Trasformare la mia passione in lavoro mi ha spinto nella trappola della precarietà
Carmela sognava di diventare atleta, ma quando si è resa conto che non avrebbe avuto i fondi necessari per affrontare il difficile percorso di una donna nel mondo dello sport, ha deciso di orientarsi verso l’insegnamento delle discipline sportive. Tuttavia, anche in questa strada ha incontrato precarietà e insoddisfazione. Questa è la storia di come, a volte, ci si possa realizzare seguendo strade che sembrano distanti dalle proprie passioni, ma che offrono un riconoscimento economico solido per il proprio lavoro.
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«L’atleta femminile viene pagata meno e tante volte l’atleta maschile arriva primo e prende un premio di soldi e la stessa atleta femminile, della stessa competizione, magari prende un prosciutto».
A Carmela sarebbe piaciuto diventare atleta. Quando ha capito di non avere abbastanza soldi per finanziare l’impervio percorso di una donna nel mondo dello sport, ha virato verso l’insegnamento delle discipline sportive. Ma anche lì ha incontrato solo precarietà e insoddisfazione. Questa è la storia di come a volte ci si possa realizzare esplorando percorsi apparentemente lontani dalle proprie passioni, ma che garantiscono un serio riconoscimento economico al proprio lavoro.
Un’infanzia di rinunce
Carmela Massaro ha 38 anni, vive a Reggio Emilia, ma è nata in un paese della provincia di Taranto, in Puglia, dov’è ultima di tre figli in una famiglia che ogni giorno si confronta con l’assenza di opportunità lavorative.
«Il tema dei soldi ha sempre fatto parte della mia vita: i miei genitori si sono trasferiti a Reggio Emilia in cerca di un lavoro stabile, per mantenersi senza dover chiedere aiuto ai loro familiari».
Quando i suoi scelgono di trasferirsi, Carmela ha solo cinque anni. Mentre i genitori cercano una sistemazione al Nord, per sei mesi vive con i nonni e i suoi fratelli.
«I miei nonni ci hanno sempre raccontato il motivo per cui loro erano lì e perché noi avremmo dovuto lasciare tutto: amici, scuola, famiglia. Ci spiegavano che erano alla ricerca di nuove opportunità per noi, un’istruzione diversa e più possibilità nelle attività extra scolastiche, come la musica o lo sport».
Per Carmela il trasferimento al Nord è ancora oggi una ferita aperta.
«Ho sempre il dubbio di come sarebbe andata se fossimo rimasti lì, vicino agli amici e alla famiglia, in quello che ancora chiamo casa. Per quanto qui stia bene e non mi manchi nulla, sento che mi manca il sapore di casa».
A Reggio Emilia, suo padre trova lavoro in una grande azienda, mentre la mamma diventa una collaboratrice scolastica. Nonostante i due stipendi che entrano in casa, Carmela ricorda un’infanzia di rinunce.
«Fin da piccoli abbiamo sempre vissuto questa realtà: non c’erano soldi. Quando desideravamo qualcosa, la risposta era sempre la stessa: “Non ci sono soldi”. E quando dovevamo partecipare a una festa o a un compleanno, molte volte dovevamo rinunciare, perché non c’erano soldi né per la serata, se si teneva in un locale, né per comprare un regalo e andare a casa dell’amichetto».
In realtà, Carmela e i suoi fratelli hanno l’opportunità di studiare musica e di fare sport, tutte passioni su cui costruiranno il loro futuro. Ma a quell’età non ne comprendono il valore. Le rinunce hanno un peso psicologico infinitamente più grande. E soffrono nel vedere i genitori fare acquisti, al loro sguardo, avventati.
«Per esempio, mi ricordo il Big Power, che era un aspirapolvere che purificava anche l’aria. Oppure il computer, uno dei primi usciti. E io, da ragazzina, dentro di me pensavo: “Perché devo sempre rinunciare io? Se non ci sono soldi, com’è possibile che all’improvviso spuntino fuori per altre cose?”. Forse avrebbero dovuto essere loro a rinunciare a qualcosa, per permettere a noi di avere ciò che è fondamentale per la crescita di un bambino, per diventare adulti senza troppi vuoti».
Quando lei ha 14 anni, i suoi genitori si separano. Carmela e i suoi fratelli decidono di andare a vivere con il padre. E i soldi diventano una mancanza ancora più lacerante.
