Mi sono guadagnata la libertà di essere precaria
Francesca ha 33 anni ed è originaria di Ravenna, ma vive a Tallin, in Estonia, con il suo fidanzato. Si occupa di servizi legati alla scrittura, è redattrice e correttrice di bozze. Prima però, lavorava in un ambiente totalmente diverso. Il coraggio con cui ha scelto di lasciare il posto fisso per dedicarsi ai suoi sogni, è il punto di partenza della storia che raccontiamo in questa puntata.
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“Io ricordo questa scena: ero nel parcheggio del Lidl con il mio fidanzato e, a un certo punto, sono scoppiata a piangere in mezzo a tutti dicendo: “Cosa ho fatto? Ho sbagliato proprio tutto”. Ero completamente persa, perché vedevo che non era più come a scuola, dove se ti impegni prendi un buon voto. Il mondo del lavoro è diverso: a volte ti impegni, ti impegni, ti impegni… ma trovi davanti a te dei muri.”
Francesca ha 33 anni è originaria di Ravenna, e vive a Tallin, in Estonia, con il suo fidanzato. Se oggi è redattrice e correttrice di bozze è perché a un certo punto ha lasciato una via professionale spianata da anni di studio diligente, ma senza passione, per intraprendere una strada scandita da promesse di felicità, ma più dissestata.
I soldi come strumento di libertà
La mamma di Francesca, nata in una famiglia molto povera, aveva vinto un concorso in banca che le aveva svoltato l’esistenza. E di quella materia che maneggiava quotidianamente, i soldi, aveva fatto un argomento di conversazione abituale in casa.
«Mi ha fatto conoscere i soldi senza però averne l’ansia. Credo sia per il suo background, sia per il lavoro che faceva, ma è sempre stata molto attenta al denaro, senza però esserne schiava o senza farli pesare a noi. Più che altro ci ha sempre detto: “Non è importante avere soldi per sfoggiare o per comprare cose lussuose, ma per poter fare cose”».
Quando Francesca va al liceo, la mamma si inventa un metodo per spronarla a studiare e al tempo stesso per farle avere qualche soldo in tasca.
«Vedendo che alle medie non andavo benissimo, alle superiori abbiamo stilato un elenco dei voti a cui corrispondeva un piccolo corrispettivo in denaro. Per esempio, il sei era zero, se poi prendevo un voto dal sei e mezzo in su prendevo qualcosa. Se, invece, prendevo un’insufficienza li dovevo dare io a lei. Questa cosa mi ha spronato ovviamente ad andare meglio. A me studiare piaceva, probabilmente l’avrei fatto lo stesso, però era quella cosa che mi permetteva di avere dei soldi in più nel portafoglio; anche perché i miei non mi hanno mai dato la paghetta».
A Francesca sarebbe piaciuto fare il Liceo Classico, ma sua madre l’aveva spinta verso una scuola più pratica, Ragioneria. Al momento di scegliere l’università, il dilemma si ripresenta. Francesca vorrebbe fare Lettere.
«Quando le ho detto che volevo fare Lettere mi ha chiesto se volessi insegnare, e visto che io non volevo, mi ha detto: “E allora cosa fai Lettere a fare?”. Mi ha sempre fatto capire che era importante trovare un lavoro fisso, magari nel pubblico, per essere tranquilla e avere il mio stipendio. Al che, mi sono fatta condizionare e ho fatto Economia e Commercio. Mentre facevo l’Università, per un periodo, mi sono veramente convinta di voler fare la revisore contabile. La massima aspirazione, proprio».
Francesca, a quel tempo, ha già un libretto postale con i suoi risparmi.
«Già da quando avevo 14 anni mia mamma mi ha sempre dato i soldi per il compleanno. Inoltre, la mia scuola superiore dava delle borse di studio per gli studenti che avevano una determinata media. Erano anche notevoli, si aggiravano sui 500€, e io le ho prese per tutti i cinque anni di superiori».
Quelli dell’università, sono anni bellissimi. Francesca fa la pendolare, i suoi genitori le pagano la retta universitaria mentre lei si occupa di tutte le altre spese. Per rimpolpare i suoi risparmi, l’estate va a lavorare in Banca.
«Ho viaggiato davvero tanto, sono andata anche in Erasmus, e me lo sono pagato da sola, con i soldi che avevo ricevuto lavorando in Banca l’anno prima. Non sento di aver mai stretto la cinghia, perché comunque guardavo in Banca e i soldi c’erano».
