Il caro centri estivi? A perderci sono le donne (e l’economia)
Per quattro settimane di centro estivo pubblico una famiglia arriva a spendere anche 400 euro, che diventano quasi 800 doppio per un centro privato. Non stupisce, dunque, che sempre più genitori chiedano di modificare il calendario scolastico: troppe 14 settimane di stop da reggere. E se la prolungata pausa estiva fa bene al turismo, a lungo termine danneggia l’economia. Un report parla di perdita di competenze tra gli studenti, aumento delle disuguaglianze e danni per le donne. Sono ancora loro, nel nostro Paese, a farsi carico del peso familiare, e a pagare il prezzo più alto .
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di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

Lo ricordo bene, e con orrore, il momento della fine della scuola. Davanti a noi genitori si apriva una voragine di 11 settimane, al netto delle tre di ferie, su cui incombeva l’incognita di dove sistemare la pargola. Per chi come me era sprovvista di nonni votati al sacrificio, l’estate si trasformava in uno sfiancante puzzle, il cui scopo era riempire i tasselli mancanti tra ferie alternate, zii e amici compassionevoli, baby sitter e campi estivi, possibilmente senza dare fondo al budget delle vacanze.
Nella città dove vivo il tam tam delle mamme iniziava ad aprile, quando cominciavano a circolare le date della giornata delle preiscrizioni in parrocchia. Atee, agnostiche, miscredenti e ferventi cattoliche (mai visto un uomo) ci trovavamo tutte in fila una domenica di maggio, il documento per la domanda in mano, come fosse il biglietto della lotteria, pregando per un posto nelle tre settimane di giugno disponibili, 8,30-16,30 al costo calmierato di 70-80euro.
L’alternativa
L’altra carta da giocare erano i campi estivi del Comune, ci scambiavamo nelle chat il giorno dell’apertura e di chiusura del bando, i posti erano limitati anche lì. A chi non riusciva a coprire le caselle, o voleva illudersi di offrire un’alternativa qualitativamente più elevata restavano i centri estivi privati, ti offrivano il lusso di poterli lasciare anche fino alle 18, spesso una piscina dove fare un’ora di nuoto al fresco, un corso di lingua o di coding.
Costo medio, intorno ai 200 euro, a volte erano sold out anche quelli. Era un bagno di sangue tutte le estati, a cui si aggiungeva il senso di colpa di dover scaricare la piccola, gli occhi rossi per il sonno, in un giardino assolato alle 8 di mattina quando già il termometro segnava 35 gradi all’ombra, per consegnarla a una giornata di estenuanti giochi d’acqua, balli e canti, e raccoglierla ore dopo, sudata e isterica.
Caro centri estivi: quasi 80 euro al mese di costi
Abbiamo benedetto il compimento degli 11 anni, quando lo smart working con un minore in casa diventa almeno pensabile (a casa ci restavo io, se qualcuno avesse avuto dei dubbi). Oggi, liberi di quel fardello, ci rendiamo conto che ad anni di distanza la situazione è identica. Il monitoraggio annuale dell’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori ci dice che il costo medio settimanale della formula a tempo pieno in una struttura privata è di 176 euro, 120 per mezza giornata.
Nel pubblico siamo rispettivamente a 99 e 79 euro di media, con un conto finale da non credere: un mese in un campo scuola pubblico privato può costare fino a quasi 400 euro, e siccome i posti non sempre ci sono per tutti (A Milano su più di 15.000 domande, ne sono state accolte quest’anno circa 10.900) per chi gioco forza cade sul centro estivo privato la cifra raddoppia. I contributi pubblici? Quando e se ci sono prendono in considerazione solo le famiglie con Isee fino a 26.000 euro, dice l’associazione.
Tra i primi in classifica per vacanze estive
Logico che a ogni scadere dell’anno scolastico torni puntuale la polemica sulle chiusure estive delle scuole, sulle interminabili vacanze cui siamo costretti. Già a marzo, quest’anno, il pedagogista Daniele Novara ha sollevato il tema facendo notare come le ferie estive degli studenti italiani siano tra le più lunghe d’Europa invitando la politica e le istituzioni affinché aiutino i genitori a sostenere i costo dei campi estivi, se non rendendoli gratuiti, almeno calmierando i prezzi. «Facciamo in modo che tutti, anche i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze delle famiglie meno abbienti possano partecipare», ha concluso.
