Come trovare un buon consulente finanziario

Abbiamo già parlato di come arrivare preparati all’incontro con il consulente finanziario. Ma come si fa a scegliere il professionista giusto? Se fino a qualche tempo fa il quesito riguardava solo chi aveva grandi patrimoni da investire, oggi le cose sono cambiate: grazie ai nuovi strumenti e ai nuovi canali, chiunque di noi può investire anche piccole somme di denaro, persino 50 euro al mese.

Tempo di lettura: 8 minuti

Giorgia Nardelli
Giorgia Nardelli

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Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.

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Abbiamo già parlato di come arrivare preparati all’incontro con il consulente finanziario. Ma come scegliere il professionista giusto? Se fino a qualche tempo fa il quesito riguardava solo chi aveva grandi patrimoni da investire, oggi le cose sono cambiate: grazie ai nuovi strumenti e ai nuovi canali, chiunque di noi può investire anche piccole somme di denaro, persino 50 euro al mese. A chi non è capitato, negli ultimi due o tre anni, di ricevere la telefonata di un funzionario della propria banca, che lo invitava ad andare in filiale per un’analisi della propria situazione finanziaria? Oppure di leggere pubblicità di servizi di consulenza indipendente, anche online, o di rispondere a telefonate dove operatori di telemarketing suggerivano di investire in criptovalute o in azioni di questa o di quella azienda? Abbiamo chiesto a un esperto come capire di chi fidarci.

Perché affidarsi a un consulente finanziario

È la domanda che si fanno in tanti, e lo conferma anche l’ultimo rapporto Consob sugli investimenti delle famiglie italiane. Secondo il report solo un risparmiatore su 5 (il 26%) ha fatto questa scelta, un altro 24% dichiara di decidere in autonomia e il 45% preferisce seguire i consigli di parenti e amici. Tra i motivi che fanno cadere la scelta su queste due opzioni, nel 19% dei casi c’è una mancanza di fiducia. Eppure un valore aggiunto c’è, se si trova il professionista giusto, come spiega Alessandro Paralupi, direttore generale di Ocf, l’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari. «Ho fatto un esperimento: mi sono rivolto all’intelligenza artificiale e ho provato a chiedere a Chat Gpt come investire bene i miei soldi. La prima cosa che mi ha risposto è di affidarmi a un consulente finanziario, poi ha proseguito elencando una serie di consigli generici. Sono consigli utili, certo, ma il consulente fa un altro lavoro, ti aiuta a investire il tuo denaro per raggiungere i tuoi obiettivi. Se è qualificato, ti disegna un vestito su misura, in base a come sei tu, alla tua situazione economica e ai tuoi orizzonti temporali. Tra l’altro, oggi non serve avere grandi somme per farsi assistere da un consulente. Si può iniziare anche destinando poche centinaia di euro al mese».

La differenza tra il consulente dipendente e indipendente

Esistono due tipologie di consulenti finanziari, quelli autonomi e coloro che lavorano per una banca o una società di gestione del risparmio. Li troviamo dunque presso società specializzate (alcuni fanno consulenza digitale), o in banca. Molti si chiedono quanto costi la consulenza finanziaria. È bene sapere che in nessun caso è gratuita. Se ci affidiamo a un professionista indipendente siamo noi a pagargli direttamente la parcella, che può essere fissa o variare a seconda del patrimonio. Nel secondo caso, invece, il consulente viene remunerato dalla società per cui lavora, per esempio la banca, ma siamo sempre noi, indirettamente, a pagare il servizio attraverso specifiche commissioni che vengono applicate sull’investimento, come le commissioni di sottoscrizione e di distribuzione. Anche per questo, il consiglio è di domandare sempre se e a quanto ammontano i costi del prodotto che stiamo sottoscrivendo, facendo dei confronti tra più alternative. A distanza di anni, mezzo punto percentuale in più può fare una bella differenza sul rendimento finale.

Cos’è l’Albo unico dei consulenti finanziari

Consiglio scontato ma non troppo: prima di mettere i tuoi risparmi nelle mani di qualcuno è bene verificare che questi sia iscritto all’Albo unico dei consulenti finanziari. Purtroppo, solo il 39% degli italiani, secondo il report Consob, sa dell’esistenza dell’albo, ma lavorare con un intermediario iscritto ti dà la garanzia che chi hai di fronte abbia ricevuto un’adeguata preparazione. Anche perché in caso di violazioni potrai segnarlo all’organismo di vigilanza dei consulenti. «Purtroppo, non sempre chi si propone è un professionista iscritto all’albo, a volte si tratta di persone alle dipendenze di società estere, altre di veri e propri truffatori», spiega Alessandro Paralupi. «Prendiamo il caso dei sedicenti consulenti che ti chiamano sul cellulare, proponendo occasioni “imperdibili”. A me personalmente è capitato di ricevere la telefonata di un tizio che mi proponeva di acquistare azioni Amazon. Peccato che Amazon abbia espressamente disconosciuto questi  soggetti, e che si tratti di un tentativo di phishing, che ha lo scopo di rubare dati personali e forse anche i nostri risparmi».

