Patti prematrimoniali, cosa cambia dopo la sentenza della Cassazione
I patti prematrimoniali sono stati a lungo un tabù, ma finalmente, a luglio 2025, la Cassazione ha aperto timidamente le porte agli accordi stipulati tra coniugi. Le coppie, in sostanza, potranno stabilire regole su divisione, attribuzione o restituzione di beni o somme appartenenti a uno dei due, in caso di crisi, ma solo se saranno rispettate determinate condizioni. Vediamo cosa cambia e perché.
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di Armando Cecatiello
Armando Cecatiello è avvocato specializzato in diritto di famiglia, e autore, tra gli altri, dei libri: Libere: Storie di donne che hanno sconfitto violenza e abusi. 2025; Patrimoni, Famiglie e Matrimoni. Conoscere i propri diritti e doveri per scelte consapevoli e serene. 2022
In Italia, parlare di accordi prematrimoniali è stato a lungo un tabù: come se l’amore e il «per sempre» fossero incompatibili con la pianificazione. E invece la realtà, che coinvolge patrimoni, imprese familiari, carriere, figli e relazioni complesse, chiede strumenti più sofisticati. Oggi possiamo dire che quel muro sta cedendo: non grazie a una riforma legislativa complessiva, ma per effetto di una evoluzione giurisprudenziale e di una spinta cultural-professionale che rende possibile una nuova pratica patrimoniale e relazionale.
Il quadro storico: l’Italia senza patti prematrimoniali
Nel nostro ordinamento, l’articolo 160 del Codice Civile detta un principio chiave: «i diritti derivanti dallo status di coniuge non possono essere oggetto di rinuncia preventiva». Tradotto: l’accordo che prevedeva in anticipo effetti della separazione o del divorzio era, per lungo tempo, considerato nullo o comunque fortemente sospetto. La volontà privata di regolamentare gli effetti patrimoniali del matrimonio era vista come un rischio per l’ordine pubblico familiare.
Il risultato è che, pur essendo ampie in altri Paesi le soluzioni negoziali prima del matrimonio – o anche durante – non è mai esistita in Italia una disciplina espressa per i patti prematrimoniali. Le proposte di legge, negli anni, si sono susseguite senza successo, e al momento nessuna legge italiana ha regolato in modo organico i patti prematrimoniali: il legislatore non ha ancora approvato un testo definitivo che superi i limiti stabiliti dalla giurisprudenza.
La svolta: la Cassazione apre (timidamente) la porta
Ecco il punto di svolta: con l’ordinanza n. 20415 del 21 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la validità di un accordo stipulato tra coniugi, finalizzato a regolare in anticipo alcuni effetti patrimoniali in ipotesi di separazione o divorzio. In particolare, la Corte lo ha qualificato come «contratto atipico con condizione sospensiva lecita» (ossia, l’accordo non è in sé causa della separazione/divorzio, ma è condizionato ad essa).
La linea interpretativa che emerge è questa: l’accordo può essere lecito solo se non viola norme imperative, non preclude diritti indisponibili (in particolare quelli dei figli), è frutto di volontà libera e consapevole, e si concentra su rapporti patrimoniali. Questa pronuncia non rende automatico ogni patto prematrimoniale, ma segna un cambio di paradigma: da “nullità automatica” a “validità condizionata”. È un’apertura significativa per la prassi professionale.
Cosa cambia per le coppie, limiti e confini del patto prematrimoniale
Da ora in poi, per le coppie che desiderano tutelarsi patrimonialmente – per esempio perché uno dei due ha un’azienda, un bene immobiliare importante o un patrimonio ereditario – emergono alcune opportunità concrete. È possibile prevedere accordi patrimoniali prima o durante il matrimonio, volti a disciplinare la divisione, attribuzione o restituzione di beni o somme in caso di crisi. Occorre però strutturare l’accordo in modo preciso, attento, con la consulenza legale adeguata.
Il documento può diventare uno strumento di prevenzione del conflitto più che un mero contratto di disgregazione: guardare al futuro senza perdere di vista la relazione. Allo stesso tempo permane la necessità di rispettare i limiti: non si può “contrattare” tutto (ad esempio l’affidamento dei figli o la rinuncia totale all’assegno di mantenimento) e non si può ignorare la realtà economica e di potere delle parti.
