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Gli italiani amano i Btp, ma convengono davvero?

Durante l’ultimo collocamento ne sono stati acquistati per quasi 9 miliardi. I Btp piacciono sempre di più agli italiani, anche se non offrono certo rendimenti da capogiro. Ma come mai i piccoli risparmiatori continuano a comprare titoli di Stato italiano? E a chi convengono davvero?

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Btp

In pochi giorni, l’ultima raccolta del nuovo Btp Italia ha totalizzato quasi 8,8 miliardi di euro, la maggior parte dei quali acquistati da piccoli investitori. La fotografia è chiara: gli italiani continuano a investire volentieri nei titoli di Stato, specie Buoni del tesoro poliennali, in particolare quando offrono protezione contro l’inflazione e rendimenti sicuri, anche se non da capogiro. Un dato la dice lunga: nel corso della prima fase del collocamento dei Btp Italia, dedicata a investitori individuali e affini, il taglio medio dei contratti è risultato pari a 34.363 euro un successo. Ma il successo del collocamento equivale davvero a convenienza per il risparmiatore medio?

Il nuovo Btp Italia: rendimenti, premi, caratteristiche

I dati, per cominciare: il Btp Italia di fine maggio 2025 ha fissato un tasso annuo reale dell’1,85%, al netto dell’inflazione reale, che restituirà cedole semestrali, e un premio fedeltà dell’1% per chi detiene il titolo fino alla scadenza del 2032. Quello precedente, il Btp valore collocato dal 6 al 10 maggio, offriva un rendimento del 3,35 % per i primi tre anni, per salire al 3,90 dal quarto al sesto anni, con un premio finale extra dello 0,8%. Il primo titolo protegge dunque il risparmiatore dall’inflazione, anche se i rendimenti netti sono contenuti, e lo rende appetibile soprattutto per chi teme l’erosione del potere d’acquisto; il secondo ha rendimenti leggermente più alti, con la garanzia del capitale. In entrambi i casi, per arrivare a ottenere i premi extra dell’1% e dello 0,8% è necessario vincolare i propri risparmi per molti anni.

Chi compra i Btp oggi? L’identikit del risparmiatore

Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a investire oggi in titoli italiani sono soprattutto piccoli e medi risparmiatori sopra i 55 anni, residenti il più delle volte nel Centro-Nord Italia, che praticano un investimento medio sopra i 20.000 euro. Chi sceglie questi prodotti è tipicamente un investitore prudente, che desidera proteggere il proprio capitale e ottenere un rendimento pari o superiore a quello dei conti deposito, senza avventurarsi in investimenti finanziari complicati, costosi e a volte rischiosi. L’affezione insomma resta, nonostante il calo dei rendimenti dei Btp, ormai lontanissimi da quelli dei favolosi anni ’80 e ’90, ma a ben guardare c’è anche un’altra tendenza che spinge gli investitori a puntare su questi prodotti.

Come abbiamo già scritto su Rame esiste un pregiudizio di fondo che condiziona le scelte di investimento di molti piccoli risparmiatori, e che ha il nome di home bias, la distorsione secondo cui investitori poco esperti prediligono i titoli domestici, perché considerati più familiari, vicini, sicuri. Dopotutto nel triennio 2022-2024, come rivela l’ultimo report di Bankitalia, le famiglie hanno ripreso a effettuare consistenti acquisti netti di obbligazioni pubbliche, su 262 miliardi di bond acquistati, la quota dei titoli italiani è di 196 miliardi.

Convenienti sì o no?

Impossibile rispondere a questa domanda, perché la convenienza di ogni prodotto va valutata in base ai propri obiettivi finanziari e ad altri fattori personali. Ci sono però alcuni dati che vanno messi in fila: intanto, salvo fallimento dello Stato italiano, i Btp garantiscono cedole semestrali e la restituzione del capitale alla scadenza più eventuale premio fedeltà. Il guadagno, anche se contenuto, è assicurato salvo disastri di dimensioni globali. La tassazione sui titoli è agevolata al 12,5%, il che rispetto agli altri prodotti finanziari fa sì che si ottenga un rendimento ulteriore , anche se minimo (i prodotti finanziari sono tassati al 26%). Infine non ci sono costi di entrata, se i titoli vengono acquistati al momento della collocazione.

Uscire prima? Non sempre è un affare

Esistono però anche degli svantaggi, il primo è il rendimento contenuto, che tra l’altro nel caso del Btp Italia, scende ulteriormente in caso di calo dell’inflazione, perché agganciato appunto al costo della vita. C’è poi il tema della flessibilità: non tutti i piccoli investitori riflettono sul fatto che in caso di bisogno di liquidità, il titolo di Stato andrà venduto sul mercato secondario. L’operazione è di per sé semplicissima ma il prezzo di mercato potrebbe essere diverso da quello di acquisto. I Btp sono infatti quotati sul Mot, il Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato, e hanno un’alta volatilità: con l’aumentare dei tassi di interesse sul mercato, il loro valore sul mercato secondario diminuisce.

Di conseguenza, chi ha necessità di smobilizzare il titolo in un momento in cui i tassi di interesse sono elevati, dovrà vendere a un prezzo inferiore rispetto al valore nominale, cancellando i benefici della cedola e rinunciando al premio fedeltà – lo spieghiamo anche qui. Come ha fatto notare il professor Enrico Maria Cervellati, docente di economia comportamentale in questo podcast del Sole24ore, il più delle volte l’investitore medio non è interessato dall’andamento del prezzo del Btp, perché lo ha acquistato con l’intenzione di portarlo fino a scadenza e comunque considerandolo un titolo dal rendimento assicurato. Chi ha dovuto vendere con anticipo, però, spesso ci ha rimesso qualcosa. 

Come interpretare il Btp

Come interpretare dunque questo prodotto finanziario? Secondo molti analisti,  il Btp va visto non tanto come strumento di investimento per accrescere il capitale, ma come un mezzo di difesa patrimoniale, indicato per investitori prudenti, che cercano stabilità e riparo dall’inflazione. Se l’idea è quella di trarre profitto dai propri risparmi, meglio inserire questa formula all’interno di una strategia diversificata, sapendo anche che, riversando i propri risparmi in titoli a basso rendimento, si paga il cosiddetto “costo opportunità”. Cosa significa? Accettare un rendimento del 2-3% per diversi anni, senza poter ribilanciare dinamicamente il portafoglio, significa congelare il capitale e rinunciare a occasioni più redditizie in momenti di mercato favorevoli.

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