Investire da soli in Etf? Si può, ecco come
Si può investire da soli? E come ci smuove tra gli Etf? In questa guida proviamo a dare qualche pillola di base con un esperto divulgatore. Che per prima cosa dice: partite da voi, lasciate la pancia e usate il cervello.
Tempo di lettura: 11 minuti
di Giorgia Nardelli
Giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale.
Quante volte ce lo siamo chiesti, ascoltando un esperto parlare di Etf, o di come puntare su asset redditizi? Investire da soli, sapersi muovere tra i mercati nel modo giusto, sapendo cosa si sta facendo, è il desiderio di ogni piccolo risparmiatore. La paura, però, e anche una buona dose di ignoranza, ci frenano. «Si teme giustamente di sbagliare e di perdere dei soldi, e tutto questo è umano e comprensibile. Investire in autonomia, però, si può, a patto di avere almeno delle conoscenza di base», spiega Riccardo Spada, divulgatore finanziario tra i più seguiti in Italia.
Laurea in filosofia, MbA al Politecnico di Milano, una lunga esperienza nelle multinazionali nel settore delle risorse umane, con il suo “The Bull” Spada è oggi uno dei podcaster di finanza personale più seguiti in Italia, e ha da poco pubblicato per Rizzoli “Investire senza dubbi“, un manuale che parla al risparmiatore medio, per spiegare con parole facili i meccanismi della finanza, le nozioni indispensabili per orientarsi meglio, le trappole psicologiche che troppo spesso ci condizionano e ci portano a sbagliare.
Il nodo vero, secondo lui, è lì, nelle conoscenze di base. «È un po’ come la patente. Quando compiamo 18 anni studiamo per qualche mese per imparare il codice della strada e saper manovrare un veicolo. Anche con i risparmi dovremmo prenderci un po’ di tempo per apprendere le basi, perché fa davvero la differenza. Ovviamente ci sono tanti livelli di competenza, ma per gestire piccoli patrimoni con accortezza sono sufficienti buonsenso, consapevolezza e alcune importanti nozioni». Da cosa cominciare? Ce lo spiega qui.
Prima di partire, le tre domande chiave
Il primo errore in cui puntualmente cadiamo, dice Spada, è quello di concentrarci sul prodotto anziché su di noi. «Prima di decidere come investire da soli, dovremmo ragionare innanzi tutto sui nostri obiettivi finanziari, e cioè sul perché vogliamo farlo, con quale scopo, per poi analizzare il patrimonio, i debiti, le esigenze, nonché il livello di rischio che intendiamo assumerci, e il rendimento che vorremmo portare a casa», spiega l’esperto.
«Solo incasellando tutti i pezzi potremo passare a comporre il nostro portafoglio, e cioè decidere dove allocare le risorse. La vera questione è chiarire di cosa abbiamo bisogno e quanta parte dei nostri risparmi collocheremo su prodotti più redditizi ma più rischiosi, tipicamente quelli azionari, e quanto dovremo invece dirottare verso asset più conservativi». Semplificando, sono tre le domande da farsi:
- Quanto rischio sono disposto a tollerare, sapendo che rischio e rendimento sono direttamente proporzionali. «Le azioni possono andare giù, anche di tanto e velocemente. Nel 2008-2009 il mercato azionario globale ha perso quasi il 60% del suo valore, poi certo è tornato su, ma in quella fase il calo è stato verticale», spiega Spada.
- Dove posiziono i miei obiettivi temporali, tra 1, 5, 20 anni, ecc. «Se l’obiettivo è 5 anni, dovrò avere la ragionevole certezza che buona parte del mio capitale sia al riparo da oscillazioni improvvise. Se l’asticella è a 15-20 anni il discorso cambia, perché qualunque cosa accada nel frattempo, avrò avuto con molta probabilità il tempo di recuperare».
- Quanto rischio devo prendermi, nel senso degli obiettivi. «Partendo dal capitale di partenza, sulla base del mio patrimonio dovrei poter stabilire quanto mi serve per raggiungere i miei target. Se non ho l’esigenza di far crescere i risparmi, ma solo di proteggermi dall’inflazione, posso guardare a prodotti con un rendimento medio basso, senza prendermi rischi inutili».
Perché gli Etf “vincono” sempre sui fondi tradizionali
La maggior parte dei consulenti finanziari indipendenti suggerisce di investire i propri risparmi in Etf (Exchange traded funds), fondi di investimento a gestione passiva che “replicano” l’andamento di alcuni mercati. Cosa sono gli Etf lo spieghiamo qui, ma chiariamoci meglio le idee su come dovremmo intendere questi strumenti. «Non parliamo di un prodotto finanziario, ma di un modo attraverso cui investire, una scatola dentro la quale possono esserci tante cose», precisa Spada.
