Me contro Te: il matrimonio a pagamento spiegato con Sandel e i limiti del mercato
Il matrimonio dei Me contro Te diventa uno show a pagamento all’Arena di Milano, con biglietti fino a 250 euro. La scelta divide il pubblico e apre una domanda più profonda: cosa succede quando rituali affettivi come il matrimonio diventano prodotti da vendere? Attraverso le idee di Michael Sandel sui limiti del mercato, analizziamo perché questo evento non riguarda solo due influencer, ma un cambiamento culturale più ampio sul valore delle relazioni e su ciò che scegliamo di monetizzare.
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di La redazione
Il 5 settembre 2026 Luigi Calagna e Sofia Scalia, meglio noti come Me contro Te, si sposeranno all’Arena di Milano. Ma non sarà un matrimonio come gli altri: sarà “The Wedding – Lo Show”, uno spettacolo con palco, coreografie, canzoni e migliaia di fan paganti. I biglietti vanno da circa 48 euro per i posti più lontani a oltre 110 euro per le poltrone migliori; per chi vuole incontrare la coppia da vicino c’è il meet&greet da 250 euro, a cui si può aggiungere un vip pack da altri 200 euro.
L’annuncio ha scatenato un’ondata di polemiche: c’è chi difende la libertà di Luì e Sofì di organizzare le proprie nozze come vogliono e ricorda che «nessuno è obbligato a comprare il biglietto», e chi invece parla di “operazione commerciale” che trasforma un momento intimo in spettacolo a pagamento, fino a mettere in dubbio persino il valore simbolico e legale del matrimonio stesso. La discussione è diventata così accesa che la coppia ha limitato i commenti sotto l’ultimo video sui social.
Questo caso è un’occasione perfetta per rileggere le nostre abitudini economiche con le lenti di Michael Sandel e del suo “Quello che i soldi non possono comprare”. Sandel parte da un’idea semplice e radicale: negli ultimi decenni abbiamo spinto la logica del mercato dentro spazi della vita che un tempo erano regolati da norme morali, sociali o affettive. Non è solo questione di comprare e vendere beni; è che stiamo vendendo esperienze, diritti, relazioni. E questo, dice Sandel, non è senza conseguenze. Il matrimonio-show dei Me contro Te aiuta a capire bene cosa intende.
In breve, cosa ci insegna Sandel sul matrimonio-show dei Me contro Te:
- Non tutto ciò che possiamo vendere dovremmo venderlo;
- Mettere un prezzo ai rituali affettivi cambia il loro significato;
- Senza limiti, i mercati finiscono per corrodere anche le relazioni a cui teniamo di più.
L’equità: chi può permettersi di “partecipare all’amore”?
Da un lato c’è il tema dell’equità. La prima difesa che si sente sui social è: “È solo uno spettacolo, se non vuoi non vai”. Da un punto di vista strettamente economico, è vero: il matrimonio-show dei Me contro Te è un evento opzionale, con un prezzo chiaramente esposto. Ma se guardiamo con gli occhi di Sandel, la domanda diventa un’altra:
Che tipo di rapporto si crea con un pubblico di bambini quando ogni passaggio cruciale della propria vita viene monetizzato?
Qui l’obiezione dell’equità non riguarda una povertà estrema, ma una forma di pressione sociale ed emotiva. Per molti bambini, Luì e Sofì non sono “solo” artisti: sono figure affettive, presenti ogni giorno sullo schermo di casa. Rendere a pagamento la possibilità di “essere lì” al loro matrimonio significa creare un’ulteriore linea di divisione tra chi può permettersi quell’esperienza e chi no.
Sandel direbbe che non possiamo valutare questo scambio solo in termini di “preferenze individuali soddisfatte”, perché qui c’è di mezzo il modo in cui crescono i bambini, il tipo di relazione che imparano ad avere con le persone che amano e ammirano. Se l’affetto, l’appartenenza a una community, la condivisione di un rito diventano esperienze rankate per fascia di prezzo (posto in alto, underplatea, meet&greet, vip pack), interiorizziamo un messaggio preciso: il grado di vicinanza emotiva dipende da quanto puoi spendere.
La corruzione: cosa succede al significato del matrimonio?
Dall’altro lato c’è il tema più sottile e più potente che Sandel chiama corruzione dei valori. Non nel senso moraleggiante, ma in quello strutturale: mettere un prezzo alle cose cambia profondamente il significato stesso di quelle cose. Applicato al matrimonio dei Me contro Te, questo schema solleva una domanda scomoda:
Che cosa diventa il matrimonio, se lo trasformiamo in un evento vendibile al botteghino?
Non è solo una questione di “cattivo gusto” o tradizione violata. È il rischio che:
-
il matrimonio perda, agli occhi di chi guarda, il suo carattere di impegno reciproco e di rito comunitario, e venga recepito come l’ennesimo episodio di una saga;l’attenzione si sposti dal contenuto del patto (promettersi qualcosa per la vita) alla performance (canzoni, scenografia, pacchetto vip);
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l’idea stessa di “momento speciale” venga sostituita dall’idea di “format riproducibile”, pronto a essere imitato, scalato, replicato in altri contesti.
Sandel direbbe che la mercificazione del matrimonio non è neutrale: esprime e promuove un certo modo di guardare alle relazioni affettive, come beni che si possono mettere in scena e monetizzare.
Non è solo il loro matrimonio: è un segnale culturale più ampio
Serenamente: non serve demonizzare Luì e Sofì. Dal punto di vista del marketing, il loro matrimonio-show è la naturale evoluzione di un modello di business in cui: la vita privata è già da anni contenuto; ogni tappa della crescita sentimentale (fidanzamento, crisi, riappacificazione) viene narrata in video; il confine tra autenticità e prodotto è strutturalmente sfumato.
In un mondo dove paghiamo per fare la fila “veloce” alle visite mediche, avere corsie preferenziali al parco divertimenti, comprare l’accesso a contenuti “intimi” delle persone che seguiamo online, l’idea di pagare il biglietto per un matrimonio celebre non nasce nel vuoto. È un tassello in più di un’economia che invade zone della vita un tempo protette. La domanda che Sandel ci invita a porci non è: “Hanno ragione o torto i Me contro Te?”, ma:
Vogliamo vivere in una società in cui ogni rito affettivo può diventare un evento a pagamento? E se no, dove mettiamo il limite?
Cosa ci riguarda davvero: denaro, legami e confini morali
Per una community come quella di Rame, abituata a ragionare su soldi, scelte e relazioni, questa storia è un promemoria potente.
Parlare di soldi non basta. Non è solo questione di quanto guadagni o di quanto risparmi, ma di che posto dai al denaro dentro la tua vita affettiva.
Stabilire confini è una scelta politica, non solo personale. Decidere che alcune cose “non si fanno per soldi” – che sia il matrimonio, la cura tra vicini, il volontariato – è un modo per dire quale tipo di società vogliamo. Chiedersi: cosa non voglio mai mettere in vendita? È una domanda scomoda ma necessaria. Ognuno può dare risposte diverse, ma l’importante è non lasciarsi trascinare in automatico dalla logica dominante del “se si può monetizzare, perché no?”
Conclusione: cosa non vogliamo mettere in vendita?
Forse il punto non è indignarsi perché due influencer fanno un matrimonio-show. È usare questa notizia per guardare con più lucidità ai modi in cui, ogni giorno, accettiamo di trasformare i momenti importanti della nostra vita in prodotti. E decidere, consapevolmente, quali vogliamo tenere fuori dal mercato.