Salvaguardare lavoro e affetti, in menopausa, mi costa 3.000 euro all’anno
La menopausa è un processo naturale, ma oggi arriva in un periodo della vita in cui le donne sono pienamente impegnate, sia nel lavoro che nelle relazioni personali. Per gestirla servono farmaci, integratori e terapie riabilitative, tutte spese che spesso non sono coperte dal sistema sanitario e che possono facilmente superare diverse migliaia di euro all’anno. A sostenere questi costi sono soprattutto le donne, ma anche le aziende e la società rischiano di perdere competenze e talenti preziosi. In questa puntata, Federica ci racconta cosa significa concretamente affrontare questa fase della vita.
Tempo di lettura: 13 minuti

«Se consideriamo una spesa di 1.600 euro solo per la riabilitazione pelvica, a cui si aggiungono circa 1.220 euro all’anno per la terapia ormonale sostitutiva – TOS -, arriviamo a un costo complessivo tra i 2.000 e i 3.000 euro a carico di ogni donna. E questo riguarda tutte noi, perché prima o poi tutte affronteremo la menopausa».
La menopausa è un passaggio fisiologico, ma oggi arriva in un momento della vita in cui le donne sono pienamente attive, sia nel lavoro sia negli affetti. Per affrontarla, dunque, occorrono farmaci, integratori, terapie riabilitative. Tutte spese che, nella maggior parte dei casi, non trovano copertura nel sistema sanitario e che possono superare facilmente le migliaia di euro all’anno. A pagarne il prezzo sono le donne, ma anche le aziende e la società, che rischiano di perdere professionalità preziose. Oggi, Federica ha deciso di raccontarci cosa significa, in termini concreti, affrontare questa fase della vita.
Il mantra del risparmio
Federica Falzea ha 43 anni, vive a Milano ma è nata e cresciuta a Lecce, in una famiglia benestante. Per i suoi genitori, l’istruzione era stata il primo vero motore di riscatto sociale ed economico.
«Mio padre è calabrese, il maggiore di cinque fratelli, e l’unico ad aver avuto accesso agli studi: per questo fu mandato a Pavia a studiare medicina. Anche mia madre, unica tra tre figli a poter studiare, frequentò medicina a Pavia. Entrambi, quindi, non sono cresciuti in famiglie con disponibilità economiche immediate: si sono costruiti le loro opportunità da soli».
Proprio per questo, i genitori di Federica hanno sempre adottato una gestione del denaro molto prudente.
«Non si percepiva un vero peso economico, però c’era una forte idea radicata: nulla doveva essere sprecato, assolutamente. Anzi, al contrario, ogni risorsa andava valorizzata al massimo».
Federica fa sua questa tendenza, coltivandola con rigore fin da quando inizia a ricevere le prime paghette dalla nonna.
«Avevo l’abitudine di mettere da parte le lire in un salvadanaio di Snoopy che, in realtà, non ho mai aperto. I miei risparmi sono ancora lì, perché ho sempre pensato che fosse meglio accumulare piuttosto che spendere per qualcos’altro».
Oltre a ereditare una gestione oculata del denaro, Federica assorbe anche la passione per la medicina, il mestiere che vede praticare ogni giorno da entrambi i suoi genitori. Ma sceglie una strada diversa, più in sintonia con la sua sensibilità.
«La medicina tradizionale tende a frammentare la persona: qualsiasi problema tu abbia, devi scegliere uno specialista specifico. L’osteopatia, invece, mi aveva colpita perché si basa su un approccio olistico, che considera la persona nel suo insieme — corpo, mente, lavoro, stile di vita, e così via. Fin da piccola amavo le attività manuali, come smontare e rimontare biciclette, e da lì è nata l’idea di usare le mani anche nel mio lavoro».
Da Lecce Federica si sposta a Milano per studiare Osteopatia. I suoi le pagano l’alloggio presso una congregazione di suore – 300 euro al mese, cena inclusa – e gli studi – circa 500 euro al mese.
