Intelligenza Artificiale: quanto ci costa davvero sull’ambiente?
L’intelligenza artificiale è ormai una presenza costante nelle nostre vite quotidiane, spesso interrogata su questioni futili o evitabili. Ma ogni interazione con l’IA ha un costo ambientale non trascurabile. Eppure, se usata con consapevolezza, l’IA può diventare alleata della sostenibilità, come dimostrano progetti europei per la riduzione delle emissioni e l’ottimizzazione dei consumi industriali.
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di La redazione

Sempre più integrata nelle app di uso quotidiano, sempre più in relazione con ogni momento della nostra vita. L’Intelligenza Artificiale è ormai un’entità con cui dialoghiamo più di quanto normalmente facciamo con gran parte delle nostre conoscenze. A lei deleghiamo la risposta a tutti – o quasi – i nostri dubbi. Anche quelli più futili. Come averne dimostrazione? Interpellando l’IA in persona. Se chiediamo, infatti, a ChatGPT quali sono le domande meno intelligenti che le vengono rivolte dagli utenti, l’elenco di approcci curiosi è abbastanza lungo.
Da chi si limita a chiedere l’orario o la temperatura del giorno – dati che si potrebbero ricavare semplicemente guardano l’orologio o lo smartphone – a chi chiede di riassumere delle pagine che non ha studiato poco prima di un esame che si vorrebbe superare, passando per chi si avventura a chiedere di scrivere delle lettere per riconquistare la propria ex senza specificare il motivo della rottura, c’è spazio veramente per tutti. Questioni divertenti e di poco conto, verrebbe da dire. Ma la realtà, in questo caso, è ben diversa. Perché ogni domanda rivolta all’IA, soprattutto se evitabili, ha un impatto sul pianeta più rilevante di quanto possa apparire.
Quanto ci costa l’Intelligenza Artificiale
Secondo un’analisi condotta da Greenpeace, ogni risposta fornita da un tool di Intelligenza Artificiale consuma un’energia di dieci volte superiore a quella necessaria per ottenere un risultato sul motore di ricerca di Google. Il motivo è presto detto: i data center, utili ad addestrare ed implementare le IA, necessitano di una quantità di elettricità ben maggiore. Ma non solo: gli studi dell’Öko-Institute di Friburgo affermano che per raffreddare tali strutture è necessario il doppio dell’acqua utilizzata dai server “tradizionali”. Una trend che non accenna a fermarsi.
In un articolo di Elena Comelli apparso lo scorso 26 giugno su IlSole24Ore, e basato su un recente rapporto stilato dall’International Energy Agency – entro il 2030 il consumo globale dei centri di calcolo raddoppierà il suo attuale livello. In Irlanda, primo paese al mondo per concentrazione di data center, che si è visto costretto a limitarne la proliferazione, più del 20% dell’elettricità nazionale è servita ad alimentare i computer che gestiscono l’IA.
Le emissioni di gas serra delle cosiddette Big Tech (Google, Apple, Amazon, Microsoft) sono aumentate in alcuni casi fino al 50% e si prevede che, nel giro di pochi anni, gli USA destineranno più energia elettrica all’IA piuttosto che all’industria pesante. Senza contare che la produzione delle componenti hardware dei data center – chip, semiconduttori – è ancora fortemente basata sull’utilizzo dei combustibili fossili. Insomma, poche righe di risposta sul nostro pc o sul nostro tablet hanno ricadute importanti a più livelli.
Intelligenza Artificiale e ambiente
Ma come si può conciliare, allora, l’utilizzo delle IA con l’etica ambientale? Innanzitutto, provando ad applicare i suoi benefici alle catene di produzione e di controllo delle industrie e dei grandi impianti. È ciò che si stanno impegnando a fare realtà di tutto il mondo. Consultando, ad esempio, la piattaforma CORDIS, che funge da aggregatore dei progetti di ricerca e di innovazione in corso in Europa, si apprende che nei Paesi Bassi l’IA viene utilizzata per il controllo preventivo delle turbine termoelettriche, in modo da risparmiare su eventuali perdite o guasti più seri.
In Svezia, molte aziende si affidano agli algoritmi per tenere sotto controllo il livello delle emissioni, mentre in Turchia diverse raffinerie sono riuscite a ridurre l’eccedenza di prodotto e a risparmiare sul consumo energetico. E l’Italia? È notizie recente l’avvio di un progetto da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza per realizzare una Piattaforma Nazionale di Intelligenza Artificiale per la Valutazione degli Impatti Ambientali: servirà a favorire la nascita di realtà produttive sempre più allineate ai valori della sostenibilità e a supportare quelle che ancora devono compiere dei passi in tal senso.
Come usare l’IA
Anche noi, come individui, possiamo contribuire concretamente ad utilizzare l’IA in maniera più responsabile e “parsimoniosa”. Come? Forse, ancora una volta, vale la pena chiederlo proprio a lei. Secondo ChatGPT, “gli usi più etici dei modelli di intelligenza artificiale sono quelli che rispettano la dignità umana, promuovono il bene comune e rafforzano la comprensione, la giustizia e l’autonomia delle persone”.
Nel suo decalogo rientrano usi didattici inclusivi – specie per chi ha dei disturbi specifici dell’apprendimento -, l’opportunità di abbattere le barriere linguistiche e comprendere testi o documenti che altrimenti ci saremmo persi, accelerare il ritmo delle ricerche e del confronto scientifico. E anche – non a caso – aiutare la comunità a comprendere l’impatto ambientale delle proprie scelte. Perché sarà anche un adagio ripetuto fin troppe volte. Ma, adesso più che mai, è il caso di dire che non è lo strumento, ma la volontà dietro il suo utilizzo a determinare il risultato.