Assegno unico e genitori separati, come si gestisce?
Quando una coppia si separa, il confine tra diritto e vita quotidiana diventa sottile, spesso sfumato da emozioni, incomprensioni e difficoltà pratiche. Tra i temi che più frequentemente generano conflitti c’è la gestione dell’assegno unico universale: chi lo riceve? E come si concilia con le altre spese legate ai figli, come l’asilo nido o le attività extrascolastiche?
Tempo di lettura: 3 minuti
di Armando Cecatiello
Armando Cecatiello è avvocato specializzato in diritto di famiglia, e autore, tra gli altri, dei libri: Libere: Storie di donne che hanno sconfitto violenza e abusi. 2025; Patrimoni, Famiglie e Matrimoni. Conoscere i propri diritti e doveri per scelte consapevoli e serene. 2022
Capita sempre più spesso, nel lavoro quotidiano accanto alle famiglie, di trovarsi di fronte a situazioni in cui il diritto entra, senza bussare, nelle pieghe più delicate delle relazioni umane. È il caso di un padre non sposato che ci ha espresso la sua frustrazione: l’ex compagna riceve interamente l’assegno unico per i figli e, allo stesso tempo, gli chiede di contribuire alle spese dell’asilo nido. Si sente ingiustamente penalizzato, quasi messo da parte. Ma come stanno davvero le cose?
Chi prende l’assegno unico dopo la separazione
Partiamo da un principio fondamentale: l’assegno unico universale è un diritto di entrambi i genitori, in egual misura, indipendentemente dal fatto che siano sposati, conviventi o separati. La legge lo dice con chiarezza: i genitori sono entrambi titolari di questo beneficio e, salvo diverso accordo o indicazione del giudice, ciascuno ha diritto alla propria metà. Se il pagamento avviene su un unico Iban – magari quello della madre, come spesso accade per prassi – non significa che l’altro genitore debba rinunciare alla sua quota. Può chiederla. E ha tutto il diritto di farlo, anche tramite l’Inps, o – se necessario – attraverso un ricorso.
L’asilo nido: una spesa che non può essere compensata dall’assegno unico
D’altro canto, l’asilo nido rappresenta una spesa straordinaria. E qui la parola chiave è “straordinaria”, ovvero non rientra nel normale mantenimento, né è compensata dall’assegno unico. È una spesa aggiuntiva, importante, che riguarda il benessere del bambino. Ed è una spesa che va divisa tra i genitori, di solito al 50%, salvo che una diversa proporzione sia stabilita in base alla capacità economica delle parti o da un provvedimento giudiziale.
Quindi, se volessimo fare chiarezza: il padre ha ragione nel sentirsi escluso dall’assegno unico, perché gli spetta la sua quota, mentre la madre ha ragione nel chiedere un contributo per l’asilo, perché non è una spesa coperta dall’assegno unico.
Come dirimere le liti sull’assegno unico
Non si tratta di stabilire chi ha torto o ragione, ma di mettere ordine. Di ricordare che i figli non sono “divisi” come quote di un bilancio, ma sono un progetto condiviso, anche quando la coppia finisce. La responsabilità genitoriale non è una corsa a ostacoli, né una contabilità precisa, ma un percorso che richiede giustizia, equità e buon senso.
E allora sì, il padre può – e deve – chiedere che l’assegno venga suddiviso correttamente. Ma deve anche essere pronto a sostenere la propria parte delle spese straordinarie, come l’asilo. Perché quei soldi, e quelle spese, non sono “della madre” o “del padre”. Sono per il figlio.
In questo senso, il conflitto si dissolve se si cambia prospettiva. Non si tratta di rivendicare o accusare, ma di cooperare. Non per sé, ma per il bene del bambino. Come spesso diciamo nei percorsi collaborativi: se due genitori smettono di lottare tra loro e iniziano a lavorare insieme, il primo a guadagnarci sarà sempre il figlio.