Come organizzare i flussi di denaro quando sei autonomo (e non guadagni molto) 

È forse la prima cosa che dovrebbero dirti quando decidi di metterti in proprio: ogni anno non solo pagherai le tasse sul fatturato passato, ma anche l'anticipo per quello in corso. Aggiungici che ogni trimestre hai il versamento dell'Iva, e a cadenza periodica ci sono i contributi per la cassa previdenziale, e fatti un quadro della situazione. Tutto questo per dire che se non tieni conto di tutte le variabili,  il rischio di ritrovarti in rosso sul conto corrente è più che concreto, specie se il tuo fatturato non è alto. Ma i modi per restare in equilibrio ci sono, anche se non hai flussi da Paperone. Ci siamo fatti spiegare da un'esperta come muoverci per non sbagliare.

A cura di Giorgia Nardelli


In cassaforte almeno la metà dei guadagni

Potremmo definirlo “l’inganno della partita Iva”. Il primo anno da lavoratore autonomo ti sembra di guadagnare bene, perché il committente versa l’Iva in anticipo, e le tasse praticamente non ci sono, perché si inizierà a pagarle l’anno successivo. «Poi arriva il secondo anno, ci si ritrova a dover versare le imposte su quello appena trascorso, più l’anticipo per quello in corso. E sono dolori», dice subito Alessandra Farabegoli, digital strategist e co-founder dell’agenzia di email marketing Palabra. Nel mondo dei freelance Alessandra è nota per aver fondato con alcuni colleghi Freelancecamp, il barcamp dedicato a chi ha un lavoro indipendente, dove si discute e si fa autoformazione anche su temi di contabilità. «Quando ci si mette in proprio ci si  concentra giustamente sull’aspetto professionale, ma bisognerebbe essere preparati anche su come gestirsi dal punto di vista puramente finanziario. E c’è una prima regola da tenere a mente sempre, anzi da stampare: di quello che entra in cassa, almeno la metà andrebbe accantonato, persino di più. Per quanto sia banale ricordarlo, il freelance non è un dipendente che intasca un guadagno netto, e a differenza del primo, dai ricavi lordi deve pagare di tasca sua anche i contributi previdenziali, che possono arrivare fino al 27%», spiega.

Fai il calcolo delle voci

Per arrivare alla percentuale esatta da accantonare, puoi conteggiare le seguenti voci:

  • L’Iva Il cliente te la corrisponde assieme al tuo compenso, ma quella somma di denaro dovrai versarla al Fisco alla fine del trimestre, a meno che non sia nel regime forfettario. Quindi inizia con il togliere dall’incasso il 22%. Certo, dall’importo che dovrai all’Erario potrai detrarre l’Iva relativa ai costi che hai sostenuto nello stesso periodo, come l’acquisto di strumenti da lavoro, spese fisse, spostamenti e tutto ciò che si può “scaricare”, ma il consiglio è di calcolare comunque un 22%.

  • I contributi Prendi in considerazione l’aliquota prevista dalla tua cassa previdenziale.

  • Le imposte Se aderisci al regime forfettario è più semplice, per te c’è una tassa “secca” del 15%, per ricavi fino a 85.000 euro (la novità  nella legge di Bilancio 2023, ne parliamo qui). Se invece sei nel regime ordinario, l’aliquota sale con l’aumentare del fatturato. Sui primi 15.000 euro pagherai il 23%, per la parte dai 15.000 ai 28.000 si passa al 25%, e via salendo. Facendo i dovuti conteggi, se i tuoi ricavi complessivi sono per esempio di 35.000, ti servirà accantonare circa il 26%, se è di 40.000 la percentuale sale al 31% (qui trovi uno schema utile per fare i conti). In realtà dal tuo fatturato totale dovrai comunque sottrarre a fine anno le spese deducibili e detraibili, a partire dai contributi previdenziali, dunque alla fine ti resterà qualcosa in più, ma il consiglio è di ragionare sempre in eccesso. I soldi in più potranno confluire a fine anno in una casella che vuoi tu, per esempio il fondo di emergenza o per pagare il commercialista.

  • Il Tfr «Siamo abituati a pensarlo come a un beneficio riservato ai dipendenti, ma il cuscinetto del Tfr è indispensabile anche per chi lavora in proprio. Ti servirà se a un certo punto decidi di cambiare vita, se hai bisogno di fermarti per un periodo per studiare o per aggiornarti o per questioni personali, per fare un investimento necessario per la tua attività, o perché la tua attività è in stallo e devi mantenerti», dice Farabegoli. Per calcolarlo le aziende dividono la retribuzione lorda per 13,5. Equivale grosso modo al 7,4%.  «Viene da sé che l’ideale sarebbe accantonare anche il guadagno per le settimane di riposo, le vacanze o i periodi di malattia, ma il quanto va stabilito anche in base agli incassi, fermo restando che è impensabile non staccare per qualche settimana all’anno, anche se si è freelance», aggiunge.

