Perché investire in istruzione conviene (sì, anche oggi)
Ci avete mai pensato? Parliamo spesso di come investire il denaro in modo redditizio, senza pensare che gli investimenti in istruzione restituiscono rendimenti che durano per tutta la vita. Qui, numeri alla mano, abbiamo provato a capire come calcolare la convenienza di un investimento di questo tipo, e come prendere le giuste decisioni.
Tempo di lettura: 10 minuti

di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

Ci si chiede spesso come investire il proprio denaro in maniera più redditizia, ma poco si parla dei vantaggi finanziari che si hanno quando si investe per accrescere competenze e conoscenze. Qui l’economista Annamaria Lusardi, docente a Stanford e già direttrice del Comitato per l’educazione finanziaria istituito dal governo italiano nel 2017, ci spiega numeri alla mano, come calcolare la convenienza dell’investire in istruzione, e come prendere le giuste decisioni.
Provate a digitare su Google la parola investire. Il motore di ricerca vi suggerirà una serie di domande, quelle su cui più di frequente lo interrogano gli utenti, e scoprirete che la maggior parte delle persone si chiede quali sono gli investimenti più redditizi, cosa fare con 10.000 euro, o come avere rendite di 1.000 euro al mese. Nessuno dei quesiti posti con maggiore frequenza parla di investire istruzione, master, corsi di specializzazione. Che miopi, penserebbe Benjamin Franklin, padre fondatore degli Stati Uniti, uno secondo cui «l’investimento in istruzione paga il più alto tasso d’interesse».
La fotografia dell’Italia
A riferirci questa citazione è Annamaria Lusardi, economista di lunghissimo corso, direttrice del Comitato per l’educazione finanziaria dal 2017 al 2023, docente di Finanza alla Stanford Graduate School of Business, dove dirige un centro dedicato all’educazione finanziaria, e autrice nel 2024 de “Il sapere che conta” in cui spiega con parole comprensibili a tutti l’importanza di conoscere l’abc della finanza, per fare scelte di vita sensate. Uno dei segreti per avere più soldi, dice subito, è studiare di più, a maggior ragione in un mercato del lavoro difficile come quello italiano – le retribuzioni nel Bel Paese hanno subìto dal 2008 una riduzione in termini di potere d’acquisto dell’8,7% -, dove le competenze aiutano semmai a strappare stipendi più alti e guardarsi attorno, anche fuori dai confini. E a prepararsi per le competenze de futuro.
Lusardi parte dai numeri, naturalmente: «Una delle ultime indagini della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane, mostra chiaramente che il reddito medio netto, sia per i lavoratori dipendenti, e ancor di più per i lavoratori autonomi cresce con il titolo di studio». Nella tabella citata dalla docente, tra un autonomo laureato e uno diplomato spicca un differenziale di più di 30.000 euro all’anno. Non per caso, al tema Lusardi ha dedicato un intero capitolo del suo libro, in cui spiega, foglio di calcolo alla mano, come capire se un investimento in istruzione può considerarsi redditizio per la vita. Ecco i suoi consigli.
Studiare è un investimento finanziario
Da dove cominciare? Guardando all’istruzione come a un’attività che non solo ci arricchisce dal punto di vista umano, ma crea valore economico. «Studiare o formarsi è a tutti gli effetti un investimento finanziario, come la scelta di un prodotto di investimento o di un immobile. Per la precisione, è un investimento in capitale umano», spiega Lusardi. «Così come i titoli che acquistiamo sui mercati finanziari ci restituiscono cedole, interessi, e dividendi, allo stesso modo un investimento in istruzione potrà darci in futuro un reddito più alto. Il ritorno dell’investimento è la maggiore conoscenza e capacità di fare meglio sul lavoro, fattori da cui discende appunto un maggiore reddito».
L’Italia, per certi versi, è la prova purtroppo “rovesciata” di questa tesi, spiega l’economista. «Nel Paese si è investito poco in questo ambito, si registrano un basso grado di istruzione generale e un alto tasso di abbandono scolastico. E questo si riflette direttamente sul fenomeno della povertà lavorativa. Non si tratta “solo” di un problema individuale, perché sarà lo Stato alla fine a doversi fare carico delle persone che non hanno i mezzi per sostenersi e vivono in condizioni di disagio sociale». Anche per queste ragioni, il consiglio, per tutti, è di iniziare a considerare la scelta di formarsi e di studiare guardando al futuro, consapevoli che anche nell’attività imprenditoriale non bastano più talento e intuizioni, occorrono solide conoscenze.