«A differenza dei fondi tradizionali, venduti da banche e compagnie assicurate, gli Etf sono quotati in borsa, chiunque abbia un conto titoli può comprarli e venderli direttamente sulle piattaforme di trading o via home banking, senza intermediari. Il loro andamento dipenderà dai titoli contenuti, che possono essere azionari, obbligazionari, per esempio, ma al di là di questo, hanno vantaggio enorme di essere economici. Se infatti nei fondi tradizionali c’è qualcuno che sceglie in maniera attiva quali titoli mettere dentro la “scatola”, gli Etf replicano fedelmente l’andamento di determinati indici, perché contengono frazioni di quegli stessi asset nella stessa misura».
«La gestione attiva comporta costi anche di venti volte superiori, e si è visto che in media non è in grado di generare sufficiente rendimento supplementare da compensare il dislivello di costi rispetto a un Etf che investe nell’indice di riferimento. Alcuni fondi ci riescono, ma sui grandi numeri, a fronte di un 10% di fondi che rende guadagni sufficienti, il restante 90% perde».
Come scelgo l’Etf , i costi
Solo sul mercato italiano sono collocati più di 2.000 Etf, un’enormità. «La differenza la faranno gli asset su cui decidi di puntare, se azioni, obbligazioni, o altro, e dunque come decido di comporre il mio portafoglio. È una scelta che va fatta con molta cura, ed è la decisione principale da prendere, perché da quella dipenderanno i rendimenti o eventuali le perdite», avverte l’esperto. «Poniamo che io abbia stabilito che il mio portafoglio sarà per il 60% azionario e per il 40% obbligazionario, a quel punto il primo discrimine lo farà il prezzo degli Etf. Spesso i broker lanciano offerte vantaggiosissime sugli Etf, e vale la pena tenerle in considerazione», dice Spada.
Detto questo, dobbiamo considerare che benché siano fino a 20 volte più economici dei fondi tradizionali, anche tra gli Etf ci sono differenze di costi. Il consiglio che Spada dà nel suo libro a questo proposito, come regola di base, specie se si scelgono Etf che replicano indici più generali, è di orientarsi su quelli che hanno un Ter non superiore allo 0,20%, dove Ter sta per Total expense ratio, l’indicatore sintetico del costo annuo dell’Etf.
Etf azionari e obbligazionari
Ci sono poi alcune linee di indirizzo che generalmente il risparmiatore non troppo esperto che vuole investire da solo può seguire per sentirsi più tranquillo. Nella scelta degli Etf in obbligazioni, per esempio, la linea generale è quella di tendere a dare maggiore peso a strumenti che contengono obbligazioni in valuta domestica, euro nel nostro caso. È un modo per evitare che un cambio di valuta sfavorevole corroda il rendimento, e dunque per evitare sorprese. Un investitore più dinamico saprà invece scegliere di volta in volta, a seconda dei casi.
Quanto agli Etf azionari, l’indicazione di massima per i meno navigati, l’indicazione che arriva da Spada è di guardare agli indici azionari globali. Tradotto, significa scegliere Etf che replicano fedelmente l’andamento di indici globali come l’Ftse All World, che rappresenta le azioni di più di 4.000 società medio grandi di 47 Paesi, o l’Msci World, che replica l’andamento delle azioni di oltre 1.500 società a grande capitalizzazione di 23 Paesi sviluppati.
I criteri per una scelta serena
«Investire sul mercato azionario globale significa scommettere sull’andamento generale del mercato, anziché su un singolo settore o tema, come le rinnovabili, l’intelligenza artificiale, che potrebbero crescere moltissimo, oppure fare l’esatto contrario. È come comprare un pezzettino di tutte le azioni di quel mercato, sapendo che nel lungo termine – è una regola della finanza – il mercato tende a crescere. Questo ovviamente non vuol dire che il tuo capitale crescerà sempre in maniera lineare, perché anche il mercato ha le sue fluttuazioni, solitamente si alternano 3 – 4 anni positivi con uno negativo. Tuttavia con un orizzonte lungo è molto probabile che il tuo rendimento atteso sia significativamente positivo», suggerisce l’esperto.
Tra l’altro gli Etf azionari che replicano i grossi indici hanno costi ben più bassi rispetto agli altri, e sono anche i più liquidi, quelli cioè che possono essere rivenduti con maggiore facilità. Lo spread medio (differenza tra prezzo offerto in acquisto e quello di vendita, indicatore per valutare la liquidabilità di uno strumento) supera difficilmente lo 0,2%.
Il rischio azionario
Un altro vantaggio degli Etf, è che ti permettono di puntare contemporaneamente su migliaia di titoli senza dovere investire cifre importanti, perché come abbiamo scritto replicano indici, e sottoscrivendoli compri microfrazioni dei titoli, replicando le performance di centinaia di migliaia di azioni, obbligazioni o altri asset. In sostanza, ti consentono di diversificare riducendo il rischio, ma se il tuo portafoglio è composto perlopiù da Etf azionari, dovrai comunque fare i conti con il rischio azionario.