Come riconoscere un buon consulente:

  1. Dalle domande che fa

«Il bravo professionista non è chi parte dai prodotti, o chi esordisce con frasi come: “ho questo buon Fondo”, ma chi parte dal cliente», dice Paralupi. «Non per caso, dal 2016 la dicitura “promotore finanziario” è stata sostituita con consulente, cioè colui che ragiona sulla base delle esigenze del cliente». Facciamo un passo indietro: come sa chi si è già avvicinato al mondo degli investimenti, per investire anche una piccola somma di denaro è necessario compilare il questionario per la valutazione di adeguatezza previsto dalle direttive europee Mifid. È un passaggio fondamentale perché il cliente direzioni le sue scelte su prodotti in linea con la propria situazione economica, le proprie conoscenze, l’esperienza e la propensione al rischio. In questa fase,  il consulente dovrebbe essere parte attiva, indagando per conoscere più a fondo il risparmiatore. «Più domande porrà, più sarà in grado di proporre prodotti adeguati alla situazione e ai bisogni. Anche per questo, da parte del cliente deve esserci la volontà di condividere informazioni personali, e superare certi tabù. Al di là delle domande standard, è bene che l’intermediario sappia quali sono le entrate annue, o la situazione familiare, i progetti per figli, ecc. Se sei in procinto di chiudere una convivenza, questo avrà un impatto non indifferente sulle tue finanze, e nella scelta degli investimenti da proporre ne va tenuto conto».

  1. Dai prodotti che offre

Come abbiamo già accennato sopra, è importante che il cliente sappia a quanto ammontano costi e commissioni dei prodotti proposti, e se la gamma è sufficientemente ampia.

In passato si è parlato spesso del fatto che dipendenti di istituti bancari, tendessero a “piazzare” prodotti della banca o di società collegate, non sempre vantaggiosi in termini di costi per il cliente. «Va però chiarito che lo scenario è notevolmente cambiato negli ultimi anni», spiega Alessandro Paralupi. «Grazie al nostro osservatorio di vigilanza abbiamo potuto verificare che a livello generale si è capito quanto non sia tanto importante collocare prodotti da cui si ricavano commissioni più alte, bensì soluzioni più vantaggiose per il cliente, che è diventato il vero valore aggiunto. Si è innescata una dinamica concorrenziale tale per cui chi fa consulenza, banche incluse, punta a tenere stretto a sé il cliente, anche vendendogli un prodotto con profilo commissionale più basso, dunque meno remunerativo. Oggi le banche, più che a proporre i propri, tendono a selezionare i migliori sul mercato. Ciò non toglie che l’intermediario ha il compito di illustrare con trasparenza costi e commissioni, così che il cliente possa decidere con consapevolezza. La trasparenza è fondamentale».

  1. Dalle informazioni che fornisce

Il professionista dovrebbe incoraggiare il risparmiatore a un approccio ragionato alle decisioni e un uso responsabile del proprio patrimonio. «Tra gi obblighi di chi lavora in questo settore c’è anche quello di fare educazione finanziaria, dunque non limitarsi alle informazioni sugli aspetti formali, come costo o rendimento di un fondo, ma invitare il risparmiatore a ragionare sul rapporto rischio rendimento, sui suoi orizzonti temporali. «Chiedersi, dunque: “questo prodotto è adatto a me?”», spiega Paralupi. «Inoltre, bisognerebbe assicurarsi che cliente sia conscio del tipo di investimento che sta facendo. Oggi il vero rischio dei piccoli risparmiatori è l’overconfidence, l’atteggiamento secondo cui si crede di avere capito, ma non si ha compreso del tutto su cosa si sta investendo, o si danno molte cose per scontate». Secondo la Consob questo fenomeno interessa  il 20% degli investitori italiani.

  1. Dal fatto che ti aiuta a diversificare

“Non puntare tutti i propri risparmi su un unico cavallo, ma suddividerli in diversi panieri”, è una delle regole d’oro della finanza: il rischio va diluito spalmando il patrimonio in più settori, aree geografiche, tipologie di investimento, così da potere controbilanciare eventuali perdite. E il consulente si deve preoccupare di questo. «Oggi è più semplice, perché esistono strumenti come i fondi di investimento, che consentono di diversificare anche a chi ha piccoli patrimoni, in quanto contengono già nel loro paniere più prodotti di verso tipo», spiega il direttore dell’Ocf.

  1. Dalla disponibilità

Anche dopo avere preso le tue decisioni, chi ti assiste dovrebbe rimanere a disposizione e aiutarti a cambiare rotta in caso di necessità. Per questo, un consiglio da tenere a mente è di informarsi prima ancora di chiudere il contratto per capire se il professionista sarà reperibile anche in futuro e con quali modalità, oppure chiedendo se è possibile una valutazione periodica del patrimonio investito. «Se la propria situazione personale cambia, o a mutare è il mercato, il proprio portafoglio va adattato», dice Paralupi. «Oggi grazie alle nuove tecnologie gli investitori sono in grado di seguire da sé l’andamento degli investimenti, ma vanno avvisati dell’opportunità di contattare il consulente ogni qual volta è utile, a intervalli regolari, o in prossimità della scadenza».

La frase che il consulente non deve dire mai

“Questo prodotto dà alti rendimenti e non ha rischi”. «Il prodotto a rischio zero non esiste. Chi desidera avere alti ricavi deve rischiare. Inoltre, se il tuo patrimonio è contenuto, la tua propensione al rischio è è bassa, l’intermediario è tenuto a indirizzarti verso investimenti poco rischiosi,  quindi a rendimento contenuto. Lo stesso se hai un’ottica di breve periodo», conclude l’esperto.

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