La mia vita da madre single, scandita dalle rate

Un divorzio a 30 anni, un figlio non riconosciuto a 39. Oggi Cristina ha 51 anni e naviga la complessità della sua esistenza con tanta determinazione e un foglio Excel. Che fotografa ogni movimento del suo conto corrente e le permette di programmare scientificamente ogni spesa.

Tempo di lettura: 9 minuti

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Cristina Zanotti

Ascolta il podcast della puntata:

Suo padre dice di lei che ha una vita privata disastrata come le sue finanze. Ma mi permetto di dissentire.

Se la vita affettiva di Cristina Zanotti, ingegnera 51enne di Roma, è difficile da classificare dentro gli schedari sociali a cui siamo abituati, la sua vita finanziaria è ingegnerizzata fino all’ultimo centesimo. Merito anche di strumenti di gestione che forse un uomo della generazione di suo padre faticherebbe a condividere.

Ma andiamo con ordine. Cristina cresce in una famiglia benestante. Papà dirigente, mamma casalinga. «Non ci è mancato nulla, ma forse ci è mancato un minimo di autonomia nel gestirci il quotidiano».

È sua madre a mandare avanti l’economia di casa. Ma le redini non sono nelle sue mani. «Mio padre riceveva lo stipendio sul conto corrente, prelevava ciò che riteneva necessario per le spese quotidiane e lo dava a mia madre. In questo c’era autonomia, ma rimaneva il vincolo di dover chiedere a mio papà ogni volta che servivano ulteriori soldi».

Cristina e sua sorella possono contare su tutto ciò che è loro necessario, ma a stabilire cosa è necessario è sempre il padre, attentissimo al risparmio. Ecco perché Cristina si laurea in cinque anni e mezzo in ingegneria elettronica: «La mia fretta di lavorare nasceva dal bisogno di autonomia».

Cristina viene assunta in Tim. Ha 26 anni e prende uno stipendio di due milioni e 100mila lire. Ci sono mesi in cui li spende tutti in abiti scarpe. Ma il primissimo stipendio lo utilizza per pagare l’acconto di un’auto, che pagherà a rate.

“Io ho una vita fatta di rate. Per mio padre sarebbe stato impensabile. Le persone della sua generazione non amano rateizzare i pagamenti: le cose si comprano se c’è la disponibilità economica in quel momento”.

A 27 anni Cristina conosce un collega di ufficio, si innamorano, vanno a vivere insieme, si sposano. Lui possedeva una piccola casa a Roma, ma decidono di andare ad abitare in quella dei nonni di Cristina, comprandone la quota parte dalla zia. Fanno un mutuo: piuttosto alto, ma di pochi anni. Pur sempre troppi rispetto a quelli che dura il matrimonio. «Perché poi il matrimonio è durato molto poco, neanche due anni, a settembre 2002 ero già separata. È stata una separazione serena, non c’erano figli. Ma è stato doloroso per i nostri genitori. Mio padre poi è anche molto credente, ma se n’è dovuto fare una ragione».

È difficile anche per Cristina metabolizzare la fine del matrimonio. «Ho provato un grande senso di fallimento. Qualcuno dice che ho un carattere talmente orientato all’obiettivo che quasi risulto anaffettiva nelle mie manifestazioni. All’apparenza dimostro elementi di forza, poi dentro, se ci rifletto, sento tutta la debolezza del momento».

Anche perché non può concentrarsi sull’aspetto emotivo ma deve fare i conti con le questioni pratiche.

“Con l’acquisto facemmo una cosa che poteva essere evitata: intestammo la casa al 75% a me, al 25% a lui. Dopo la separazione, per ottemperare quel 25%, rivalutato sulla base dei lavori di ristrutturazione, ho dovuto chiedere l’aiuto economico di mio padre”.

Cristina decide di rinegoziare il mutuo, cosa che all’epoca non facevano tutte le banche. «Quella fu un’operazione necessaria per vivere dignitosamente con il mio stipendio. Rimanevo monoreddito e non volevo pesare su una famiglia che mi era venuta già incontro in mille modi».

Passano gli anni e passano anche i fidanzati. Finché arriva un amore destinato a cambiarle la vita. «Nel momento in cui ci siamo conosciuti lui era sposato, ed era parecchio più grande di me. È arrivato a separarsi, una separazione complicata con due figlie e un accordo di mantenimento non facile, anche perché lui aveva una situazione lavorativa in proprio, ma non stabile».

Cristina rimane incinta quasi subito.

“Avere un figlio era un desiderio molto forte. Lo era già da alcuni anni, anche perché vedevo scorrere il tempo. Sono arrivata a farlo a 39 anni ed è stata una cosa che ha portato grande gioia nella mia vita”.

Alessandro nasce nel 2011. Il padre non lo riconosce perché la causa di divorzio con la prima moglie è in corso e teme che si complichi, se viene fuori che ha un figlio con un’altra donna. L’idea è di sistemare la questione riconoscimento appena le acque si sarebbero calmate. «Ma non c’è stato tempo perché ci siamo lasciati prima. E lui non solo si è separato da me, ma si è separato anche da suo figlio. Io lì per lì pensavo di procedere per vie legali, ma un avvocato mi disse una frase illuminante: ‘Nessun giudice può costringere un padre a vedere un figlio se non vuole. A te servono i suoi soldi?’ No, non è questo lo spirito con cui avrei fatto quell’azione. Così lasciai cadere tutto».

Inizia dunque una nuova stagione della vita di Cristina.