L’educazione finanziaria ricevuta fin dalla più tenera età, però, non la mette al riparo da almeno un paio di “salvifici” momenti di apprendimento sul campo.
«Ci sono state solo due volte in cui mi sono davvero spaventata. La prima è stata dopo il primo mese di Erasmus, perché appunto ero in Erasmus e dicevo: “Sono in Erasmus, godiamoci la vita!”, e mi sono accorta che avevo speso circa 3000€ in un mese. Lì mi sono resa conto che dovevo avere più coscienza dei miei soldi. Il fatto che avessi dei risparmi non mi autorizzava a spenderli così a caso. La seconda volta è stata quando avevo 23/24 anni: ero a casa di un mio ex fidanzato e sono andata in un negozio. Ho provato a pagare col bancomat ma non funzionava. Ho provato a prelevare ma, anche lì, non andava».
“Così, ho aperto la schermata dell’home banking e ho visto che avevo 3,50€ sul conto. E io non avevo assolutamente idea di come fosse successo. Lui era estremamente attento ai soldi, quindi mi ha mandato il suo prospetto excel e mi ha insegnato a usarlo. Ed effettivamente, da quel momento, io uso ancora quel prospetto.”
Il momento della realizzazione
Verso la fine dell’Università, Francesca inizia a sentire i primi segnali di uno scollamento tra ciò che fa e ciò che desidera profondamente fare.
«Io finivo l’Erasmus a giugno e mia madre mi aveva suggerito di provare a chiedere lo stesso in banca se mi prendevano, perché di solito la stagione in Banca cominciava a maggio. Io ricordo che ero seduta al tavolo di un ristorante con le mie amiche, ricevo una telefonata, e quando ritorno a sedermi scoppio a piangere. Questo perché avevo ricevuto la telefonata dalla Banca che mi diceva che mi avrebbero presa lo stesso. Io avevo mandato la mail su suggerimento di mia madre, ma non ero davvero convinta di volerlo fare. Anche vedendo alcune mia amiche, loro erano davvero nel loro ambiente, erano contente; mentre io quella passione non la sentivo».
Ma ancora una volta Francesca non ascolta quei segnali. Cerca un posto fisso e lo trova prima in un Consorzio Agrario, poi in un’agenzia di viaggi, dove fa la contabile.
«Al Consorzio Agrario sono partita dai 1.300€ e poi sono arrivata sui 1.500€, con un po’ di scatti di carriera e chiedendo qualche aumento. Anche nell’Agenzia di viaggi avevo pattuito uno stipendio di 1.600€».
Francesca, dopo i primi anni di lavoro, ha 60.000 euro di risparmi in banca.
«Ho cominciato a investire più o meno dai vent’anni e sono andata via di casa tra i 25 i 26, quindi avevo molti soldi da parte».
L’idea di andare a vivere all’estero ogni tanto le balena per la testa, ma poi sceglie di continuare lungo la via tracciata. E così, si compra una casa a Ravenna.
«Dopo aver guardato moltissime case, ne ho trovata una a due vie di distanza da casa dei miei ed è stata l’unica in cui ho detto: “Ok, è proprio lei”. Poi, visto che mia madre lavorava in Banca, mi ha aiutato a trovare un’opzione di mutuo conveniente. Io pagavo 600€ al mese di rata, però il tasso era molto vantaggioso, e comunque mi restavano 1000€ che potevo spendere per bollette, spese, e svaghi».
Poco dopo aver acquistato la casa, Francesca conosce il suo attuale compagno. Osservarlo vivere, è come una finestra su un modo alternativo di disegnare l’esistenza, che lei non aveva mai legittimato per sé.
“Nonostante fosse un musicista, all’epoca molto squattrinato, viveva della sua passione e per me era come avere uno specchio in giro per casa che mi diceva: “vedi, io ce l’ho fatta, perché non lo fai anche tu?”. Così, piano piano ho cominciato a dubitare, e la prima cosa che ho fatto è stata fare un corso di scrittura creativa.”
«Desideravo farlo da tantissimo, e diciamo che ha aperto il vaso di Pandora. Allora sono andata da una delle mie insegnanti e le ho detto che mi sarebbe piaciuto lavorare in ambito editoriale e lei mi ha consigliato di fare la redattrice editoriale. All’inizio ero combattuta, perché ovviamente io passo da un estremo all’altro, e da revisora contabile dovevo assolutamente diventare scrittrice. Poi però mi sono fermata un attimo e ho capito che bisognava prendersela con un po’ più di calma. Mi sono guardata attorno e ho trovato un corso professionalizzante per l’editoria, tenuto da una scuola a Roma, e ho detto: “Ok, proviamo”. Ho lasciato il lavoro in Agenzia e mi ci sono buttata dentro con tutta me stessa».