Secondo il portale ufficiale Eurydice, che pubblica i calendari scolastici dei Paesi Ue , la Francia ha 8 settimane di vacanze estive consecutive, la Germania da 6 a 6,6, il Belgio 9, la Spagna tra le 11 e le 12, la Grecia 12,4 contro l’Italia che va da 11,6 a 14,2. Solo la Bulgaria va da 13 a 15. Due anni fa è stata lanciata una petizione su Change.org, per accorciare questo tempo infinito, firmata da più di 70.000 persone. È ancora lì, inascoltata.
Chi ci perde, giovani e donne
Oggi come oggi, sostengono a ragione le famiglie, non è più sostenibile un intervallo così lungo, che lascia le famiglie a loro stesse. E la motivazione climatica non basta sola a motivare l’ostinazione di non correggere il calendario, Paesi come Spagna o Croazia lo hanno fatto da tempo. La lunga siesta estiva fa però molto bene agli operatori turistici, che hanno il vantaggio di godere di una domanda per un periodo prolungato, dai primi di giugno a metà settembre, un dato di cui diversi amministratori regionali tengono conto quando fissano i calendari scolastici, come dimostrano le polemiche degli ultimi anni.
La realtà, però, è che le lunghe vacanze ininterrotte non fanno bene all’Economia, come sostiene un recente report dell’Investment Institute di UniCredit. «Esistono solide evidenze empiriche che dimostrano come le vacanze estive troppo lunghe siano dannose per le prospettive di crescita di un Paese», è la tesi di partenza, e non solo perché pause così lunghe, secondo studi statunitensi, causano perdite di apprendimento del 25-30% agli studenti (specie in matematica e lettura).
Lasciare bambini e ragazzi soli a se stessi per mesi aumenta le disuguaglianze educative tra chi può permettersi altre attività educative e di supporto, e chi no. Non ultimo, la mancanza di alternative per i bambini più piccoli colpisce le donne, perché è su di loro che grava il carico dell’assistenza, in inverno come in estate. «Le lunghe pause scolastiche complicano la vita dei genitori lavoratori, soprattutto delle donne, la cui partecipazione al mercato del lavoro in Italia è già ben al di sotto della media europea», recita il report. Non dimentichiamo che nel 2023, dati Inps, le donne hanno utilizzato 14,4 milioni di giornate di congedo parentale, contro i 2,1 milioni degli uomini.
Scuole aperte, sì, ma non per tutti
Secondo il report, per contenere i danni la soluzione potrebbe essere quella di distribuire le vacanze in modo più uniforme durante l’anno, anziché con pause più frequenti e più brevi, o, in alternativa, limitare la pausa estiva ai soli mesi di luglio e agosto. Non sembra però questa, almeno per il momento, la via imboccata dal ministero dell’Istruzione. Pur concordando con il fatto che tre mesi di vacanza siano troppi e troppo onerosi, il ministro Giuseppe Valditara ha affermato più volte pubblicamente che la soluzione è lasciare sì gli istituti aperti, ma per offrire attività collaterali.
Da alcuni anni il dicastero ha lanciato il “Piano Estate”: per gli anni scolastici 2023/2024 e 2024/2025 sono stati stanziati 400 milioni di euro, a cui si sono aggiunti 150 quest’anno, per tenere aperte le scuole durante il periodo estivo. L’obiettivo è quello di offrire attività che includano progetti educativi, sportivi, musicali, teatrali e ambientali, e attività per il potenziamento disciplinare. Nelle intenzioni, il Piano sarebbe dovuto servire a coinvolgere tra 800 mila e 1,3 milioni di studenti in 1,7milioni di ore aggiuntive di attività. La partecipazione delle scuole è però volontaria, e al momento gli effetti non sembrano visibili.