Money Road finale: il bancomat che svela il costo dell’egoismo
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di La redazione

Immagina di marciare per due settimane nella giungla malese con undici perfetti sconosciuti, spartendo un tesoro da 300 mila euro che si assottiglia a ogni caffè e a ogni massaggio “salva-schiena” pagato con i soldi di tutti. È la premessa di Money Road – Ogni tentazione ha un prezzo, il reality di Sky in cui 12 concorrenti percorrono Langkawi cercando di resistere a comfort e lussi che azzannano il montepremi collettivo. Nella finale, quel che resta si divide in parti uguali: un patto di cooperazione che sembra scolpito nella pietra… finché non entra in scena l’ultimo bancomat.
Cosa succede nell’ultima puntata
Alla vigilia dell’ultima prova restano 174.300 €: esattamente 14.525 € a testa per i 12 concorrenti. L’ATM nella giungla permette a ognuno di prelevare la propria quota oppure il doppio (29.050 €), azzerando però la quota di qualcun altro. L’ordine non è casuale: chi preleva indica il nome di chi va dopo. I primi quattro giocano pulito e prelevano la quota base. Chiamato da Alessandro, Yaser digita “x2” e si infila nello zaino 29.050 €; il suo colpo costa a un futuro compagno l’intera quota. A questo punto restano 87.150 €. Grazia, terzultima, replica il gesto di Yaser. Quando tocca a Danielle e Alvise—i due che per 14 giorni hanno detto “no” a phon, spritz e letti veri per proteggere il gruzzolo—sullo schermo lampeggia un implacabile zero.
La gogna social: come il pubblico reagisce al raddoppio
Nei quattro giorni seguiti alla finale del 3 luglio, la Rete si è trasformata in un tribunale lampo: l’hashtag #MoneyRoad è schizzato al n. 2 dei topic mensili su X in Italia, alimentando decine di migliaia di tweet indignati. Nel mirino sono finiti soprattutto Yaser e Grazia: insulti, minacce e perfino una raffica di recensioni-boicottaggio a una stella piovute sul profilo Google dello studio odontoiatrico dove lui lavora, a conferma di una “shitstorm” che Vanity Fair definisce «oscena e indifendibile».
Homo oeconomicus: il modello che legittima l’egoismo
Il “doppio prelievo” di Yaser e Grazia, in realtà, non è una devianza: è la sceneggiatura che l’economia dominante ha scritto per tutti noi. Le cosiddette leggi dell’economia contemporanea sono tutte costruite attorno a un modello di uomo – l’homo oeconomicus – che è isolato e razionale, sempre intento a massimizzare il proprio tornaconto. Se ciascuno persegue l’interesse personale, il risultato collettivo finisce (quasi magicamente) per andare bene a tutti: questa è la narrazione dentro cui siamo cresciuti. E altro non è che lettura Novecentesca del pensiero di Adam Smith, “architetto” ma anche critico inascoltato dell’attuale economia di mercato, che era molto più cauto a riguardo.
Il punto è che le narrazioni producono comportamenti. Se assumiamo che l’uomo sia avido, costruiamo istituzioni e incentivi che premiano l’avidità. E così facendo, finiamo per assomigliare davvero all’homo oeconomicus— lo dimostra il fatto che gli studenti di economia, esposti più a lungo a questa narrazione, adottano comportamenti più egoistici dei loro coetanei di altri corsi di laurea. Insomma, quando Money Road mette un bancomat nel cuore della giungla e invita ogni concorrente a scegliere fra “quota” e “raddoppio”, non fa che dare forma televisiva a quel teorema: il gioco premia il più veloce a seguire la regola non scritta dell’egoismo razionale. In altre parole, l’egoismo di Yaser e Grazia segue un copione che la società stessa legittima.
E allora perché ci indigniamo?
Lo scandalo esplode solo perché l’atto avviene sotto le telecamere. Nella vita di tutti i giorni decisioni identiche — alzare un mandato di spesa perché “il budget c’è”, addossare il lavoro di cura a chi guadagna meno, chiudere l’anno bruciando l’avanzo di budget — passano inosservate. Condanniamo l’egoismo quando è pubblico perché rompe il galateo dell’interesse privato, ma lo pratichiamo silenziosamente ogni volta che scegliere “me” sembra la strada più razionale.
Cambiare copione: prosperità reciproca invece di “prendi finché puoi”
Siamo dunque destinati a essere come Danielle e Alvise in pubblico, e come Yaser e Grazia in privato? No. Se vogliamo evitare di replicare all’infinito la scena del bancomat, dobbiamo cambiare copione. I dati della psicologia economica mostrano che spendere tempo o denaro per gli altri genera più felicità di un acquisto individuale, perché rafforza i legami e riduce l’ansia da confronto sociale . In altre parole, il denaro può essere linguaggio di relazione, non di sottrazione. Ma perché questa pratica diventi norma, serve riscrivere la storia che raccontiamo a noi stessi: sostituire il “prendi finché puoi” con l’idea che la prosperità è reciproca e che, se uno raddoppia a spese di tutti, il saldo finale non è crescita ma sfiducia. Fino a quando non cambierà la narrazione, ogni nuovo gioco con un bottino in comune finirà come Money Road: con due vincitori apparenti e un pubblico furioso che, in fondo, si arrabbia con il proprio riflesso.