Spiega Spada: «Facciamo un passo indietro e distinguiamo tra due tipologie di rischio. Il rischio specifico è quello che corro investendo tutti i miei risparmi sulle azioni di una singola azienda. Se quell’azienda andrà male, questo comporterà per me una perdita. Con gli Etf questo rischio viene minimizzato al massimo, perché mi danno la possibilità di investire anche un capitale piccolo in un intero indice. Resta però il rischio sistematico dell’asset class. Se sono Etf azionari, subiranno fluttuazioni importanti e nessuno potrà prevedere cosa succederà nel breve termine. Certo, se hai una particolare visione e senti di avere avuto l’intuizione del secolo puoi azzardare, ma accollandoti la responsabilità del rischio che stai correndo».
Etf in Oro e materie prime, si o no?
Nella composizione del portafoglio, specie se investiamo da soli, potremmo essere tentati di dirottare un po’ di risorse su oro o altre materie prime. Come muoverci? «L‘oro merita un discorso a parte, perché ha logiche proprie, si comporta in maniera indipendente rispetto alle altre materie prime ed è considerato soprattutto una riserva di valore. Ultimamente, poi, viene acquistato dalle banche centrali e da chi si vuole in un certo senso “dedollarizzare”: in altre parole si compra oro per avere riserve indipendenti al dollaro. Parliamo quindi di un asset a sé stante che ha una sua valenza, averne una piccola parte nel portafoglio diversificato non è una cattiva idea», spiega Spada.
Diverso è il discorso per le altre materie prime, come petrolio, rame, argento, che invece sono più legate ai cicli dell’economia, in quanto vengono utilizzate in ambito industriale. «Quando compriamo azioni e obbligazioni abbiamo un rendimento atteso, perché con le prime acquistiamo titoli di un’azienda scommettendo che cresca il suo valore, con le seconde prestiamo denaro a un soggetto che ci corrisponderà in cambio delle cedole. Il rendimento delle materie prime si basa invece su una logica di domanda: il loro valore aumenta o diminuisce in base a contesto. Di conseguenza, posso puntare su una determinata materia prima se penso che ci sarà un evento o una congiuntura, uno shock geopolitico che ne farà schizzare il valore, ma in linea generale, quella sulle materie prime è una scommessa rischiosa, da professionista».
Il rendimento atteso
A questo proposito, vale la pena soffermarci sul tema del rendimento, altro tema che genera falsi miti e credenze. Siamo convinti che per stimare il rendimento atteso di un asset si debbano “leggere” le performance di un titolo o di un fondo degli ultimi dieci anni. In realtà, spiega il podcaster, il passato non può dirci nulla sul futuro. «Prendiamo la situazione attuale. Negli ultimi 15 anni, tra alti e bassi, il mercato azionario è andato benissimo, quello americano ha registrato una crescita immensa. Il problema è che gli investitori tendono a pensare che negli ultimi tre lustri è andata così, continuerà a farlo per i prossimi 15 anni».
«La storia dei mercati è però fatta di alternanza tra cicli positivi e cicli negativi, e questi ultimi arrivano proprio nei momenti in cui aumenta l’ottimismo. I mercati non possono aumentare all’infinito, se così fosse dovrebbe esserci qualcuno che sia sempre disposto a pagare qualcosa a un prezzo più alto, ma a un certo punto, qualunque sia il settore, questo processo di arresta, e si ha una regressione verso il basso. Al contrario, quanto i mercati sono molto bassi non possono che tendere a salire con il tempo, ragione per cui è quello il migliore momento per investire. Oggi non sappiamo quando ci sarà un’inversione di tendenza, se l’anno prossimo i mercati andranno bene o male, ma possiamo dire che per i prossimi dieci anni è probabile che i rendimenti saranno più bassi rispetto al passato, perché oggi partiamo da livelli molto alti».
«La lezione, per il risparmiatore medio, è di guardare ancora una volta al proprio orizzonte temporale: se da qui ai prossimi 5 anni avrò bisogno del mio capitale, meglio puntare su prodotti più stabili, come gli obbligazionari, e mettere in conto un rendimento atteso più basso».
Ragionare con il cervello
«Per investire bene bisogna allenare il cervello ad agire in maniera contro intuitiva, e cioè a non dare ascolto a ciò che ci suggerirebbe la pancia», conclude Spada. «Ogni volta che i prezzi scendono abbiamo l’impulso di scappare, in realtà sarebbe quello il momento di comprare. Per inverso, il nostro istinto ci spinge a voler massimizzare a tutti i costi nel breve periodo, e ciò ci porta a prenderci molti, a volte troppi rischi quando i mercati vanno bene, un po’ trascinati dall’ottimismo, un po’ dalla Fear of missing out, la Fomo, quel fenomeno sociale che ci fa sentire tagliati fuori quando non partecipiamo a qualcosa che ci sembra coinvolgere una massa di altre persone».
«Così, se un titolo va benissimo e in tanti lo acquistano, corriamo a comprarlo per paura di perdere l’affare. La regola d’oro è un’altra: quasi tutte le decisioni più giuste quando si investe vengono dalla testa, quando l’hai allenata a pensare, e a non farsi guidare dall’emotività».