Dalle foreste al prestigio: la Natura può diventare il nuovo lusso?
Nel mondo del lusso, il valore non è determinato solo dalla funzionalità di un bene, ma dalla sua esclusività, dalla maestria artigianale e dalla sua percezione sociale. L’oro, i diamanti, gli orologi di alta gamma hanno prezzi esorbitanti non perché siano indispensabili, ma perché rappresentano status, tradizione e investimento sicuro. Ma cosa accadrebbe se iniziassimo a guardare alla Natura con lo stesso sguardo?
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La Natura è il sistema di supporto della vita sulla Terra, e di conseguenza la sua salute è condizione indispensabile per qualsiasi attività economica. Tuttavia, proprio lo sviluppo sconsiderato di attività economiche è alla base dell’attuale crisi e collasso dei sistemi naturali, un fattore di rischio di primaria importanza proprio per le redditività aziendali nei prossimi decenni. Un recente report della Banca Mondiale stima che anche solo un collasso parziale dei sistemi ecologici porterebbe ad un calo del PIL mondiale di 2,7 bilioni (2700 miliardi) di dollari entro il 2030.
In molti Paesi del mondo esistono già una varietà di soggetti già impegnati nella “Nature Restoration”, il ripristino della Natura, per porre rimedio ai danni già arrecati ed evitarne di nuovi. Dai progetti di riforestazione alla promozione dell’agricoltura rigenerativa, vi sono molte modalità con cui favorire e supportare le capacità rigenerative della Natura stessa. Tuttavia, come abbiamo già visto in un precedente articolo, una delle barriere più comunemente incontrate da chi sviluppa questi progetti è il costo elevato di tali progettualità, e la difficoltà a trovare finanziatori o acquirenti disposti a sostenerlo.
Ma c’è una via alternativa: trattare la Natura come un bene prezioso, raro, non riproducibile. Un lusso collettivo, da proteggere e valorizzare non solo per dovere etico, ma per lungimiranza strategica.
Il mercato della Natura
In una logica di mercato, è naturale aspettarsi che ciò che ha più valore costi di più. Eppure, quando si parla di progettualità legate alla Natura, questa regola sembra vacillare. Chi propone iniziative dal forte impatto ambientale e sociale spesso fatica a ottenere un compenso adeguato, mentre realtà più orientate al marketing e all’immagine riescono a crescere in modo sorprendente. Una contraddizione che solleva una domanda: il problema è davvero la scarsità di risorse o piuttosto l’approccio con cui ci si presenta sul mercato?
Perché i mercati per le merci costose esistono eccome, e non conoscono peraltro crisi: oro, diamanti, beni di lusso in genere, hanno costi elevati ma costanti nel tempo; se prendiamo ad esempio l’oro, viene considerato il “bene rifugio” per eccellenza, benché di fatto il suo valore d’uso sia piuttosto limitato. Perfino fra famiglie non particolarmente abbienti è uso comune regalare o acquistare gioielli in oro come forma di risparmio, e si considerano i gioielli di famiglia ricevuti in eredità come un bene che porta con sé non solo valore economico ma anche un forte valore affettivo. Non potrebbe essere la stessa cosa per il Capitale naturale? La Natura non potrebbe diventare una nuova forma di bene di lusso, da proteggere e custodire per le future generazioni, i cui custodi possano essere adeguatamente remunerati?
La Natura come nuovo lusso
Sull’onda dell’interesse crescente per la sostenibilità, aziende ed enti pubblici hanno spesso scelto di promuovere o aderire a iniziative di piantumazione di alberi. Un gesto simbolico, comunemente percepito come virtuoso e positivo. Ma è davvero sufficiente?
La risposta è no, se si vuole avere un impatto concreto e duraturo sulla salute del nostro pianeta. In Italia, soprattutto nelle aree collinari e montane, esistono boschi e foreste di straordinario valore ecologico e paesaggistico. Eppure, questi patrimoni naturali non ricevono alcuna forma di remunerazione o riconoscimento economico. Il loro valore, nella maggior parte dei casi, si limita a quello del legname estraibile — quando il taglio è possibile.
Il paradosso è evidente: una foresta antica, ricca di biodiversità e protetta proprio per il suo pregio ambientale, finisce per “valere” meno di una piantagione di pioppi destinata all’industria cartaria, o di un bosco ceduo con specie comuni. Questo perché il valore del bosco è ancora legato quasi esclusivamente al suo utilizzo economico diretto.
Se invece iniziassimo a riconoscere alla Natura un valore intrinseco, indipendente dallo sfruttamento, un Comune o un privato che possiede una foresta vetusta potrebbe vantare un vero e proprio “tesoro verde”, da custodire e mostrare con orgoglio, proprio come si fa con un’opera d’arte o un oggetto prezioso. E per le aziende che vogliono davvero distinguersi per un impegno autentico verso la sostenibilità, si apre un’opportunità: adottare il patrimonio naturale come parte integrante della propria strategia ambientale.
La sfida? Ridefinire il concetto di valore
Progetti di tutela ambientale ben strutturati possono generare benefici trasversali e duraturi, coinvolgendo un’ampia rete di soggetti oggi spesso trascurati. Aree protette, distretti agricoli biologici, comunità montane, associazioni forestali: realtà che condividono un potenziale altissimo, ma che troppo spesso restano ai margini del mercato.
Il punto di svolta potrebbe essere rappresentato da nuove forme di partenariato tra queste realtà e le aziende che vogliono coniugare sostenibilità e strategia. Partnership autentiche, non azioni di greenwashing, che si traducano in progetti duraturi e radicati nel territorio. La sfida? Trovare il giusto abbinamento: soggetti affidabili, coerenti con i valori e la mission aziendale, in grado di generare sinergie profonde. Ma per quello esistono, soprattutto nel panorama internazionale, e pian piano anche in Italia, professionisti capaci di integrare il Capitale Naturale nel business, declinandolo in termini strategici, e andando oltre le semplici operazioni commerciali di facciata.
Immaginare un simile scenario significa anche ridefinire il concetto di valore. La manutenzione della Natura – proprio come la protezione di un bene prezioso – dovrebbe essere considerata una spesa normale, giustificata dal valore intrinseco del patrimonio da custodire. Nessuno lascerebbe i gioielli esposti su un davanzale: li proteggiamo con cassaforti e antifurti. Allo stesso modo, dovremmo pensare a boschi, foreste e terreni agricoli di pregio come a “beni comuni” da salvaguardare con cura e investimenti.