L’arte di proteggere i sogni
Per Camilla, disporre di un cuscinetto economico ha significato liberare la propria creatività e immaginare cosa potesse davvero renderla felice. Oggi vive in un van trasformato in casa viaggiante, condiviso con suo marito Paolo. Una scelta di libertà che non è frutto di improvvisazione, ma il risultato di una pianificazione finanziaria attenta e di compromessi concreti.
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«Non volevo più subire la dipendenza dalla mancanza di soldi. Nella mia famiglia si è sempre lavorato molto, evidentemente perché non c’erano risorse sufficienti, o comunque i redditi disponibili non bastavano a coprire le esigenze di una famiglia di cinque persone. Ogni imprevisto era in grado di mettere in crisi l’intera famiglia. Così, crescendo, mi sono detta che la priorità nella vita è avere un “backup”: una riserva che ti permette di affrontare le difficoltà con serenità».
Per Camilla, l’idea di avere un backup economico ha liberato le briglie alla fantasia. Le ha permesso di chiedersi cosa l’avrebbe resa veramente felice e di perseguirlo. Oggi vive in un van acquistato insieme a suo marito Paolo e trasformato in una casa viaggiante. Una scelta di libertà che però non nasce dall’improvvisazione, bensì da un’attenta pianificazione finanziaria e da compromessi concreti, che oggi ci racconterà.
Un’infanzia tra autonomia e sacrificio
Camilla Ragazzi ha 36 anni e lavora come consulente legale in un’azienda di software. È cresciuta a Bologna, in una famiglia che per anni ha lavorato nella ristorazione. Poi il padre ha deciso di mettersi in proprio con una ditta che riunisce vari autotrasportatori, che presto è diventata l’attività di entrambi. Nella memoria di Camilla, i primi ricordi legati al denaro non sono fatti di paghette o giochi, ma della fatica costante dei genitori e del loro senso del dovere.
«Entrambi i miei genitori lavoravano molto, ho sempre visto l’urgenza di dover contribuire per portare a casa il necessario per tutti. Io ho un fratello e una sorellina molto più piccola di me, e mi ricordo che io e mio fratello passavamo moltissimo tempo da soli. Era ancora un periodo in cui, se avevi bisogno, bastava bussare alla porta della vicina. Spesso potevamo rimanere da soli anche per interi pomeriggi dopo scuola: un amico di famiglia ci accompagnava a casa, noi facevamo i compiti e aspettavamo, a volte fino a tardi, che rientrasse uno dei due genitori».
Grazie a tutti quei sacrifici, i genitori riescono addirittura a iscriverla a una scuola privata. Ed è lì che Camilla scopre l’esistenza di diverse classi sociali.
«Confrontandomi con gli amici, soprattutto in un contesto di scuola privata, mi sono resa conto di quanto le loro situazioni familiari fossero molto diverse dalla mia. Io frequentavo la scuola privata grazie a un grande sforzo della mia famiglia, mentre l’80% dei compagni la frequentava senza particolari preoccupazioni, senza doversi impegnare per andare bene a scuola o nemmeno per andarci».
Imprevisti, giustizia e prime libertà economiche
All’ultimo anno di liceo, la vita di Camilla subisce una brusca svolta. Suo padre viene colpito da un ictus. Con lui, si ferma anche il suo camion, che era il cuore dell’attività di famiglia.
«Quando mio papà si è ammalato e non ha potuto più guidare, la nostra famiglia ha attraversato un vero momento di crisi. Non eravamo una famiglia monoreddito, perché entrambi guadagnavano, ma l’attività principale dipendeva esclusivamente da lui come autista del camion. Quando questo punto di riferimento è venuto meno, la famiglia si è trovata completamente bloccata fino a quando non ci siamo riorganizzati. Ma per un po’ c’è stato uno stop quasi totale: ho assistito alla frenesia di trovare soluzioni, di capire quale nuova attività potesse garantire un reddito sufficiente a sostenere l’intera famiglia».
Dopo sei mesi di incertezze, i genitori di Camilla rilevano un bar tabacchi e riprendono a lavorare. Nel frattempo, Camilla inizia l’Università di Giurisprudenza, spinta da un desiderio preciso e da un’intensa curiosità verso la giustizia.
«Erano gli anni di Falcone e Borsellino, e ogni anno si ricordava la strage di Capaci in modo molto più intenso di oggi. Dev’essere stata una vicenda che mi ha in qualche modo colpita profondamente, perché da lì ho deciso che volevo fare giurisprudenza».
Durante gli anni universitari, Camilla riesce a far fronte ai suoi bisogni essenziali grazie a ripetizioni e tutoraggio, mentre i genitori pagano le rette e i libri. Essere preparati agli imprevisti non è ancora una sua priorità e infatti, spende senza badare troppo al denaro.
