più di 15 anni, ideatrice, autrice e voce di Previdenti, e IO Lavoro.

Con la legge di Bilancio 2025 sono state modificate le modalità di riduzione del cuneo fiscale, che è passato dall’essere uno sconto contributivo a una detrazione fiscale – lo abbiamo spiegato qui. Queste novità fiscali si tradurranno per molti lavoratori in un carico di tasse maggiore. Spieghiamo il perché.
Cos’è il fiscal drag o drenaggio fiscale
In occasione della presentazione in Senato del Rapporto annuale sulla politica di bilancio è però risultato evidente come questo cambiamento nel metodo di riduzione del cuneo fiscale abbia amplificato gli effetti del drenaggio fiscale, o fiscal drug. In sostanza, a causa di questo meccanismo, alcuni contribuenti potrebbero pagare più tasse. La ragione? Partiamo dal drenaggio fiscale. È un effetto che si verifica quando, a causa dell’inflazione, le persone finiscono per pagare più tasse, anche se il loro potere d’acquisto non è davvero aumentato. Succede perché il sistema di imposta progressivo non è indicizzato all’inflazione.
Il rapporto tra fiscal drag e l’inflazione
Mettiamo che salga l’inflazione, come è accaduto negli scorsi anni e sta accadendo ancora. Se il mio reddito nominale rimane inalterato, quando l’inflazione cresce continuo a pagare la stessa quota di Irpef, anche se, nei fatti, con il mio denaro posso acquistare meno cose. Se invece il mio contratto è indicizzato all’inflazione, o ricevo un aumento, il mio reddito reale resterà inalterato o quasi, a causa dell’aumento del prezzi, ma dovrò pagare un’aliquota maggiore, perché per il Fisco sarò più “ricco”.
La simulazione
Proviamo a fare un esempio pratico: immaginate di guadagnare 27.000 euro all’anno rientrando così nella fascia di tassazione più bassa con un’aliquota Irpef del 23%. Durante l’anno ricevete un aumento a 29.000 euro, ma nel frattempo i prezzi (di alimenti, affitto, energia, ecc) sono saliti per via dell’aumento del costo della vita. Anche se guadagnate di più, potrete comprare le stesse cose di prima, o anche meno, ma nonostante questo, con l’aumento dello stipendio passerete a una fascia di tassazione più alta. Il risultato, dunque, è che pagherete più tasse, senza che il vostro reddito reale sia migliorato.
Il 13% di tasse in più
A causa di questo effetto, il sistema fiscale tradisce il suo obiettivo che è quello di sottoporre a tassazione maggiore chi ha redditi maggiori. Gli interventi introdotti dalla legge di Bilancio 2025, la riduzione strutturale a tre scaglioni d’imposta e la modifica della riduzione del cuneo fiscale da contributiva a fiscale, che prevede detrazioni decrescenti con il salire del reddito, hanno inoltre intensificato l’effetto messo in moto dall’inflazione, incrementando il drenaggio fiscale sui lavoratori dipendenti.
Secondo le simulazioni realizzate dall’Upb, prendendo in considerazione un’inflazione di 2 punti percentuali, rispetto al 2022 il sistema attuale porterà nelle casse dello Stato 370 milioni di tasse in più, che equivalgono al 13% in più, solo per effetto di fiscal drag.
Cosa possono fare i dipendenti
Che fare? Per quanto riguarda i bonus e detrazioni introdotti con il nuovo cuneo fiscale, possono richiedere di averli applicate in conguaglio, per essere certi del reddito percepito e non rischiare che la variabilità da un mese all’altro comporti la restituzione di tutto. Per quanto riguarda invece l’aliquota Irpef, possono calcolare la tassazione annuale e di conseguenza l’aliquota media da applicare, ed evitare così di incorrere in conguagli onerosi.