«Mio padre mi diceva sempre che rappresentavo un investimento. Ed è qualcosa che io cerco di non dire ai miei figli — anche se, in un certo senso, lo sono, con la scuola che stanno facendo — perché se le cose non vanno come previsto, rischi di sentirti frustrato rispetto a tutto ciò che hai investito, anche emotivamente».
La vita religiosa
Dopo quattro anni di studio, però, Federica decide di cambiare percorso. Mette in pausa l’osteopatia per entrare in convento.
«Prima non frequentavo affatto la chiesa, anzi, ero completamente distante da quel mondo. È stata un’esperienza in particolare a farmi cambiare prospettiva: il periodo trascorso con le suore, dove i miei genitori mi avevano mandata per tenermi al sicuro. Quell’ambiente ha attirato la mia attenzione e, da lì, ho deciso di intraprendere questo percorso».
Non è una scelta facile, le parole di suo padre le tornano in mente. Federica sente di essere stata un investimento mancato per i suoi genitori.
«Però, quando dentro di te nasce davvero il desiderio di entrare nella vita religiosa, tutto il resto passa in secondo piano».
Nei nove anni che Federica trascorre da suora, la sua relazione con i soldi cambia radicalmente.
«È un rapporto non personale, nel senso che non hai accesso diretto al denaro e vivi con quello che c’è a disposizione. La mia congregazione si occupa delle giovani che cercano lavoro, soprattutto straniere, e delle studentesse che vengono da lontano. C’è una suora, chiamata economa, che gestisce i soldi: se ti servono le scarpe, vai da lei, chiedi e ti dà una cifra, con cui compri le scarpe e poi porti lo scontrino, fine. Quindi, com’è il rapporto col denaro? Scopri che esiste un altro modo di viverlo, praticamente senza soldi propri. Da una parte è rilassante, perché ti solleva da grandi responsabilità, dall’altra però ti infantilizza».
L’esperienza monastica cambia anche la percezione che Federica ha del lavoro e della motivazione che lo anima.
«Quando sei in convento, la motivazione che ti spinge a dedicare 12, 13 ore al giorno al tuo lavoro non è il lavoro in sé, ma il carisma: l’idea di aver scelto questa strada, di seguire un carisma, con Cristo al centro. Per questo motivo fai tutto senza aspettarti uno stipendio».
Pian piano, Federica impara a fare a meno di una serie di cose che fino a quel momento erano state essenziali.
«Io, per esempio, non sono affatto ricca. Prima di entrare in convento dovevo usare — e uso ancora adesso — tutti i prodotti per capelli ricci, creme, shampoo specifici. A quel tempo, però, mi rasavo la testa perché era praticamente impossibile avere proprio quel determinato shampoo o quella crema che mi servivano».
Durante gli anni di vita monastica, Federica studia Psicologia Giovanile e Teologia, fino a diventare direttrice della residenza. Dopo nove anni, però, la sua vita prende una nuova direzione.
«A me la vita religiosa è piaciuta molto e mi ha insegnato tanto, però non avevo più quella spinta iniziale, quel motivo profondo di fare le cose solo per il carisma o solo per Cristo».
Tornare sui propri passi
Federica decide così di lasciare il convento e di riprendere la strada che aveva abbandonato: l’osteopatia.
«E quindi tornano in gioco i miei genitori, perché in quel momento esco di nuovo senza niente: solo jeans e maglietta al posto dell’abito da suora. Un volo aereo per la Puglia che, ovviamente, le suore mi avevano pagato. Sono arrivata così, ma con un’idea chiara: iscrivermi a infermieristica nella scuola pubblica e, se avessi avuto un riscontro positivo da parte loro, riprendere gli studi di osteopatia».
Il riscontro positivo arriva e Federica si rimette sui libri con determinazione. Ormai ha 30 anni. Dai suoi genitori si fa pagare solo la retta scolastica. Per mantenersi a Milano, decide di far fruttare la sua laurea in Teologia e di insegnare religione a scuola. Sono anni durissimi, di studio e lavoro. Una volta divenuta finalmente osteopata, non ha dubbi: decide di aprire uno spazio tutto suo.