“Questa cosa ci tengo sempre a sottolinearla: io sono monoparentale, mio figlio ha il mio cognome, non sono la separata o la divorziata che comunque ha la presenza di un’altra persona nella vita del figlio, sia pur solo nella sfera economica, che poi, ho scoperto, è l’aspetto minore”.

Cristina scopre che «la gestione dei soldi non è l’aspetto più critico della gestione di un figlio da soli. Sicuramente è quello materiale, ma che si può risolvere». E lei lo fa con gran successo. Checché ne dica suo padre, la sua situazione finanziaria è tutt’altro che disastrosa.

«In questo sono molto ingegnere. Ho una gestione tramite foglio Excel di tutte i miei movimenti». Il foglio di calcolo le serve ad avere una visione puntuale delle entrate mensili, soprattutto dei mesi in cui sono maggiori a causa della Tredicesima o per il credito Irpef. Poi, in base alle entrate, Cristina programma le spese, facendo ampio uso di quello strumento che suo padre non amava.

“Sono portata a fare rate anche di breve durata. Per esempio, ci sono sistemi tipo Klarna che consentono di rateizzare un pagamento senza interessi. Ecco, sfruttando questi metodi di pagamento, riesco a non arrivare affogata alla fine del mese. In Italia c’è una certa preoccupazione quando si stipulano rate. Io credo che sia un tabù anche questo. Le cose vanno fatte con intelligenza, però non ci vedo nulla di male”.

Nel 2017, Cristina ha intrapreso anche una ristrutturazione più ampia della casa. Per poterlo fare ha rinegoziato per una terza volta il mutuo che ormai aveva quasi finito di pagare. «L’ho rinegoziato come mutuo di liquidità, con una banca online. Ho scelto la formula del mutuo perché consente cifre più alte rispetto a un prestito personale, ma anche perché ha tassi di interesse inferiori rispetto a un prestito.

Oltre al mutuo c’è un’altra rata che accompagna l’esistenza di Cristina da sempre, quella dell’auto che lei non comprerà mai in contanti, essendo un bene che già dopo l’uscita dal concessionario, non ha più lo stesso valore del giorno prima.

A tutto ciò vanno aggiunte le spese per vivere, ma anche quelle per il piccolo Alessandro: i centri estivi, la baby sitter, la mensa scolastica, lo sport agonistico, le lezioni di inglese.

E nonostante tutto ciò, Cristina riesce anche a risparmiare. Ogni mese gira simbolicamente 250 euro dal conto corrente a quello di deposito. Simbolicamente perché succede spesso che quei soldi debba riprenderli.

«Sono un’ingegnere, appartengo alla fascia media, pur avendo un gap di stipendio rispetto a colleghi di pari inquadramento», ammette Cristina. Questo le fu evidenziato dalle risorse umane della sua stessa azienda. All’origine del divario retributivo potrebbe esserci la storia professionale, ma forse anche la circostanza di essere donna. Non a causa di un pregiudizio consapevole. Ma per una condizione connaturata al genere.

“Per la donna che ha famiglia, che ha figli, inserirsi nel mondo del lavoro non è una cosa semplice. Specie nell’ambito tecnico, che è nato per gli uomini. Sul lavoro della donna tuttora pesano aspetti culturali, la donna è colei che è anche madre, deve anche pensare ai figli, alla casa, non si può dedicare h24 al lavoro, che già di per sé è una stortura. Ma spesso la mentalità in Italia è questa. Trovare un ambiente lavorativo in cui ci sia la giusta intelligenza sociale per guardare oltre certe caratteristiche della donna non sempre è facile”.

Cristina in questi anni è riuscita a scolpire la sua indipendenza economica a forza di fogli excel ma non ha proprio fatto tutto da sola.

«Io ho un carissimo amico, siamo sempre stati molto molto legati. Lui è serenamente single. Ed è affezionatissimo a mio figlio, per il quale è un punto di riferimento maschile importante, pur non vivendoci insieme. Devo dire che da lui un minimo di aiuto anche economico ce l’ho».

Si conobbero 20 anni fa, ai tempi della separazione.

«Trovandomi io in quel momento come una barca in mezzo al mare della separazione e poi del divorzio, cominciò in modo naturale: “Ti serve una mano? Ti faccio la spesa?” È nato in modo estemporaneo, in quel momento di necessità, poi si è trascinato negli anni con la nascita di mio figlio».

Abituati come siamo alla solitudine della famiglia mononucleare e al tabù dei soldi anche tra amici, fatichiamo a inquadrare relazioni come queste fin quando non ci troviamo di fronte alla naturalezza con cui esistono.

“Mi sento più protetta e accudita che non in debito nei suoi confronti. Lui sa che, se non da un punto di vista economico, da un punto di vista di amicizia e vicinanza mi troverebbe da qui a sempre”.

Cristina tornerebbe indietro su molte cose. Probabilmente si laurerebbe in Matematica, non in Ingegneria. Probabilmente andrebbe a vivere fuori dalla città di Roma. Ma di una cosa è certa. Suo figlio lo avrebbe avuto comunque. «L’avrei fatto anche da sola, forse anche con una maggiore consapevolezza. Io porto sempre l’esempio di Paesi come Spagna e Inghilterra dove una donna può avere un figlio da sola con inseminazione assistita. Questo in Italia non è possibile. Io la vedo come un minus del paese, per quella che è la mia idea di libertà e autodeterminazione della donna».

Oggi Alessandro ha 11 anni. La paura, l’ansia di una madre sola stanno lasciando il posto a un sentimento nuovo.

“Mio figlio alle maestre mi dipinge come un’eroina e questa è la più grande delle conquiste, delle vittorie. Mi sento orgogliosa”.

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