«Ovviamente, con un solo stipendio e tre adolescenti in casa le cose comunque erano difficili».
Carmela comincia così a fare qualche lavoretto: da ripetizioni, pulisce le scale del suo condominio, ma soprattutto decide di studiare. Nonostante gli insegnanti le consiglino di andare in un Istituto professionale, Carmela sceglie di iscriversi al Liceo.
«Dentro di me ho pensato: questa è la mia occasione di riscatto. So di esserne capace, so che sarà difficile, ma voglio continuare a studiare. Intorno a me vedevo i figli di avvocati, ingegneri, medici, e mi dicevo: devo solo impegnarmi, studiare e superare questa collinetta».
Durante gli anni di liceo, però, Carmela matura una profonda disillusione. Suo padre è in pensione anticipata a causa del crac Parmalat, in casa ci sono sempre meno soldi. Lei ha bisogno di qualcosa che le permetta di lavorare fin da subito e di non gravare sulle poche disponibilità economiche di famiglia.
«Quando ho fatto la maturità scientifica, durante l’esame orale, i professori mi hanno chiesto cosa volessi studiare l’anno successivo. Io gli ho risposto che non volevo continuare a studiare e che sicuramente non mi sarei iscritta all’università. Quella risposta è stata un vero cataclisma per loro, perché già dalla quarta facevo i test per entrare a medicina. La mia idea era chiara: finivo il liceo scientifico e poi diventavo medico».
Le difficoltà del mondo sportivo
Carmela adesso ha un nuovo piano. Fin da bambina, ha coltivato la passione per lo sport, e si riconosce il dono di assorbire velocemente qualsiasi disciplina e potersi divertire. A sei anni ha iniziato con il pattinaggio, poi il nuoto, la danza, infine il ciclismo. A 18 anni coltiva il sogno di farne un lavoro, per potersi finanziare successivamente gli studi. Ben presto, però, si scontra con le difficoltà economiche legate al mondo dello sport.
«Il mondo del ciclismo è davvero affascinante, ma anche lì è fondamentale trovare le persone giuste e avere il supporto di qualcuno che ti sostenga, che possa sponsorizzarti e garantirti una certa stabilità, oltre a una famiglia che possa prendersi cura di te e delle tue esigenze».
Carmela ci prova per un anno. Ma è una disfatta. Non la pagano, spende e basta e non è nemmeno seguita adeguatamente perché tanto c’è sempre qualcuno che è più capace di lei, che porta più soldi e merita più attenzioni. Ed è così che torna al piano originario: impegnarsi nello studio. Non più medicina, però, che avrebbe richiesto troppo tempo e troppe risorse economiche.
«Ho deciso di iscrivermi a scienze motorie, un percorso che mi permetteva anche di lavorare mentre studiavo, nelle palestre e nei corsi di fitness. In questo modo, riuscivo a mantenere gli studi senza dover chiedere nulla a mio padre».
Nella sua testa c’è l’idea di arrivare al terzo anno e poi di cambiare percorso, verso una specialistica che potesse darle più sbocchi, ma all’inizio del secondo anno resta incinta.
«Ho deciso di tenere la mia bambina, quindi ho fatto il massimo per riuscire a studiare: ho dato più esami possibile, cercando di frequentare le lezioni il più possibile, mentre nel pomeriggio continuavo a lavorare. Alla fine, ho concluso gli studi in scienze motorie e ho proseguito con la specialistica nello stesso campo. L’idea di cambiare settore l’ho sempre avuta dentro di me, ma fino ad oggi non sono riuscita a realizzarla».
Carmela studia, lavora, cresce una figlia, si occupa della casa, non può certo immaginare di intraprendere un nuovo percorso di studi rispetto a quello già tracciato. Ma si rende conto che lavorare con lo sport è poco remunerativo.
«Nonostante conoscessi molto bene il mondo dello sport da un punto di vista da atleta, non avevo idea di come fosse da lavoratrice, e questa è stata una grande disillusione. Nonostante avessi una laurea e una specialistica con il massimo dei voti, trovare un lavoro soddisfacente e ben retribuito è stato sempre molto complicato».