«Bisogna lanciarsi, avere un animo imprenditoriale e accettare che nei primi tempi si va incontro a un bilancio praticamente a zero, ma con il tempo si cresce. Se confronto la mia agenda cartacea del primo anno con quella di adesso, non c’è paragone. Quindi sì, quella è stata per me un’ottima scelta».
Il costo della menopausa
Federica intanto ha incontrato quello che diventerà suo marito e padre dei suoi due figli. Inizia così un nuovo capitolo della sua vita, che procede senza troppi intoppi fino al 2022, quando le viene diagnosticato un tumore al peritoneo. Durante l’intervento vengono asportate anche ovaie e utero. E lei uscita dall’ospedale inizia a non sentirsi bene.
«Avevo sintomi davvero evidenti, come confusione, sbalzi d’umore, sudorazione e insonnia, ma li attribuivo un po’ all’intervento. Dopotutto, avevo perso 10 kg ed è stato un intervento piuttosto impegnativo, quindi pensavo che prima o poi quegli effetti sarebbero passati».
È il 2022, siamo in piena ripresa post Covid, Federica ha fretta di riprendere la sua attività, ma qualcosa non va.
«Ricomincio a lavorare, dicendo a me stessa “Ok, adesso mi devo lanciare, devo farcela”. Però capivo che qualcosa non andava: ero molto più stanca di prima, mi sentivo confusa e avevo una sudorazione intensa».
Nella casa di cura dove avviene l’intervento, nessuno informa Federica che la rimozione degli organi riproduttivi le avrebbe provocato una menopausa chirurgica. Solo successivamente, la sua ginecologa le conferma la diagnosi e le prescrive la terapia ormonale sostitutiva, la TOS.
«Appena ho iniziato la terapia, la TOS, ho notato subito la differenza rispetto a come mi sentivo prima».
A quel punto Federica sta meglio ma inizia a fare i conti con i costi di questa terapia.
«Normalmente la menopausa si manifesta intorno ai 50-51 anni, che è la media, mentre io l’ho avuta a 40. Per questo calcolo di dover essere in cura con la terapia ormonale sostitutiva (TOS) per circa 15 anni. Quando ho iniziato a prendere estrogeni e progesterone, cioè la TOS, mi sono resa conto che si tratta di una spesa non trascurabile: ogni prodotto costa circa 22 euro, a cui si aggiungono pomate o altri trattamenti che possono arrivare a 100 euro. Complessivamente, parliamo di circa 122 euro al mese, a cui si somma anche la terapia riabilitativa, necessaria per una sintomatologia legata alla menopausa che richiede un supporto ostetrico e fisioterapico».
«Perciò, parliamo di una spesa totale annua di circa 1.600 euro solo per la parte riabilitativa. Aggiungendo i circa 1.220 euro all’anno per la terapia ormonale sostitutiva (TOS), si arriva a un costo complessivo tra i 2.000 e i 3.000 euro a carico di una donna — o di qualsiasi donna che affronti la menopausa. Questo trattamento non è fatto solo per alleviare i sintomi come sudorazione, vampate, insonnia, confusione e cambi d’umore, ma soprattutto per prevenire patologie più gravi, come un rischio elevato di osteoporosi avanzata e, cosa meno nota ma altrettanto importante, il rischio cardiovascolare. Quindi, la vampata non è un capriccio o un gesto inutile, come sventolarsi. È invece un segnale di un’alterazione della pressione sanguigna».
L’interesse nei confronti di questa tematica, seppur in crescita, resta ancora marginale. I rimedi, le terapie sembrano passare in secondo piano, come fossero dei capricci delle donne.
«Parliamo, per esempio, della riabilitazione del pavimento pelvico, legata alla cosiddetta sindrome genitorinaria, che include anche l’atrofia vulvo-vaginale. Io ho 43 anni e un marito di 37, e non si tratta solo di applicare una semplice pomata ogni mattina per il piacere di farlo: è una necessità reale. Non è soltanto la classica secchezza vaginale: in alcuni casi si arriva persino a provare dolore. La terapia non è un optional, ma indispensabile per poter stare bene».