Fai il calcolo di sostenibilità

Calcoli alla mano, la percentuale di incassi che va via in spese e tasse sfiora il 60%. «Se non vuoi avere sorprese a metà anno, e renderti conto che ciò che guadagni dalla tua attività non ti è sufficiente per vivere, meglio quindi fare un esercizio preliminare per capire se con la tua attività sei in grado di mantenerti, o se ci sono dei correttivi da fare subito», spiega ancora l’esperta. Passando dalla teoria alla pratica, dovresti iniziare a stabilire qual è il guadagno netto che ti serve per coprire imposte, spese fisse e necessità personali, e da lì risalire al lordo». Per aiutarti puoi usare un foglio di excel in cui segni tutte le voci. Qui c’è un modello preparato da Alessandra Farabegoli, e un video con la spiegazione. «Sulla base di ciò che viene fuori puoi decidere di limare alcune spese, o di aumentare il tuo tariffario. L’importante è partire dai numeri». 

La strategia delle “buste”

Ora che hai fatto i calcoli ti servono gli strumenti per rispettare le scadenze e non farti trovare impreparato al momento di pagare. Come prima cosa va tenuto un calendario con le date dei pagamenti all’Erario e alla Cassa previdenziale, con i rispettivi importi. Considera che il tuo commercialista sa già dirti, una volta presentata la dichiarazione dei redditi, le scadenze e le somme da pagare nel corso dell’anno. In secondo luogo, ti serve uno strumento di budgeting per accantonare almeno virtualmente il denaro necessario a ogni incasso, e non confonderlo con le somme che puoi usare per vivere. «Uno dei più funzionali, anche se non il solo, è Youneedabudget, molto usato tra i liberi professionisti. Puoi creare tante cartelle quanti sono i capitoli di spesa, e ogni volta che guadagni un euro puoi assegnare le quote stabilite in ciascuna casella. Anche se fisicamente i tuoi soldi restano tutti insieme sul tuo conto corrente, l’applicazione ti permette di conoscere con esattezza e in tempo reale quanto hai a disposizione per le diverse voci, e quanto resta per te», spiega l’imprenditrice. «È l’equivalente “virtuale” dei vecchi barattoli o delle buste delle nonne, che dividevano i soldi dello stipendio in tante frazioni: la busta per la spesa, quella per l’affitto, quella per il corredo delle figlie, e a seconda della spesa andavano a pescare l’importo da quella casella».

Se vuoi capire bene come funziona, guarda questo video del free lance Luigi Serra.

Se un pagamento arriva in ritardo

Se rispettiamo alla lettera questo schema dovremmo avere sempre a disposizione la liquidità necessaria per onorare tutti i nostri impegni. Può capitare però che un pagamento arrivi in ritardo, e che a causa dello slittamento tu non disponga in quel momento dei soldi necessari. A questo punto potrai attingere al fondo di emergenza o al Tfr, sempre che i ritardi accumulati non siano troppi. Per evitare di trovarti all’improvviso con l’acqua alla gola, una strategia utile è quella di segnare sul calendario a inizio trimestre le entrate in programma e capire se, in caso di ritardo, hai il denaro a disposizione per pagare. E in caso negativo pensare già un piano B. Potrebbe essere anticipare la chiusura di un lavoro, decidere di pagare in ritardo le imposte pagando una sanzione, l’importante è non farsi cogliere di sorpresa .

Previeni gli insoluti

Una fattura non pagata, su cui tocca comunque pagare le tasse, può però scardinare tutto il meccanismo su cui si reggono i nostri flussi di cassa. «Anche io nel mio cassetto ne ho una di 5 anni fa, su cui ho regolarmente versato Iva e imposte, ahimè», scherza Alessandra Farabegoli. «Purtroppo capita, tutti abbiamo avuto degli insoluti e in questo caso non resta appunto che attingere al fondo di emergenza. Ma ci sono dei modi per prevenire incidenti di questo tipo, o comunque minimizzare il rischio, e il primo è prendere accordi per iscritto. È sufficiente un contratto di una pagina, un testo dettagliato in cui spieghi cosa farai, metti per iscritto il compenso, tempi di consegna e modalità di pagamenti, con le relative clausole. Il mancato pagamento deve poter essere causa di rescissione del contratto. Si può anche scrivere tutto in una mail, chiedendo conferma scritta, che vale come sottoscrizione dell’accordo». 

