Come fare beneficenza in modo efficace
Quante volte, al momento di firmare una donazione ci siamo chiesti se i nostri soldi serviranno davvero a cambiare le cose? E quante volte ci siamo tirati indietro nel dubbio? Tante, a quanto pare. Secondo gli ultimi report, un italiano su due non si fida delle organizzazioni o delle campagne di beneficenza, ed è restio a donare denaro. Ci sono però dei criteri che possono aiutarci a capirne di più, e a fare scelte più consapevoli. Ecco i consigli di un esperto.
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di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

La beneficenza fa bene al cuore e mette a posto le coscienze, almeno per un po’. Quasi mai, però, si riescono a verificare gli effetti della propria generosità, e forse anche questo influisce sui numeri delle donazioni. Secondo gli ultimi Italian giving report di Vita, dopo una fiammata di generosità registrata nel 2022, quando la donazione media degli italiani alle associazioni non profit è stata di 69 euro annui, l’entusiasmo si è andato via via raffreddando: nel 2024 il numero dei donatori è sceso del 6,78%. Soprattutto, come ci dice invece un’indagine dell’Istituto italiano donazione, più di un italiano su due non si fida, e questo succede anche perché sul tema c’è poca chiarezza.
Esiste però un modo per capirne di più, e fare donazioni più consapevoli e mirate. Il come ce lo spiega un esperto, che ci ha rivelato qualche segreto. Per esempio, che alla beneficenza si possono applicare le logiche degli investimenti.
Quanto siamo ricchi nel mondo, ce lo dice il simulatore
Intanto, una cosa da sapere: siamo più ricchi di quanto pensiamo. Nonostante il nostro reddito medio ci sembri insignificante, specie rispetto al costo della vita, il dato è generalmente alto rispetto alla media mondiale. «Quando parliamo di disuguaglianza tendiamo a concentrarci sui dati nazionali, ma se espandiamo lo sguardo a livello globale possiamo renderci conto che stiamo meglio di quanto crediamo», spiega Luca Stocco, Direttore Esecutivo di Benefficienza, organizzazione indipendente che fornisce consulenza filantropica, e sulla base di ricerche rigorose aiuta i donatori ad avere un impatto positivo maggiore.
«Per capire la nostra posizione nel mondo, possiamo usare un simulatore online che permette, in base ai dati inseriti, di vedere a che percentile appartiene il proprio reddito a livello globale. Una persona single che guadagna 46.000 euro netti all’anno fa parte dell’1% più ricco al mondo». Una leva per farci comprendere che anche donazioni per noi piccole possono produrre risultati significativi, se ben direzionate. Secondo le stime di Give Well, organizzazione che misura l’impatto delle donazioni, per salvare una vita umana sono sufficienti meno di 5.000 euro.
Come fare donazioni sicure: quando la beneficenza fa danni
Altro dato, altra sorpresa. Non sempre la beneficenza aiuta «Molte organizzazioni hanno un grande impatto, altre meno, alcune fanno danni. Il problema è che doniamo soprattutto sull’onda dell’emozione del momento, o sugli effetti delle campagne di marketing, ma non misuriamo gli effetti che le nostre azioni benefiche possono avere», continua Stocco. «Ci sono storie di campagne che per quanto ben intenzionate, hanno peggiorato le condizioni dei beneficiari. Un caso di scuola è quello di Play Pump International, organizzazione che installava giostre per bambini che sfruttavano energia cinetica per pompare acqua dal sottosuolo. Sulla carta questi giochi regalavano svago ai bambini dei paesi poverissimi, e contribuivano a risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico.
La raccolta fondi ricevette un premio dalla Banca Mondiale, il supporto dell’allora first lady Laura Bush, Jay-Z promosse la raccolta fondi nel suo tour. Poi, però, nel 2007 un report dell’Unicef portò a conoscenza dell’opinione pubblica tutti i “difetti” di quel progetto. Per prima cosa, la giostra era faticosa per i bambini, perché se smettevano di spingerla si fermava. Finì che non ci giocavano, in alcuni villaggi venivano pagati per farlo, in altri furono le donne a doverli sostituire. Venne poi dimostrato che le giostre erano più costose e meno efficienti delle pompe che sono andate a sostituire. Di fatto, tantissimo denaro fu sprecato per portare avanti un intervento che peggiorava la vita dei beneficiari. È il rischio che si corre se ci si getta a capofitto in una bella storia senza fare le dovute valutazioni».
Perché le associazioni più famose non sono sempre le migliori
Secondo gli enti indipendenti che valutano gli effetti delle diverse organizzazioni benefiche, alcune hanno un impat to 100 volte maggiore della media, e non è detto che siano le più grandi e conosciute. «Va detto che le “grandi” hanno decine di progetti diversi, come sottolinea un’analisi dell’Happier Lives Institute,non si focalizzano su un solo problema, e non è possibile conoscere i costi e il prodotto di ogni azione, ma stando alle statistiche, non tutti sono di livello elevato. Anche volendo individuare i progetti con i risultati migliori, il denaro che proviene dalle donazioni “libere” già alloggiato lì, sarà comunque direzionato su altri interventi. Insomma, non c’è una garanzia.