«Per tantissimi anni, appena ricevevo dei soldi li spendevo subito. Anche quando ho avuto il mio primo lavoro e il primo stipendio, ho vissuto per molto tempo in maniera quasi consumistica. Certo, non si guadagnano stipendi d’oro all’inizio di una carriera, ma probabilmente avrei potuto gestire meglio le risorse a disposizione».
La prima lezione di educazione finanziaria
Un momento cruciale nel rapporto di Camilla con il denaro arriva durante la sua prima convivenza. Per la prima volta si trova a gestire insieme a un’altra persona le spese quotidiane.
«Lui faceva un tirocinio e guadagnava 800 euro al mese, mentre io stavo ancora svolgendo la pratica forense e sostenevo le spese con le ripetizioni. A un certo punto lui suggerì, per una gestione più attenta delle nostre finanze, di utilizzare un’applicazione che registrava tutte le spese. A fine mese facevamo i conteggi: alcune uscite venivano imputate al singolo in base al proprio stipendio, altre erano di coppia e quindi divise a metà, e ai primi del mese successivo ci regolavamo dando la differenza per bilanciare i conti».
Questa esperienza, però, le svela una verità poco raccontata, e cioè che rendicontare entrate e uscite può essere confuso con un fine invece che essere il mezzo per pianificare una gestione consapevole del denaro.
«Dopo sei anni, mi capitò una sola volta di dimenticare di registrare una cena. Non ricordavo se fosse stata in coppia o con un’amica e gli dissi di decidere lui come imputarla. La differenza era minima: 15 euro a testa se di coppia, 30 euro interamente sul mio stipendio se con l’amica. Eppure finimmo a discutere, e la cosa mi destabilizzò: va bene la pianificazione finanziaria e la chiarezza sui conti, ma a un certo punto bisogna anche andare oltre e avere una visione d’insieme».
Quando ancora sta facendo la pratica forense, Camilla tenta per la prima volta un concorso pubblico. Lo supera subito e ottiene un posto fisso.
«Indubbiamente, avere uno stipendio fisso in quel momento è stato un fattore determinante per acquisire maggiore sicurezza nelle mie capacità e per sentirmi in grado di costruirmi una vita senza temere eccessivamente gli imprevisti. In un lavoro da dipendente, e ancor più nel pubblico impiego, molti imprevisti sono gestibili — non dico facilmente, ma almeno con una certa serenità».
In quegli anni, un episodio drammatico la pone di fronte alla necessità di un upgrade delle sue conoscenze finanziarie. Il padre viene investito e Camilla riceve un consistente risarcimento assicurativo.
«All’inizio, quando ti arriva una somma di denaro, la prima domanda è: “E adesso cosa ci faccio?”, perché non sei abituato a gestire certe cifre. Poi, realizzi quanto sia importante avere un cuscinetto d’emergenza. È un consiglio che mi sento di dare a tutti, anche perché, a 36 anni, vedo molte delle mie amiche nella mia stessa situazione: hanno messo da parte qualcosa, ma non sanno come gestirlo, e l’incertezza spesso porta a spenderlo».
«Per questo abbiamo costruito un portafoglio. Ho spiegato al gestore patrimoniale che non sapevo quando e quanto mi sarebbero serviti quei soldi, perché non mi ero mai trovata prima con quella disponibilità. Lui, in maniera molto professionale, mi ha suggerito di destinare una parte a strumenti che, in caso di disinvestimento, non comportassero perdite né costi, così da avere un margine di sicurezza in un orizzonte di due, tre, quattro anni — il tempo di capire se e quando mi sarebbero serviti; il resto, di allocarlo in un portafoglio bilanciato».
Il cambio di rotta
Dopo diversi anni passati a lavorare nel pubblico, a cavallo tra l’Università di Bologna e la Regione Emilia-Romagna, Camilla decide di prendersi un anno di aspettativa per prepararsi all’esame di magistratura, una sfida notoriamente dura e selettiva.
«Si iscrivono circa 8.000 persone, di cui circa 6.000 si presentano alle prove, e al massimo 5.000 consegnano il tema. Le commissioni quasi mai riescono a coprire tutti e 300 i posti messi a bando».
L’anno in cui Camilla fa lo scritto, il concorso di magistratura finisce travolto dalle polemiche.
«La commissione si inalberò e fece dichiarazioni ai giornali, sostenendo che, se i candidati erano incapaci o non sapevano scrivere, non era certo colpa loro. In quel momento ho capito che non era il mondo che faceva per me: esperti di diritto che arrivano a insultare 5.000 persone che hanno studiato almeno sei anni, molti dieci o dodici, e alcuni che hanno persino esercitato la professione per quindici anni prima di tentare il concorso. Mi sono detta che non potevo accettarlo, che non volevo farne parte, e da lì ci ho messo una pietra sopra».