Le conseguenze sulla vita lavorativa
A ciò si aggiunge un tema sociale molto importante per chi è nel mondo del lavoro.
«Le vampate non sono solo un sintomo fisico, ma anche un segnale di uno stato emotivo. Se io sono una dirigente in azienda, potrei avere la vampata proprio nel momento in cui sto dando indicazioni assertive. Con la terapia ormonale sostitutiva (TOS), però, devo dire che questo succede molto meno frequentemente».
Secondo i dati pubblicati da Pharma Data Factory, il mercato dei farmaci contro i sintomi della menopausa ha raggiunto tra marzo 2023 e marzo 2024 i 107,62 milioni di euro, per un totale di 12,6 milioni di confezioni vendute nel nostro Paese.
«In Italia non ci sono studi, non ci sono linee guida, non c’è nulla di concreto. Anche consultando le linee guida della Federpharm, si parla di che cos’è la TOS e dei sintomi, ma a livello economico non viene affrontato nulla».
I costi della menopausa non sono solo quelli per le terapie, ma si riflettono anche sul mondo del lavoro. Le donne affrontano questa fase biologica durante la “golden age” della loro carriera, quando ricoprono ruoli di responsabilità e portano esperienza.
«I 50 anni sono l’età in cui, se lavori in azienda, spesso sei manager e sei all’apice della carriera. Uno studio anglosassone mostra che in media le donne in questa fascia d’età si assentano dal lavoro per circa 24 ore l’anno, con una perdita economica di circa 15 milioni, dovuta a sintomi come confusione, stanchezza, scarsa concentrazione, problemi di memoria e irritabilità. Quindi c’è un impatto significativo anche a livello aziendale ed economico».
Per Federica, che lavora in proprio, il costo della menopausa si è misurato proprio in mancato guadagno.
«Io, da agosto del 2022, dopo circa cinque mesi, ho ripreso a lavorare. Cinque mesi senza alcuna entrata, senza alcun guadagno. Avevo anche un’assicurazione privata, ma, come spesso succede, hanno trovato qualche cavillo per non concedermi nulla».
Il progetto: MenoP
Così, per contrastare anni di invisibilità e disinformazione, insieme a un’amica, Silvia, Federica dà vita a MenoP, un progetto che vuole rompere il tabù attorno alla menopausa e dare finalmente voce a un’esperienza femminile ancora troppo spesso ignorata o fraintesa. Silvia e Federica organizzano focus group con le donne e vanno nelle aziende a fare formazione.
«Cerchiamo di offrire una narrazione della menopausa diversa da quella che ci viene solitamente proposta, una narrazione in cui possiamo davvero riconoscerci e sentirci coinvolte. E, visto che finora non è stata ancora fatta, facciamo in modo che non siano gli altri a raccontarla, soprattutto — se possiamo permettercelo — che non siano gli uomini a farlo».
Oggi, tra i costi della menopausa e altre scelte fatte, Federica e suo marito non riescono a risparmiare molto.
«Se fossi a Lecce forse sarei più rilassata dal punto di vista economico, invece qui bisogna un po’ tirare la cinghia. Però devo dire che sono molto contenta del mio lavoro, lavoro bene, e anche mio marito lavora: portiamo a casa due stipendi. Abbiamo deciso di investire nell’educazione dei figli, che frequentano una scuola inglese, e quindi, pur guadagnando abbastanza, alla fine non riusciamo ad accumulare nulla».
A far sì che l’assenza di risparmio non si trasformi in ansia finanziaria, le viene in aiuto il suo mindset sul denaro ereditato dagli anni in convento…
«Penso che il denaro sia sicuramente importante per vivere bene, è utile per farlo, ma si può vivere bene anche senza. C’è questo equilibrio, questo mix. Perciò non sono mai stata troppo preoccupata dell’aspetto economico, se non forse a giugno e novembre, quando ci sono le tasse, perché sono una libera professionista. Però so che il denaro non è la base, perché ho vissuto nove anni senza. Ho ancora il mio portafoglio da suora, non l’ho mai cambiato, non ho mai voluto farlo, perché penso che debba sempre restare quello».