Come calcolare l’investimento in istruzione
La scelta dell’università, di un master, ma anche di un corso di formazione a metà carriera può essere valutata con un calcolo matematico. Nel suo libro, Lusardi utilizza una formula che permette di capire, a partire dai costi e dalla stima dei benefici futuri, se la spesa vale l’impresa. «Serve a calcolare se i benefici economici derivanti dal percorso formativo, e quindi il maggior reddito futuro generato dall’istruzione più elevata, supera i costi affrontati nel presente. «Dal conto sono esclusi altri potenziali vantaggi. La conoscenza ci aiuta a far bene in tanti altri aspetti della vita, ad esempio nella nostra salute e a prenderci miglior cura di noi stessi». Ma se il saldo è positivo, la strada scelta sarà da considerarsi vantaggiosa.
Volendolo spiegare con un esempio, se oggi spendo 25.000 euro per un corso di specializzazione, dovrei avere buone probabilità che le competenze acquisite durante il corso mi garantiscano un reddito maggiore per il resto della mia vita lavorativa, che, nel lungo periodo, mi dia un maggiore guadagno complessivo che superi l’equivalente dei 25.000 euro spesi oggi. Se considero un arco di dieci anni, l’obiettivo sarà guadagnare in quel periodo un differenziale di reddito equivalente almeno al valore di di 25.000 euro odierni».
Come muoversi
Il primo passo sarà quindi quello di mettere insieme i costi, costituiti non solo dalle spese vive, e cioè dalla retta dell’università o dal costo del master, dalle spese per i trasporti e per l’alloggio se si studia fuorisede, ma anche dal cosiddetto costo opportunità, e cioè il guadagno potenziale a cui si rinuncia negli anni di studio, ipotizzando che la persona interessata avrebbe trovato un lavoro con la qualifica attuale o avrebbe continuato a lavorare. «Se frequenti università per un quinquennio dopo il diploma da geometra, devi considerare che hai perso 5 anni di potenziale stipendio da geometra, da aggiungere al costo della retta e del resto», chiarisce l’economista.
Cosa sono i guadagni attesi
Per capire se i benefici saranno maggiori delle spese, dall’altra parte va inserita la differenza tra il guadagno che si stima di ottenere una volta raggiunta la posizione desiderata, e il guadagno percepito con il titolo di studioattuale o una formazione di livello inferiore. Si tratta naturalmente di una stima, che può essere fatta sulla base delle attuali condizioni del mercato, e non c’è certezza che quella differenza diventerà realtà. D’altra parte, sottolinea l’esperta, quando si parla di investimenti finanziari i ritorni sono sempre attesi, e i calcoli servono per immaginare futuri potenziali, non esistono previsioni esatte. Per farsi un’idea quanto più realistica, è consigliabile ripetere la simulazione ipotizzando vari scenari, anche per valutare se, e a quali condizioni conviene investire la somma messa a bilancio.
Non è finita, perché, come sottolinea Lusardi, nel conteggio va anche tenuto in considerazione che un euro di oggi vale più di un euro di domani, non solo perché il tasso di inflazione di domani ridurrà il potere di acquisto di quella somma, ma perché lo stesso euro può potenzialmente essere investito oggi a un determinato tasso di interesse. «I costi li sostengo oggi, anche se non sempre in un’unica soluzione, il vantaggio, invece, vale a dire l’aumento di reddito, è diluito nel tempo, e potrebbe esserlo nel corso dell’intera vita, influendo anche sulla pensione. Per queste ragioni, quando si valuta il rendimento futuro di un investimento in istruzione, non è sufficiente sommare i benefici economici nel tempo, ma andrà stimato il valore attuale di quella cifra».
La formula per calcolare il valore del denaro negli anni futuri
Per fare questo calcolo, Lusardi utilizza una formula che riparametra anno per anno il guadagno aggiuntivo ottenibile grazie alle nuove competenze, scontandolo al tasso di interesse dei titoli di Stato a lunga scadenza, nel libro utilizza il 6%, e cioè il tasso di interesse che si potrebbe ricavare ipoteticamente se quelle somme fossero investite in altro (è utile fare il calcolo con altri scenari per il tasso di interesse).