«Nel settore delle palestre, infatti, tutti lavorano, e questo crea una situazione difficile: chi non fa questo lavoro come principale fonte di reddito si accontenta di compensi bassi, mentre chi cerca di farne una carriera deve accettare condizioni che non sono giuste. Dal punto di vista legislativo, poi, lo Stato non ci riconosce come lavoratori. Anche se ora si sta iniziando un percorso di riconoscimento, la strada è ancora lunga. L’unico settore in cui siamo ufficialmente riconosciuti è la scuola, ma anche lì bisogna accettare compromessi, visto che i compensi sono molto bassi».
Nel frattempo la relazione con il compagno è sempre più complessa. La famiglia di lui guarda con sospetto questa figlia di operai che chiede al loro figlio benestante di modificare le sue abitudini, di spender poco. E così, tempo cinque anni, la relazione si consuma. Carmela e il compagno si separano quando la loro bimba ha 3 anni.
«Così, mi sono ritrovata a ricominciare tutto da zero. Non avevo un lavoro fisso, solo un tirocinio non retribuito, per cui guadagnavo poco e in nero. Oltre a questo, lavoravo anche in due ristoranti, ma erano a chiamata e, quindi, nemmeno quelli erano garantiti. Penso che la vera difficoltà fosse più il dover spendere che quello che riuscivo a guadagnare. Mi sentivo come una pallina impazzita, dovevo trovare una nuova casa, cercare di guadagnare abbastanza per pagarmi l’affitto, e, visto che ero sola, avevo tutte le spese da gestire. Dovevo ricalibrare tutto».
In quel momento di grossa difficoltà, Carmela sperimenta la solidarietà di amici e parenti, proprio quella di cui vivevano i suoi genitori prima di trasferirsi al nord.
«Fortunatamente, ho avuto degli amici che mi hanno aiutato, perché ho passato dei momenti davvero terribili… quando si dice “toccare il fondo”. Sono una persona che fa fatica a chiedere, ma in certi momenti, purtroppo o per fortuna, sei costretto a chiedere aiuto. Se hai le persone giuste accanto, allora ce la fai. Ho dovuto chiedere anche dei soldi, perché molte volte le palestre non mi pagavano, e il lavoro da cameriera non bastava. Pagare tutte le spese da sola per un po’ è stato molto difficile».
La ricerca di se stessa
Carmela si risolleva. Capisce che il lavoro di cameriera è molto più remunerativo di quello per cui ha studiato e si concentra su di esso.
«Mi pagavano bene, lavoravo a pranzo, qualche sera e soprattutto nei weekend. Questo mi permetteva di avere una casa mia, di coprire le spese e di crescere mia figlia nel miglior modo possibile. Ma, ovviamente, non mi dava la possibilità di trovare il tempo, il coraggio o le forze per studiare, per cambiare e per costruirmi un futuro nuovo».
Carmela sa che deve guadagnare il doppio di ciò che le serve per vivere. Tiene i conti alla perfezione, non sperpera nulla, però non è felice. È dentro un meccanismo di sopravvivenza che non è quello per cui ha studiato e fatto così tanti sacrifici.
«Poco a poco, maturavo l’idea di tornare nel mondo dello sport, nonostante guadagnassi tanto. Decisi di lasciare i ristoranti e di lavorare a scuola. All’inizio non ero di ruolo, quindi dovevo accumulare punteggi lavorando come insegnante di sostegno. Ma anche lì mi trovavo ad affrontare situazioni complicate. Quando hai a che fare con ragazzi con difficoltà, e tu stesso sei una persona non completamente tranquilla a causa di altre problematiche personali, diventa difficile essere presente e sereno, e questo rende complicato trovare soddisfazione o tranquillità».
«Soprattutto, era una tortura il fatto che lavorassi a scuola solo per nove mesi l’anno. Avevo contratti che scadevano il 30 giugno e mai fino al 31 agosto, quindi nei restanti mesi mi ritrovavo senza lavoro e con la disoccupazione. Al pomeriggio, continuavo a fare attività nelle palestre, cercando di mantenere qualcosa. In ogni istituzione scolastica in cui capitavo, c’era il preside che mi dava la possibilità di lavorare nel pomeriggio, ma c’era anche chi mi diceva che non potevo fare nulla al di fuori dell’attività scolastica. E questa situazione mi sembrava assurda: io non ero di ruolo, il mio lavoro non poteva dipendere dalla volontà di una singola persona. Come avrei fatto a pagare le mie spese?».