Un nuovo progetto di vita
Intanto, durante quegli anni, Camilla conosce Paolo e iniziano una relazione. Lui ha già due figli adolescenti da sostenere.
«A volte, a fine mese, mi sembrava che facesse i salti mortali per far quadrare i conti. Notavo alcune preoccupazioni, certi atteggiamenti… e spesso vedevo movimenti di denaro dalla carta di credito al conto corrente. E per me quello è sempre un campanello d’allarme: se per coprire le spese sul conto devi attingere alla carta di credito, significa che da qualche parte qualcosa non sta funzionando».
Man mano che il loro rapporto cresce, Camilla allarga l’idea di cura anche alla gestione delle risorse economiche.
«Ormai stavamo insieme da un po’ e gli dissi di guardare insieme la situazione. Ci siamo accorti che aveva alcuni prestiti in corso da molti anni e, ovviamente, la somma di tante rate non è mai efficiente come una rata unica. Così lo portai a rinegoziare i prestiti personali — il mutuo rimaneva a parte, perché è un capitolo a sé — e da lì abbiamo cominciato a rimettere un po’ in ordine anche le sue finanze, costruendo un percorso verso una maggiore serenità».
Camilla e Paolo condividono una grande passione: i viaggi
«Abbiamo fatto il nostro primo viaggio con un minivan in cui non si riusciva nemmeno a stare in piedi. Era la classica vacanza di tre settimane in Spagna: costume, mare, una doccia veloce, due cose cucinate al volo e poi a letto. Ci è piaciuto tantissimo, e da lì è nata la voglia di vedere il mondo, incontrare persone, ascoltare storie, scoprire i progetti di vita degli altri. Cose che, spesso, non puoi davvero fare se resti chiuso in un ufficio otto ore al giorno».
L’inizio della pianificazione finanziaria
E così, quel desiderio silenzioso prende forma lentamente: comprare un van, trasformarlo in una casa su ruote e partire per strade sempre nuove.
«E a un certo punto abbiamo deciso: perché non farlo per un bel po’? Non per sempre, ma finché ci va, finché troviamo un posto che vogliamo chiamare casa, un posto che ci piace e dove ci vogliamo fermare per un po’».
A quel punto, inizia una vera pianificazione finanziaria: Camilla e Paolo fanno ordine nelle risorse disponibili, Camilla trova un lavoro da remoto che rende possibile vivere in movimento, mentre Paolo lascia il suo impiego.
«Abbiamo iniziato facendo un inventario dei nostri asset: la casa, che pur con il mutuo restava comunque una proprietà da cui ricavare valore, i risparmi accumulati e, considerando i 30 anni di lavoro di Paolo, le risorse su cui potevamo contare per i prossimi anni. Una volta chiarito questo quadro, abbiamo iniziato a pianificare le tempistiche: abbiamo svuotato la casa, adottato uno stile di vita minimalista, venduto molte cose, regalato altre e, infine, messo l’abitazione in affitto».
In questo snodo della sua vita, per Camilla la priorità è proteggere il loro progetto. Per questo, anche la sua idea di cuscinetto d’emergenza inizia a evolvere: non è più solo il fondo a cui attingere nei momenti difficili, ma diventa la garanzia per poter continuare a vivere secondo i propri desideri.
«Man mano che accumulavamo qualche risparmio, cercavamo di capire se esistesse un modo più efficiente della semplice liquidità sul conto corrente per conservarli, pur mantenendoli disponibili per eventuali imprevisti. Ad esempio, io lavoro completamente da remoto: se domani dovessi restare senza lavoro, non sarei disposta ad accettare subito un impiego ibrido o in presenza; mi dovrei riorganizzare, capire se è quello che voglio fare, e valutare una serie di circostanze. Sapere di avere un cuscinetto ti dà la sicurezza necessaria per portare avanti davvero un progetto».
Camilla e Paolo hanno iniziato a investire i loro risparmi in conti deposito.
«Ormai esistono diverse tipologie di strumenti: non vincolati, vincolati, sei mesi, dodici mesi, ecc., offerti da varie banche. Quello che facciamo di tanto in tanto è verificare se qualche istituto offre interessi leggermente più alti».
Da quasi due anni Camilla e Paolo vivono viaggiando e raccontano le loro esperienze su KeepDreaming, il canale YouTube e la pagina social che hanno creato. Nel frattempo, il rapporto di Camilla con il denaro si è fatto più fluido, fino a raggiungere il nucleo del suo equilibrio personale.
«L’unica regola che seguo è pagare prima me stessa: metto da parte una somma iniziale e poi, senza regole troppo rigide, decido come allocare il resto tra bisogni primari, piaceri, hobby e altre spese».