I soldi ho imparato a lasciarli andare

La storia di Sofia Borri

Sofia Borri nasce nell’Argentina del 1976, sotto una delle dittature più feroci del Novecento. All’età di due anni viene rapita assieme a sua mamma, militante di un partito di opposizione. Dopo qualche giorno, viene riconsegnata ai nonni, mentre sua madre sparisce per sempre, come succede ad altri 30mila desaparecidos. Mesi dopo riuscirà a ricongiungersi con suo padre, in Brasile, e da lì a partire alla volta dell’Europa assieme a un gruppo di sopravvissuti.  Dopo 4 anni in Svezia, Sofia arriva in Italia. Sono anni di grandi ristrettezze economiche. Lei e la sua nuova famiglia vivono finendo perennemente in rosso sul conto. Eppure Sofia non ricorda neppure un momento in cui i soldi siano stati una vera preoccupazione. Le vicissitudini che hanno dovuto affrontare hanno radicato nella loro testa l’idea che i soldi vanno e vengono e che siano unicamente uno strumento, da lasciar andare all’occorrenza. «Quello che a me stupiva sempre della mia famiglia era che noi spendevamo i soldi per cose diverse dagli altri. Magari avevi un solo paio di scarpe, però avevi tanti libri». Sofia inizia a lavorare molto giovane, e una volta finita l’università decide di cercare lavoro nel terzo settore, prima da dipendente poi da imprenditrice. I soldi non saranno mai abbondanti nella sua vita, ma la sua cultura familiare le regala la leggerezza a cui attingere nei momenti di preoccupazione. Alle sue figlie non lascerà case o denaro, ma un altro tipo di eredità, culturale e sociale, che starà a loro far fruttare.


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