Il salto nel vuoto
Francesca compie quel salto mossa da un’adrenalina mai sperimentata prima. Una volta terminati i 4 mesi di corso, però, l’ingresso nel mondo del lavoro dei suoi sogni non è come se lo aspettava. Inizia a mandare curriculum su curriculum ma con poca fortuna.
«Tutti quelli che lavorano in ambito editoriale sanno che la cosa più difficile, ancora più difficile di riuscire a campare serenamente, è entrare in quel mondo. Poi, quando ti conoscono e vedono che sei una persona che lavora bene, allora ti danno molto lavoro. Però, prima ci devi entrare».
Nel frattempo, il suo compagno viene preso nell’orchestra di Sanremo e si trasferiscono lì. Francesca ancora non riesce a trovare lavoro e vive dei suoi risparmi.
«Ho fatto uno stage in una casa editrice a distanza ma non era pagato. E lì, tutto il background da impiegata, del lavoro fisso, e del mutuo da pagare, mi si è riproposto e quindi ho detto: “Aiuto, che cosa sto facendo?”. Anche perché, anche se avevo ancora tanti risparmi, l’idea di rosicchiarli piano piano tutti mi dava molto fastidio. Usarli durante i quattro mesi di corso mi andava bene, perché stavo investendo su me stessa e stavo studiando per poter fare un’altra professione. Dopo però, le competenze le avevo e quindi mi sembrava di star buttando via i soldi. A quel punto ho trovato un lavoretto in una Gastronomia a Sanremo e stare impegnata anche solo 2/3 ore al giorno mi ha aiutata tantissimo per non andare giù di testa».
Proprio in quei mesi, Francesca ottiene la prima collaborazione pagata con uno studio editoriale, per cui lavora ancora adesso. Intanto, il suo compagno vince il concorso dell’Orchestra di Tallin, e insieme, si trasferiscono. Francesca continua a lavorare per clienti italiani, ma se non lo facesse dall’Estonia, probabilmente sarebbe ancora lì ad arrotondare con altri lavoretti.
«Uso un regime fiscale estone in cui pago solo il 20% di tasse su tutto. E, tra l’altro, è un regime fiscale comodissimo, perché si apre un conto corrente apposta e di tutti i soldi che arrivano, loro ti tolgono automaticamente il 20%, quindi tu nemmeno li vedi. Pagare le tasse in Estonia è molto più conveniente: rispetto all’Italia ci risparmio il 13%, che è tanto».
Il lavoro di Francesca è a cottimo. Più lavora, più guadagna. E questo la costringe dentro una spirale di autosfruttamento.
«E quindi ho preso lavori su lavori su lavori. Quando sono arrivata a lavorare sette giorni su sette e a fare le due di notte più notti consecutive ho capito che forse mi sarei dovuta organizzare meglio. Anche perché, nell’ottica futura di avere una famiglia, la cosa un po’ continua a spaventarmi. Ho parlato con tante colleghe e una in particolare mi ha detto di privilegiare la qualità sulla quantità, ovvero accettare solo progetti che vengono pagati di più piuttosto che tanti progetti pagati poco».
Questa logica, però, si scontra, con la realtà del settore.
“Nel settore dell’editoria i tariffari sono estremamente bloccati in basso, anche per persone che hanno tanta esperienza. Non c’è quella possibilità di farsi pagare molto di più come magari può fare un grafico o un architetto; perché le tariffe sono quelle ed è un settore mediamente povero.”
Oggi ciò che permette a Francesca di gestire l’insicurezza della nuova professione è proprio quella competenza finanziaria acquisita fin da ragazzina. Non è ancora nella condizione di riprendere a investire, ma a controllare le spese è molto brava. Oggi lo fa con un tool della sua banca che si chiama Salvadanaio.
«Praticamente tu puoi spostare lì dei soldi: non sono investiti quindi a rendimento zero, però almeno non li vedi nel conto corrente. Io cerco di tenermi nel conto corrente 1.500€ e tutto quello che c’è in più lo sposto. Se poi vedo che vado sotto i 1.500€, lo reintegro con i soldi del salvadanaio».