La regola aurea è chiedere un acconto e scaglionare il pagamento. «Intanto perché l’acconto serve a coprire il lavoro già fatto, e cioè la fase di studio e comprensione delle esigenze del committente e la formulazione della proposta. Poi perché è anche un po’ un test della serietà del cliente. Scaglionare i pagamenti, inoltre, dà regolarità ai flussi di cassa e ti dà la possibilità di intervenire subito in caso di problemi».

La strategia dei tre messaggi

«Io consiglio di tenere pronte tre mail di sollecito, tre modelli già scritti, da usare in caso di ritardo. Il primo è informale, si avverte semplicemente il cliente che la fattura è scaduta, e poiché non c’è traccia del pagamento, si chiede di far controllare dall’amministrazione se è tutto a posto. A volte ti spiegano banalmente che i pagamenti sono previsti ogni 10 del mese. In quel caso aspetti, ma nel frattempo meglio rallentare tutto, per non correre il rischio di continuare a lavorare gratis», è il consiglio di Farabegoli. Se, arrivata la data promessa, non si vede nulla all’orizzonte, si parte con la seconda email, facendo riferimento alla risposta di prima. Si chiede di controllare e si attende conferma. E se nemmeno adesso funziona? «Allora parte la terza email, più formale, in cui si ricorda che i termini di pagamento non sono stati rispettati, e si torna alle clausole contrattuali».

Le piattaforme gestionali

Anche usare una piattaforma fatturazione che ti ricorda le fatture in scadenza può essere un aiuto prezioso. «Ce ne sono alcune come Fattura 24 o Fatture incloud, che vanno bene per tutti i regimi, altre tagliate su misura per chi ha il forfettario. Sono immediate perché nella prima schermata ti mostrano i pagamenti in scadenza. In ogni caso, ogni due settimane vanno controllate le fatture che invecchiano. Teniamolo a mente: più lasciamo invecchiare gli insoluti più si abbassa la probabilità di vedere i soldi», è l’avvertimento.

Pianifica il futuro

Se si vuole avere il controllo dei flussi di cassa, è anche importante capire quanto si guadagnerà (e quanto si pagherà di tasse) nell’anno che verrà, così da fare un’attenta programmazione.  

In genere basta guardare allo storico degli ultimi 5 anni, considerare solo i guadagni costanti, come quelli dei clienti fissi, o, in aggiunta, azzardare un calcolo statistico sulle entrate dei clienti non continuativi. 

Un’idea può essere fare una media dei guadagni e, se gli extra sono stati ad anni alterni, calcolare la percentuale in base alla frequenza. Se, per esempio, per tre dei 5 anni si sono avuti ulteriori incassi per 10mila euro, la probabilità che si ripeta è di 3 volte su 5, ovvero del 60%. Dunque si può inserire come extrabudget il 60% di 10mila, vale a dire 6mila euro.

Fai una scala dei guadagni

«La capacità di ipotizzare un guadagno dipende molto anche dal lavoro che si fa, dalla quantità degli incarichi continuativi e dei clienti fissi: più sono presenti questi due elementi, più sicuramente ha senso basarsi sullo storico», spiega Farabegoli. «In ogni caso, una strategia utile può essere quella di segnare su una pagina dell’agenda o su un foglio excel il budget dei ricavi certi sulla base dei contratti aperti e degli impegni già presi, poi in un’altra colonna inserire quelli che realisticamente verranno rinnovati, e così via a scendere, fino ad arrivare agli incassi meno certi. Accanto a ogni voce va inserita la rispettiva somma. Questo permette di impostare la programmazione partendo da una base sicura, e, man mano che gli impegni vengono confermati, aggiungere gli altri importi al totale». 

Il problema dei grandi progetti

Quando si fa budgeting un problema potrebbe essere quello dei grossi incarichi. «L’ideale sarebbe avere un mix tra collaborazioni stabili e progetti occasionali, è una buona garanzia perché ci dà la continuità e la varietà. Se hai una commessa che inizia a prendere “troppo posto” nel budget, perché magari copre da sola il 60% dei guadagni di quest’anno, devi considerarne anche i rischi. Chiusa quella, perché magari si è chiuso il progetto, oppure perché banalmente c’è stato un cambio al vertice dell’azienda e si è deciso di cambiare i fornitori, potresti avere uno scossone a livello finanziario», dice l’esperta. Anche in questo caso il problema va anticipato. 

«Quando fai l’offerta devi considerare anche il Tfr di quel progetto. Ti darà l’ossigeno per cercarne di nuovi dopo la chiusura. Anche in questo caso, non è un “di più”: quando un compito solo ti assorbe tanto, non hai tempo dedicarti alla ricerca di nuovi clienti, o molto più semplicemente alla cura del tuo personal branding, che è poi quello che genera il flusso di nuovi committenti».



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