A chi conviene il concordato preventivo biennale
Il concordato preventivo biennale è la misura che permetterà alle partite Iva di stringere un “patto” con il Fisco e concordare con anticipo le tasse da pagare per il 2024 e il 2025. Abbiamo cercato di capire a chi conviene e che conti bisogna fare prima di decidere se aderire o no.
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di Giorgia Salardi
Commercialista e divulgatrice sui social network con Fisco ci capisco.
Se avete una partita Iva ne avrete sentito parlare molto negli ultimi mesi, e la cosa avrà destato in voi un certo interesse. Parlo del concordato preventivo biennale, la misura che il governo ha lanciato quest’anno e che è rivolta a lavoratori autonomi con partita Iva, società e imprese soggette ai cosiddetti Indici Isa e alle partite Iva nel regime forfettario.
La scommessa del Fisco
Il governo ha scommesso molto sul concordato biennale, perché attraverso questo strumento punta a trasformare il rapporto tra contribuenti e fisco, tendendo la mano ai contribuenti che accettano di “venire a patti” con l’Erario, e allo stesso tempo a potenziare i controlli per chi ancora sfugge ai suoi doveri. Se la scommessa sarà vinta, dipenderà soprattutto da quanti dei 3,8 milioni di soggetti interessati saranno disposti ad aderire.
Cos’è il concordato preventivo biennale
Spieghiamo per prima cosa in cosa consiste il concordato preventivo: detto in due parole, è una sorta di accordo tra Fisco e partite Iva, che si impegnano a pagare per i due anni successivi una somma già concordata, indipendentemente da quale sarà il loro reddito, con in cambio la promessa di un congelamento dei controlli, o almeno di una parte di essi.
Funziona così: basandosi su una serie di dati e informazioni in suo possesso, nonché sugli scenari economici futuri, il Fisco elabora una “proposta” per ciascuno dei contribuenti interessati. Per valutarla basta entrare nel proprio cassetto fiscale nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate. Nel cassetto il contribuente trova un software da scaricare, nel quale dovrà inserire alcuni dati, e da cui emergerà infine la proposta.
Il software è stato messo a disposizione il 15 giugno per le partite soggette agli indici di affidabilità fiscale (gli “Isa”, sorta di “pagelle fiscali” che il Fisco attribuisce ad autonomi e imprese per stabilire l’affidabilità fiscale), il 15 luglio sarà invece la volta di coloro che sono nel regime forfettario.
Cosa dice la proposta
Partiamo dai soggetti Isa, che hanno già ricevuto la proposta. Se accetteranno, per gli anni 2024 e 2025 pagheranno all’Erario la somma pattuita, indipendentemente dal reddito effettivamente realizzato. Se guadagneranno di più, avranno avuto un vantaggio, se invece i loro guadagni saranno inferiori ci avranno rimesso. In ogni caso, saranno vincolati a quella cifra, salvo casi eccezionali. Per esempio, il concordato cessa se il tipo di attività cambia radicalmente, o se si chiude.
Per chi è nel regime forfettario vale lo stesso ragionamento, con la differenza che la proposta è valida solo per il 2024, in via sperimentale.
Le cose importanti da sapere
Il reddito presunto concordato con l’Agenzia delle entrate non ha effetti sull’Iva, che andrà pagata regolarmente ogni trimestre o mese, mentre inciderà sui contributi previdenziali da versare all’Inps, che saranno calcolati sulla base dell’importo concordato, e non su quello effettivo. Resta ferma la possibilità di versare su base volontaria i contributi calcolati sulle eventuale somme eccedenti.
Come capire se conviene accettare
Per aderire al concordato biennale c’è tempo fino al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, che è il 31 ottobre. È un dettaglio significativo, da non sottovalutare, perché a quell’ora la maggior parte delle partite Iva è già in grado di stimare con ragionevole precisione quale sarà il reddito per il 2024, e se le imposte da pagare saranno maggiori o inferiori rispetto alla proposta presentata dal Fisco. Ed è doppiamente favorevole per i forfettari, che dovranno “scommettere” solo per il 2024 e potranno prendere una decisione sulla base di dati reali, a meno che all’ultimo momento non ci siano pagamento o ammanchi inaspettati. Il suggerimento quindi, è attendere fino ad allora per capire se aderire o meno, e per i non forfettari, fare poi un ragionamento su guadagni presunti del 2025.
Vantaggi e obblighi
Nel conto vanno poi inseriti altri vantaggi. Il primo, valido per i soggetti Isa, è che chi aderisce al concordato non sarà tenuto ad avere il visto di conformità, una certificazione che viene rilasciata dal commercialista per permettere la compensazione dei crediti fiscali, e che ha un costo. Il secondo, decisamente più significativo, riguarda i controlli: chi aderisce al concordato sarà esente da alcune tipologie di accertamenti fiscali per due anni.
Va sottolineato che chi aderisce al concordato deve rispettare tutti gli adempimenti previsti, deve cioè continuare a mettere fattura o scontrino fiscale regolarmente.
Cosa succede se non aderisci
Se a conti fatti – e il consiglio è di ragionare con un professionista, e di affidare anche a lui la compilazione del software, a meno di non essere esperti in queste materie – conviene non aderire al concordato, la situazione del contribuente resta invariata. Tra le intenzioni del governo c’è quella di intensificare i controlli verso chi resterà fuori dall’accordo, ma questo dipende soprattutto da quanti aderiranno, e se la platea di coloro su cui concentrare verifiche si restringerà davvero.