In realtà, le ricerche evidence based indicano con chiarezza che le più efficaci a parità di costi sono le piccole organizzazioni focalizzate, che portano avanti programmi ad alto impatto e valutabili in modo trasparente». È invece un errore farsi guidare dalla percentuale di donazioni non diretta ai programmi, ma a stipendi, costi amministrativi, fundraising. «È un parametro fuorviante. Vale molto di più l’effetto diretto delle risorse sulle vite dei beneficiari»
A chi fare beneficenza
Questo non vuol dire che il consiglio sia tralasciare in blocco tutte le grandi organizzazioni. Esistono infatti criteri che possono indirizzarci nella scelta. « Una volta scelta una causa che è in linea con la nostra visione e i nostri obiettivi, è bene sapere che esistono valutatori indipendenti, che analizzano l’impatto delle singole organizzazioni benefiche per aiutare i donatori a fare scelte informate. I più noti sono GiveWell per la salute e la povertà, Animal Charity Evaluators per gli animali o Giving Green per le cause ambientali. Noi di Benefficienza forniamo consulenze gratuite e personalizzate basandoci su queste ricerche per chi desidera qualche informazione e consiglio per orientarsi meglio», dice Stocco.
Come orientarsi
Alcune cause possono generare effetti maggiori di altri, a parità di impegno, continua l’esperto. “80.000 hours”, organizzazione no-profit che aiuta le persone a trovare carriere in linea con i loro valori ha sviluppato una griglia, il “framework SNT” che permette di valutare l’impatto dei progetti sulla base di tre criteri che incrocia utilizzando un modello matematico: scala, trascuratezza e risolvibilità di un problema.
«Maggiore è la dimensione e la gravità del problema, minore è l’interesse che c’è su quel tema e più semplice è la risoluzione, maggiore è l’impatto di una donazione. L’esempio canonico è quello degli interventi di salute in aree di estrema povertà. Oggi nel mondo 719 milioni di persone vivono in povertà estrema, con gravi effetti sulla loro salute. Per la loro salute vengono spesi appena 100 euro pro capite all’anno, o giù di lì, contro i 5.000 euro dell’Europa, ma per migliorarne le condizioni esistono trattamenti e misure preventive molto efficaci, supportate da rigorose evidenze scientifiche. I progetti che mirano a risolvere problemi di questo tipo, per esempio, hanno un rapporto costo-efficacia molto buono».
Le domande da farsi
Se volessimo attenerci a questi standard, per avere un orientamento di massima potremmo allora chiederci ogni volta quanto è esteso il fenomeno che si intende combattere, quante persone già lavorano per la sua risoluzione e quante risorse sono già allocate lì. E ancora, se ci sono evidenze solide che le soluzioni proposte funzionino. «Banalmente» spiega Stocco, «se ci sono già tante risorse destinate a quello scopo, il nostro contributo, a parità di fattori, farà meno la differenza rispetto a un tema o un progetto più trascurato. C’è poi la questione della risolvibilità del problema. Per esempio, si è visto che comprare zanzariere in un Paese a basso reddito, dove la malaria è endemica, ha una costo-efficacia altissima, all’opposto una campagna di prevenzione online negli contro le malattie sessualmente trasmesse nello stesso Paese non produce grandi effetti».
«E ancora: le campagne che puntano sull’integrazione di vitamina A nei bambini malnutriti sono sotto finanziate, nonostante la carenza di vitamina A faccia 200.000 vittime all’anno. Eppure con un costo di 2 euro all’anno a bambino, si riduce la mortalità del 12%. In linea di massima, sostenere gli interventi nei Paesi a basso reddito sulla salute globale ha alti livelli di successo. Per lo stesso ragionamento, il supporto alle organizzazioni che si occupano degli animali negli allevamenti intensivi dà grandi frutti. Oggi il 97% delle donazioni per gli animali va ai rifugi, ma gli animali negli allevamenti sono la stragrande maggioranza».
Pensare come un investitore, obiettivi e diversificazione
Avere queste nozioni non significa, ovviamente, dover puntare solo su determinati progetti. Secondo il presidente di Benefficienza, anche nella generosità bisogna seguire criteri che si seguono quando si investe. Dunque, dopo avere fissato i propri obiettivi e il budget da dedicare allo scopo, provare a diversificare, destinare le risorse a più beneficiari, in più settori.
Un esempio? «Non puntare solo sul progetto che può produrre il maggiore beneficio a parità di costo, ma anche su quello più rischioso che ha potenziali vantaggi enormi, come magari una ricerca scientifica che, se imbocca la direzione giusta, può dare una svolta alla cura di una malattia. Se giustamente non si vuole trascurare l’ong a cui si è legati, che si conosce da sempre, ma suddividere le proprie donazioni. La lezione principale? Così come succede quando investiamo, anche quando doniamo è bene cercare un alto ritorno sull’investimento: non in termini economici, ma in termini di quanto aiutiamo chi ne ha più bisogno. Così facendo, possiamo addirittura centuplicare il nostro impatto, senza spendere un euro in più».