Confronto internazionale: cosa ci insegnano Usa e Uk
Per comprendere davvero il senso di questa evoluzione, è utile guardare oltre i confini italiani. Negli Stati Uniti, nei vari Stati, i patti prematrimoniali (prenup) sono strumenti ampiamente riconosciuti purché rispettino requisiti chiave: consulenza legale indipendente per ciascun contraente, disclosure completa sui patrimoni e redditi, assenza di coercizione, equità sostanziale e procedura trasparente. In sostanza, non basta un accordo firmato: deve esserci un percorso che garantisca consapevolezza e volontà libera.
Nel Regno Unito, la sentenza della Radmacher v Granatino (UK Supreme Court, 2010) ha impostato il principio che i patti prematrimoniali vadano rispettati dalla corte, salvo che non siano stati stipulati in modo non consapevole, non ci sia disclosure adeguata, o il contenuto sia manifestamente contrario al benessere dei figli. In sintesi: la volontà della coppia conta, ma non è assoluta.
Il messaggio condiviso è questo: chi decide di vincolarsi in un accordo patrimoniale deve sapere cosa sta firmando, quando, perché e in che contesto. Questo livello di consapevolezza è ciò che rende l’accordo solido e credibile.
Quali caratteristiche deve avere un buon patto prematrimoniale in Italia
Alla luce di quanto visto e del nuovo orientamento giurisprudenziale, e prendendo esempio dall’esperienza anglosassone, possiamo delineare una lista di elementi essenziali che un accordo prematrimoniale in Italia dovrebbe contemplare:
- assistenza legale indipendente per entrambi i futuri coniugi (ognuno un proprio avvocato);
- completezza della disclosure patrimoniale: redditi, beni mobili e immobili, partecipazioni societarie, eredità attese;
- forma scritta, possibilmente con atto notarile o comunque con firma autentica;
- chiarezza dell’evento condizionale (separazione o divorzio) e che l’accordo non sia la causa della crisi ma ne tenga conto;
- bilanciamento tra le prestazioni pattuite: vanno evitate clausole palesemente squilibrate o punitive;
- rinuncia preventiva a diritti indisponibili (es. diritto dei figli ad un mantenimento adeguato);
- previsione di un termine o di una modalità di revisione o di aggiornamento in caso di mutamento sostanziale delle circostanze;
- eventuale previsione di modalità di risoluzione delle controversie o accesso a mediazione, per gestire la crisi senza contenzioso eccessivo.
Questi elementi, se rispettati, rendono un accordo più solido e mitigano il rischio che venga disconosciuto o ridotto da un giudice.
Limiti e rischi ancora sul tavolo
Non tutto è risolto. Rimangono alcune criticità, la prima delle quali è che non esiste ancora una legge che disciplini in modo organico i patti prematrimoniali: siamo in un regime giurisprudenziale più che normativo. L’art. 160 c.c. resta in vigore: il fatto che la Cassazione abbia interpretato in modo più aperto non elimina la riserva normativa, e ogni accordo sarà valutato caso per caso, la validità non è automatica.
Ancora: le clausole che incidono su mantenimento, affidamento o diritti dei figli restano soggette a controllo giudiziale. Infine, rimane imprescindibile il fattore “consapevolezza” e la parità tra le parti: se emerge che uno dei contraenti era in condizione di debolezza o è stato costretto, l’accordo rischia di essere annullato o modificato.
Perché questa trasformazione conta
Per gli operatori del diritto, per le famiglie e per le imprese familiari, la possibilità di accordi prematrimoniali ben fatti apre un nuovo capitolo: quello della gestione patrimoniale consapevole nella vita delle relazioni. Non si tratta di mercificare il matrimonio, ma di riconoscere che anche l’amore convive con la responsabilità e la tutela.
In un contesto globale, dove le relazioni sono più complesse e i patrimoni più diversificati, l’Italia non può restare ferma a un modello che impedisce la pianificazione. Con la pronuncia della Cassazione, abbiamo una bussola per orientare la prassi, ma serve ancora coraggio, professionalità e una cultura negoziale matura.
Perché la sentenza rappresenta una svolta reale
Il nuovo orientamento della Cassazione segna un momento di svolta: i patti prematrimoniali non sono più un tabù, ma entrano nella sfera della legittima autonomia patrimoniale. Non siamo ancora al modello anglosassone, ma stiamo percorrendo una strada che può diventare un elemento di modernità nel diritto di famiglia italiano. Perché alla fine, proteggere i beni non è un atto cinico: è un atto di cura. Cura dei rapporti, tutela delle differenze, previsione di scenari e il vero investimento nella relazione non è solo emotivo, è anche di struttura.