La cifra annuale, poniamo 2.000 euro in più, viene così divisa per elevato alla potenza per ogni anno di distanza. A conti fatti, 2.000 euro in più di reddito tra un anno equivalgono oggi a 1.887 euro, tra due anni il loro valore scende a 1.780, tra 15 anni cala a 835 euro. Ciò non significa che l’investimento non sia sufficientemente conveniente. «Anche se nel futuro più lontano il guadagno ulteriore sembra insignificante, se l’orizzonte temporale è, molto lungo, il beneficio calcolato su tanti anni può essere consistente», spiega la docente.
Quali scelte contano
Naturalmente, non è sufficiente accrescere le proprie competenze, perché non tutti i percorsi hanno lo stesso valore. Sui calcoli contano anche altri fattori, come la scelta del tipo di competenze o l’ente formativo a cui si rivolge. «La decisione va presa valutando diverse ipotesi, con consapevolezza. Da una parte le proprie inclinazioni e i propri talenti, dall’altra le opzioni future, cercando di delineare i possibili percorsi lavorativi, e gli scenari che si aprono. Inutile negare che una laurea in Lettere Classiche non offre le stesse chance di una laurea in una disciplina Stem. A Stanford, dove il costo dell’università per il prossimo anno accademico è stimata a più di 96.000 dollari, metà degli studenti frequentano il corso di studi in Computer science. Ma questo non vuol dire che tutti debbano diventare esperti di informatica, significa che vanno soppesate le diverse opzioni, per scegliere con consapevolezza», insiste Lusardi.
«Verificare cosa offre il mercato del lavoro è fondamentale, provare a tracciare percorsi quanto più delineati possibili, insomma farsi idee chiare». Anche la scelta dell’Ateneo ha un peso specifico notevole. «A volte il più caro è quello che offre il differenziale maggiore. Allontanarsi da casa, affrontare il sacrificio di spostarsi può aprire altre strade. Non dobbiamo considerare solo l’università o l’ente della nostra città, bensì quella di maggior qualità nella nostra specializzazione. I ranking nazionali e internazionali dei vari Atenei servono a questo».
L’importanza di programmare
Come fare fronte ai costi dell’investimento in educazione? «Come quando ci si prepara a un’altra spesa finanziaria importante come quella della casa, per esempio: programmando. Negli Usa, dove i costi di un percorso universitario arrivano a centinaia di migliaia di dollari, la programmazione inizia con la nascita dei figli. Nella pianificazione, bisognerebbe coinvolgere anche i giovani, abituarli all’idea di contribuire e accantonare qualcosa per pagarsi parte degli studi, tenendo presente l’orizzonte temporale. Anche l’idea di chiedere un prestito non va esclusa, ma ponderata, calcolando rischi e benefici, esattamente come si chiede il muto per la casa».
In Italia è stato da poco rifinanziato il “Fondo per il credito ai giovani”, che permette l’accesso a prestiti con garanzia dello Stato allo 70%.
I rischi
Come tutti gli investimenti, anche quello in istruzione comporta dei rischi, forse maggiori, perché il capitale umano non è liquido o liquidabile, non torna indietro, non si può vendere nulla. «Inoltre c’è il rischio che alla fine non si trovi il lavoro a cui si aspira, ci si specializzi in una disciplina che non ha presa sul mercato, o che nel tempo perde di valore. Molto dipenderà dalla capacità di scegliere professioni che restino richieste nel futuro, e dall’abilità nel trasformare nel corso della vita i propri talenti in qualcosa di spendibile. Sono queste variabili che vanno prese in considerazione quando si passa alla valutazione dell’investimento», dice Lusardi.
Che però avverte: «Attenzione, però. Così come ci sono i rischi dell’investire, esistono anche dei rischi nel non investire. Il mondo cambia, in fretta, ciò che sappiamo potrebbe diventare obsoleto domani; la conoscenza va tenuta al passo con i tempi. E a questo proposito, aggiungo, l’esigenza di arricchire competenze e formarne di nuove non riguarda solo i giovani, ma qualunque lavoratore in qualunque fase della carriera, in particolare ora che le prospettive di vita lavorativa si sono allungate. Anche a 50 anni hai di fronte un orizzonte temprale sufficientemente lungo che ti permette di investire in formazione. Una decisione che ti potrà dare un ritorno per tutto il resto della vita lavorativa». Benjamin Franklin aveva di certo guardato lontano.