Quando ho imparato a dire No al “cattivo” lavoro
Vanessa Bocchi oggi ha 36 anni, vive a Catania ed è una libera professionista. Questa formula, che per molti è un ripiego o una condanna, per lei è la conquista di una dimensione in cui finalmente sentirsi comoda. Nata e cresciuta a Mantova, grazie al sostegno dei genitori frequenta un’università privata a Milano, e successivamente la London School of Journalism a Londra. Quando rientra in Italia, sceglie di cercare lavoro a Milano. E lo fa inseguendo il modello professionale di suo padre, che ha fatto carriera nella stessa azienda in cui ha cominciato a lavorare. «Pensavo che per riuscire bene nel lavoro avrei dovuto fare come lui, cercare sempre il tipo di lavoro col contratto a tempo indeterminato». I compensi che Vanessa riceve, però, non rispecchiano il prestigio dei contesti in cui lavora. Né tantomeno bastano per vivere a Milano. Così è costretta a chiedere soldi a casa. «Questo faceva sì che non fossi mai libera di prendere un’iniziativa. Magari avevo il desiderio di aprire un’associazione o qualcosa di mio, e non lo potevo mai fare». La frustrazione legata alle condizioni in cui svolge il suo lavoro le provoca veri e propri sintomi fisici. «Non sono mai riuscita ad accettare lo stare in un ufficio otto ore per lavorarne cinque e che quindi il mio tempo non valesse. Mi veniva la febbre e una volta sono anche finita in pronto soccorso». L’insoddisfazione di Vanessa è oggetto di frequenti discussioni con suo padre. «Mi ricordo che una volta mi disse: “Il mio problema non è darti i soldi. Il fatto è che io voglio vederti felice. Mentre a ogni lavoro che fai non sei felice”». Solo dopo un confronto a cuore aperto col padre, Vanessa inizia a fare ciò che la fa sentire bene. E come prima cosa, intraprende la libera professione e impara a dire no al lavoro malpagato o alle richieste improprie. «Chi ha il privilegio, come ce l’ho avuto io, è giusto che sappia dire di no, perché se no lo usi male questo privilegio». Con questo nuovo mindset Vanessa guadagna la stessa cifra che guadagnava prima ma lavorando la metà del tempo e con persone molto rispettose e accoglienti, in un ambiente molto sano. «Ho cominciato ad avere uno stile di vita sostenibile e non ho smesso di ritenere il lavoro importante, perché per me è un modo di contribuire alla società».