Finalmente mi sento libera di lavorare meno

Alice Pomiato nasce e cresce in un Veneto stacanovista, dove il lavoro definisce chi sei e il tuo valore. Lei inizia a lavorare a 16 anni e per tutta la prima parte della sua vita non si ferma mai, associando spesso due o tre lavori. Nel 2018, un viaggio in Australia aiuta Alice a portare a termine l’opera di decostruzione dell’idea di lavoro con cui è venuta al mondo.

Tempo di lettura: 12 minuti

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Questa guida è realizzata in collaborazione con Banca Etica, una banca libera, indipendente e cooperativa, che finanzia solo progetti che producono impatti sociali ed ambientali positivi.

“Io sono nata in un Veneto aziendalista, stacanovista. Per tantissimi di noi, il lavoro è tutto. Abbiamo una cultura del lavoro, dei soldi veramente pervasiva. Perché il lavoro definisce chi sei. Chiaramente il lavoro è una parte molto importante di noi. Però se rischi di renderlo tutta la tua vita, ti perdi tanto altro, ti risucchia proprio. Io in Veneto questa cosa la vedo molto. L’ho vista crescendo, l’ho vista lavorandoci, l’ho vista nei miei colleghi, nelle amiche, nella famiglia…”.

Alice Pomiato, nota sui social come @Aliceful, creatrice di contenuti digitali e formatrice sui temi della sostenibilità ambientale, è riuscita a riprogrammare il peso del lavoro nella sua vita. E lo ha fatto grazie a un’altra cosa ereditata dalla sua infanzia veneta: una relazione schietta e familiare con i soldi.

Il lavoro come religione

Alice Pomiato nasce e cresce a Treviso. E per la prima parte della sua vita non fa che lavorare. «Sono stata mandata letteralmente a lavorare nell’anno in cui ho compiuto i 16 anni, perché per la mia famiglia era importante responsabilizzarmi sui soldi e farmi capire che il mio tempo valeva del denaro e quel denaro avrei dovuto decidere io come utilizzarlo».

Alice ha sempre fatto due o tre lavori contemporaneamente e oggi riconosce che il lavoro era una sorta di lente con cui stabiliva chi meritasse rispetto o meno.

«Ti faccio un esempio. Quando sono andata a vivere fuori casa, abitavo con due coinquiline. Una di queste aveva appena abbandonato l’università. Si era trovata un lavoro part time di 3-4 ore al giorno, 5 giorni a settimana, in un ristorante, a pranzo. E per il resto studiava a una scuola di naturopatia e ci teneva tantissimo al suo tempo libero. Mi diceva: “Io non voglio lavorare più di 3-4 ore al giorno perché poi sono stanca. Non riesco a fare niente, non riesco a fare yoga, non riesco a leggere, non riesco a dedicarmi alle mie passioni, non riesco a coltivare le mie relazioni”. Io ai tempi la guardavo e pensavo: “Questa non ha voglia di fare niente”. Anche perché io sono cresciuta con questo dogma del “Se non hai voglia di lavorare sei un fallito”. Io avevo due lavori, una relazione… Non riuscivo però a coltivare le mie passioni, e ogni volta la guardavo da una parte con disprezzo, ma dall’altra sentivo che lei mi stava insegnando qualcosa. E cioè che era il mio stile di vita a non andare bene».

Persino percepire l’indennità di disoccupazione, in un anno in cui tra un lavoro stagionale e l’altro ne avrebbe avuto diritto, per Alice è un’onta.

“Io mi vergognavo a chiedere la disoccupazione. Mi vergognavo profondamente. Mi dicevo che la disoccupazione la chiede chi non ha voglia di lavorare, chi non ha voglia di far niente. Ho fatto due mesi senza chiederla. Poi i miei amici mi hanno spiegato che era un mio diritto: ‘Mettili via quei soldi se proprio non li usi, ma prendili’.”

Risparmiare per le opportunità

Come dicevamo, c’è un altra eredità che Alice ha ricevuto dalla sua famiglia: la relazione con i soldi.

«La mia famiglia mi ha pagato la Triennale. Però i libri, il mangiare fuori, l’abbonamento ai mezzi, erano tutti a carico mio. Quando sono andata fuori corso di un anno, ho dovuto pagarmi la retta io stessa, più tutto il resto. Loro non mi hanno mai fatto mancare niente per le mie esigenze base. Però questo era un modo per responsabilizzarmi. Tornassi indietro, chiederei loro di essere un po’ più lascivi. Da un lato è stata una lezione importantissima, dall’altro però erano gli anni più belli della mia vita e io li ho passati a lavorare».

Quella responsabilizzazione precoce sul denaro, si traduce in una sorta di autoeducazione finanziaria. Alice pian piano inizia, senza rendersene conto, a fare una cosa di cui parlava Benjamin Disraeli, politico e scrittore di fine Ottocento. E cioè risparmiare per le opportunità.