Carmela, nel frattempo, si è legata a nuovo compagno. Lui è un artigiano che ha una piccola azienda che opera nel settore alberghiero. Nei buchi tra figlia, scuola e palestra, Carmela lo accompagna nei suoi giri col furgone, a riparare strumenti dei vari clienti. Scopre così un mondo del lavoro che la affascina, in cui si può guadagnare, in un giorno, ciò che lei faticosamente guadagna in un mese. Quando nell’azienda del suo compagno si apre una posizione da contabile, capisce che è arrivato il momento per lei di fare ciò che ha rimandato a lungo. Cambiare completamente ambito lavorativo.
«Ho smesso di lavorare a scuola perché mi sentivo affranta, senza energie e senza vedere un futuro. Non riuscivo a immaginare alcuna possibilità di crescita. Poi ho scoperto una nuova realtà, una possibilità diversa rispetto a quella che avevo vissuto fino a quel momento, che mi ha dato la chance di fare, crescere e guadagnare».
Una passione inaspettata
Carmela ha sempre tenuto in ordine la sua finanza personale, ma da qui a gestire le finanze di un’azienda ne passa. Il suo compagno ha grande fiducia nelle sue capacità, lei è preoccupatissima, tanto che le prime notti dorme poco per il panico di aver dimenticato una fattura, un ordine, un pagamento…
«Oggi sono due anni che lavoro in quell’ufficio e devo dire che è fantastico. Ho scoperto una nuova opportunità che mi ha spinto recentemente a intraprendere un percorso universitario in economia aziendale e management. Oltre a rendermi conto che la contabilità è davvero il mio mondo, ho capito che è un settore con vere possibilità di crescita e miglioramento».
E così, Carmela, una ragazza dinamica, che vive bene all’aria aperta, scova la felicità chiusa in un ufficio. E i soldi, che sono sempre stati uno spauracchio nella sua vita, diventano il suo mestiere. Un mestiere che non si è mai permessa neppure di immaginare, intenta com’era a galleggiare tra gli eventi che la vita le presentava, trascinandola da una parte all’altra.
«È stato il primo lavoro che mi ha dato un contratto a tempo indeterminato, quella stabilità che cercavo, non tanto per il contratto fisso in sé, ma perché mi ha dato la sicurezza di non dover più correre come una pallina impazzita, riprogrammando la mia vita ogni tre mesi».
I soldi non le erano mai mancati negli ultimi anni. Le mancava la stabilità per poter guardare al lungo periodo.
«Come hai capito, ho sempre lavorato tanto per essere indipendente, per non dover mai pensare “oddio, non arrivo a fine mese, come faccio?”. Per questo motivo, ho sempre lavorato più di quanto fosse richiesto, per avere la sicurezza di non dovermi preoccupare. I soldi che ho messo da parte, che tengo in un fondo nel conto corrente, rappresentano una sicurezza che mi sono costruita negli anni. Ora che ho anche il contratto, è una doppia sicurezza.».
Grazie a questo contratto Carmela per la prima volta ha ottenuto un finanziamento a suo nome senza dover richiedere la garanzia di nessun altro. Oggi riesce a spendere i soldi senza curarsene troppo. È tornata a credere nelle sue capacità come faceva da bambina. E questa sicurezza le permette di ambire ad orizzonti ancora nuovi. Se la prima volta ha scelto un percorso di studi che l’ha portata verso un lavoro poco riconosciuto e poco remunerato, forse questo nuovo percorso di studi le permetterà di tornare a occuparsi di sport, ma traendone una soddisfazione maggiore.
«In futuro, non nascondo che mi piacerebbe moltissimo poter unire queste due anime. Vorrei essere io quella manager, quella responsabile di un team all’interno di un bel movimento, che sia sportivo o legato allo sport in qualche modo, anche solo tramite attrezzature o abbigliamento».
«Il contratto che ho oggi mi serve per portare a termine quel percorso che avevo iniziato anni fa. Magari in futuro, il contratto fisso non mi interesserà più, e sarò una manager che lavorerà a partita IVA per un’azienda, piuttosto che per un’altra. Ma una cosa è certa: in tutti questi anni ho costruito una sicurezza dentro di me».