

Ho smesso di lavorare con l’arte: non potevo legarla a un profitto
Serena Osti ha 40 anni e vive a Volano, in provincia di Trento. I suoi genitori, entrambi con storie di grandi ricchezze perdute alle spalle, crescono Serena nel culto del risparmio, senza però insegnarle a gestire il denaro: «Fino ai diciannove anni non avevo mai avuto denaro tra le mani. Il mio desiderio più grande era andare a lavorare per avere finalmente quei benedetti soldi».
Dopo il liceo, Serena inizia a lavorare nei rifugi di montagna. Con quei primi guadagni si rende conto di quanto il modello familiare del risparmio sia radicato in lei: ogni euro viene speso con attenzione. Ma questa priorità data al guadagno influenza anche le sue scelte personali: pur desiderando l’Accademia di Belle Arti, opta per Design Industriale, convinta che quella laurea le avrebbe assicurato un futuro sicuro.
Terminata l’università nel 2008, Serena trova nel crollo dei mercati finanziari e nell’incertezza sul futuro il coraggio di rischiare e inseguire il sogno che ha sempre sentito suo: diventare artista. Grazie a una borsa di studio Erasmus Plus, si trasferisce a Brighton e inizia un tirocinio come assistente di alcuni artisti. Qui scopre, con sorpresa, che tra arte e profitto esiste un legame molto più stretto di quanto avesse immaginato. Dopo un anno in Inghilterra, rientra a Bolzano, dove inizia a lavorare per un artista locale.
Dopo sei anni nel mondo dell’arte, Serena si accorge che, pur valorizzando il lavoro degli altri, fatica a vedere riconosciuto il valore economico delle proprie creazioni. Ma non solo: fatica anche ad attribuire un prezzo a un lavoro così intimamente emotivo e legato a una disciplina libera e pura: «Non riuscivo a giustificare il fatto di guadagnare con ciò che facevo, dato che lavoravo con le emozioni delle persone. Per avere quella libertà totale, ho capito che non potevo legarla a un profitto personale».
Così decide di interrompere il lavoro di artista e approda al mondo del marketing, dove trova un impiego solido e continuativo. Oggi lavora a tempo pieno e il suo stipendio è ben diverso da quando faceva arte. Anche il suo rapporto con il denaro è cambiato: «Mi sono ritrovata a passare da un ipercontrollo a zero controllo: ho scoperto il tempo libero, il weekend, la vita… Per me, però, l’idea di lavorare e rischiare di spendere lo stipendio di un mese resta impensabile, perché la storia della mia famiglia insegna che c’è sempre una ragione per mettere soldi da parte per qualcosa di migliore».