«Da adolescente amavo spendere soldi in bigiotteria e trucchi, poi man mano ho iniziato a metterli via, perché volevo assicurarmi che nel caso avessi voluto fare un viaggio, comprare una macchina, non avrei dovuto andare a chiedere i soldi, ad esempio ai miei genitori».

Un bel giorno l’opportunità per cui ha risparmiato si presenta sotto forma di una strana combinazione astrale.

«Sono successe tutta una serie di coincidenze quell’anno. Era il 2018, avrei dovuto cambiare la mia auto perché era troppo vecchia, e in più mi scadeva il contratto di affitto a Treviso: avrei dovuto rinnovarlo di altri quattro anni. Io già mi ero messa via dei soldi. Così mi sono detta: o questi soldi li uso per rinnovare un contratto d’affitto, acquistare un’auto e rimanere qui a fare il solito lavoro oppure faccio un salto nel vuoto. Mi metto via dei soldi per un po’ e vado in Australia».

Ed è proprio quello che fa. Si cerca un secondo lavoro per ingrandire il gruzzoletto delle opportunità: «Di giorno lavoravo in agenzie di comunicazione come digital strategist e il weekend lavoravo in discoteca come guardarobiera. Ho messo via 12mila euro per andare in Australia. Una cifra che a ripensarci è veramente esagerata. Avevo paura di restare senza soldi e quindi ne ho accumulati tanti. Però per chi volesse mai partire per l’Australia con un biglietto di sola andata, 3- 4mila euro vanno più che bene».

A questo punto della storia, potremmo immaginare un’Alice terrorizzata di fronte alla prospettiva di partire all’avventura senza la cintura di sicurezza del lavoro. E invece no.

“Avevo molta più paura di trovarmi incastrata in una vita in cui non ero felice”.

«Tra l’altro era una parte del mondo, l’Australia, che tenevo d’occhio da un po’, leggevo le storie dei viaggiatori e tutti dicevano che in Australia devi solo aver voglia di lavorare, e puoi fare qualsiasi cosa. Quindi non ho mai pensato che fosse un problema trovare lavoro, infatti non lo è stato. Per i viaggiatori, l’Australia è un po’ un Eldorado. Qualsiasi viaggiatore va a lavorare un anno o due in Australia, perché lo stipendio minimo è così alto che ti permette di guadagnare bene, di mettere via soldi e di usarli per fare periodi dove semplicemente vivi senza lavorare».

La decostruzione della cultura del lavoro

Viaggiare, e ritrovarsi molto lontano da dove sono le sue radici, aiuta Alice a portare a termine l’opera di decostruzione dell’idea di lavoro con cui è venuta al mondo.

“Viaggiando conosci tante persone diverse, con stili di vita diversi. Ho incontrato persone felicissime di fare il lavoro più umile. Felici di fare l’anno sabbatico. E lì mi sono detta: ma vedi che nella vita non c’è solo il lavoro? Puoi fare tante altre cose… Quando cresci con questa cultura del lavoro, non la metti mai in discussione. Il solo modo di farlo è vedere che lì fuori qualcun altro riesce a vivere in un modo diverso e riesce a essere felice. Devi proprio vedere che qualcuno ce la sta facendo”.

Nell’ottobre del 2020 la pandemia stravolge il piano originario di Alice di trasferirsi in Nuova Zelanda. La sua fidanzata non può raggiungerla e così è lei a tornare. Vanno a vivere a Salina, nelle Eolie. Ma Alice non ci sta a ricadere nella dinamica del posto fisso. Così prende un lavoro stagionale come caposala in un ristorante.

«Ti racconto com’era la mia giornata tipo. La mattina dalle otto alle undici facevo le colazioni e poi avevo tutta la giornata libera, che trascorrevo all’ombra, in spiaggia, a fare il bagno, a leggere un libro, a dormire. Andavo a casa alle 05:30, mi facevo una doccia, mi preparavo e poi mi facevo la serata al ristorante. Per me questo era un ottimo work-life balance».

Quei lavori “umili” che ci hanno insegnato a ripudiare

Nel momento in cui Alice si permette di pensare il lavoro diversamente scopre una cosa di sé che non avrebbe mai immaginato.

«A me piaceva da morire l’idea di lavorare stagionalmente, cioè l’idea di farmi 5 o 6 mesi durissimi per mettermi via i soldi e poi altri sei mesi in cui ti puoi guardare il mondo e te lo puoi proprio gustare perché non hai l’ansia di lavorare, di fatturare, di guadagnare. Ho pensato che forse dovrei proprio mettere in discussione il mio pensiero di fare una vita da ufficio: fare la caposala in un ristorante per sei mesi, e poi per sei mesi non fare nulla, non mi dispiace».

Nonostante questa scoperta, Alice l’anno scorso, all’alba dei trent’anni, decide di abbandonare i lavori stagionali nel mondo dell’ospitalità e di tornare a occuparsi di comunicazione.

«Ho deciso di diventare freelance anche per buttarmi fuori dalla mia comfort zone e per capire come creare lavori dalle mie passioni. Questa è stata una grande sfida perché non avendo la sicurezza di un’entrata mensile e avendo tutta una serie di cose da pagare, mi ha richiesto molta più organizzazione del normale. Una cosa che ho sempre fatto è stata utilizzare una app che si chiama Money Stats, dove inserisco tutte le spese e tutte le entrate del mese. E questa cosa ti richiede un po’ di disciplina, ma ti rende libera».

Alice, insomma, riesce a proteggere l’equilibrio vita lavoro che ha conquistato negli anni precedenti, grazie alla saggezza finanziaria imparata nella sua giovinezza veneta. C’è però un’altra riflessione che comincia a fare sempre più spesso.

«Fare lavori considerati dalla nostra società molto umili ti regala una leggerezza e una libertà che sono veramente impagabili. Io, adesso, da libera professionista, devo cercare i clienti, devo contrattare, devo fatturare, tutta una serie di cose in cui mi sono dovuta ulteriormente responsabilizzare. È molto bello perché è un lavoro che senti tuo, dove puoi crescere senza avere dei capi e delle gerarchie. Benissimo, però dall’altro lato ti toglie anche tanta serenità mentale perché la tua vita privata e la tua persona si fondono con il tuo lavoro. Tu sei il tuo lavoro, a un certo punto, ed è un gioco di pesi che va bilanciato ogni volta».

“È un discorso che secondo me andrebbe aperto nella nostra società, perché siamo cresciuti con questa cosa di dover ripudiare il lavoro fisico perché non è un lavoro prestigioso. Infatti diciamo ‘braccia rubate all’agricoltura’ oppure ‘vai a pulire i cessi’ o queste cose qua. Però un lavoro fisico, nel momento in cui hai finito le tue 7-8 ore e torni a casa, hai finito e puoi pensare ad altro”.

Alice, però, non si è ancora arresa e sta provando in tutti i modi a far funzionare la sua vita da freelance.

«Una cosa che mi ha regalato questa vita è che mi permette di non dover metter la sveglia. E questo mi serve perché ho notato che se mi impongo delle sveglie, non sto bene. Difficilmente mi sveglio dopo le nove, però voglio che il mio corpo sia riposato e mi dica: “Adesso ti svegli”. E poi, quando torno a casa, cerco di farmi una passeggiata, di trovare qualche amico, di stare con la mia ragazza. Cercare di non togliere tempo a questo, lavorando troppo, per me è importante».

La scelta di dove tenere i soldi

Dopo aver vissuto alle Eolie, Alice si è trasferita a Ibiza, e ora, da qualche giorno è a Pontremoli, in Toscana. Il suo continuo girovagare ha riscritto profondamente il suo modo di vivere.

«Tra le altre cose, viaggiare mi ha reso prima vegetariana e poi vegana. Un’altra cosa che io non avevo mai messo in discussione, vivendo in un Veneto, erano il barbecue e lo spiedo. Poi ho conosciuto solo viaggiatori vegetariani e vegani, quindi ho cominciato a parlare, a capire. Se tu ti circondi sempre di persone che la pensano come te, non metterai mai in dubbio nessuno dei tuoi dogmi».

Soprattutto, Alice ha scoperto una cosa importante sui soldi.

«Quando ero in Australia seguivo diverse ecoinfluencer che parlavano di sostenibilità ed è successo, un bel giorno, che una di loro ha fatto la fatidica domanda ai suoi follower: “Ma voi lo sapete come utilizzano i vostri soldi le banche?” La maggior parte delle persone, inclusa me, è caduta dal pero. A quel punto lei ha aperto il vaso di Pandora dicendo che utilizzano i soldi dei risparmiatori per finanziare l’industria dei fossili, degli armamenti, degli allevamenti intensivi… E li è successo che tantissimi australiani hanno fatto un esodo dalle loro banche a un altro tipo di banca. Ai tempi era un qualcosa che mi aveva profondamente scosso. Ho pensato che una consapevolezza del genere può avere un impatto enorme. Io avevo i miei soldi in una banca che non era proprio tra le più ligie, era la banca che mi era stata tramandata dai miei genitori, i quali tra l’altro avevano perso 60mila euro di risparmi in seguito alla caduta di Veneto Banca, i risparmi di una vita. Poi però, quando sono tornata in Italia ho cominciato a farmi delle domande e quindi poi ho deciso di cambiare banca».

È così che Alice ha scoperto Banca Etica e ha messo lì i suoi risparmi. Oggi ancora non investe ma ha capito che saper gestire i soldi è il più grande strumento di libertà di cui dispone.

“È una grande cosa saperli amministrare bene, perché ti permette di fare con fiducia tante cose nella vita. Quando sai di avere dei risparmi da parte, ti puoi permettere di fermarti, di fare meno cose, di fare degli investimenti. E il tutto perché hai saputo amministrare bene i tuoi soldi e non li hai spesi in modo sconsiderato”.

Questa guida è stata realizzata in collaborazione con Banca Etica

Ascolta “Episodio 47: Finalmente, mi sento libera di lavorare meno” su Spreaker.

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